CELLA                                        via della Cella

 

 

TARGHE: via – della Cella

                  San Pier d’Arena – via - della - Cella   

                  San Pier d’Arena – 2751 - via della Cella

                                                

   

angolo est con v. G.Buranello

    

angolo ovest con via G..Buranello

                                                              

        

presso il civ. 2r

  

 angolo via NDaste

 

Angolo via N.Daste

 

 

QUARTIERE ANTICO: Comune

 da MVinzoni, 1757. In rosso la chiesa della Cella; celeste, via NDaste; fucsia salita Belvedere.

 

N°  IMMATRICOLAZIONE:   2751,  CATEGORIA 2

 da Pagano 1967-8

CODICE INFORMATICO      n:    14980

UNITÀ URBANISTICA:  26 - SAMPIERDARENA

 Da Google Earth 2007. al centro, trasversale, via G.Buranello.

C.A.P:   16149

PARROCCHIA:   N.S. s Maria della Cella.

 

STORIA:   senz’altro, questa viuzza si realizzò in uno dei primi nuclei costruiti in agglomerato ed abitati del borgo, al suo nascere; contende quindi questo primato alla zona della Coscia.  È collocata nel centro della città; ed è forse per questo che è popolarmente ricordata come la “crosa del cuore”  (anche se è riferimento valido per tutte le strade, nell’ottica di chi le ha vissute da piccolo).

Ci si può chiedere se nacque prima un insediamento organizzato a san Martino (ove fu costruita l’abbazia, che per seicento anni fu il perno religioso del borgo), o alla Coscia (da dove potevano essere più facili i rapporti con la città  di Genova), o alla Cella (ove erano di attracco le poche barche che volevano usufruire di un riparo e dove ‘arrivava’ sulla spiaggia la strada Aurelia che scoreva sull’alto del colle); forse i tre ‘sottoborghi’ crebbero assieme fino a fondersi gradatamente degli anni attorno al mille.

Quando nacque per prima la  cappella di san Pietro  (su tutta la spiaggia ci saranno state, sparse, poche decine di  anime), e subito dopo - per volere di Liutprando (siamo nell’anno 726dC) - furono chiamati degli abati a creare una struttura ecclesiale attorno adeguata alla sua conservazione e  miglioramento,   appare ovvio si sia dato il via al  costruire attorno nuove abitazioni, per convivere  in una comunità più protetta e associata. Il territorio era aperto e probabilmente abbastanza libero da vincoli di proprietà, e  presumibilmente con disinvoltura si poteva attraversare tutta la vallata senza l’obbligo di particolari tracciati stradali.  Piace immaginare che poi nel tempo, la via andò gradatamente a prolungarsi verso l’interno, non è spiegabile perché inclinata verso ponente se non perché più in linea con l’abbazia di san Martino, fino all’incrocio con lo spontaneo neonascente asse longitudinale  posto più all’interno (per la logica è perché in linea tra la Coscia ed un guado sul Polcevera; oppure perché è più  protetto dai marosi o perché non sulla sabbia) e di collegamento con gli insediamenti vicini.

Con l’avvento delle ville patrizie e rispettive recinzioni di proprietà, messe in atto negli anni dal 1200-1300, si sancirono di pubblica utilità questi tracciati fondamentali, che divennero vere e proprie strade di comunicazione, obbligate. La storia è abbastanza avara di notizie, se siamo costretti a saltare sei secoli.

 Così, ancora il 23 settembre 1801 la Municipalità constatando che la crosa - in caso di pioggia - si impantana con le acque che scendono dalla salita di Belvedere, ordina ai cittadini proprietari di liberare le vie di deflusso (scrive Tuvo: ”per aver voi (proprietari) chiuso quei recipienti che davano esito alle acque che scendevano dalla salita” (la parola ‘recipienti’ non è di facile spiegazione; ci indirizza subito a delle fognature, ma a quei depositi di acqua piovana raccolta dai tetti posti nelle fondamenta dei palazzi, che sopperivano alle necessità quotidiane di acqua; ma certo questi torrentelli post diluvio, tutto potevano trasportare escluso acqua potabile).

   Il 29 maggio 1817 il nuovo sindaco nominato dopo la restaurazione, Antonio Mongiardino, firmò il primo elenco di strade classificate del territorio locale; fra tutte, ovviamente c’è anche questa crosa. L’anno dopo firma un’ordinanza per la quale  proibisce il passaggio delle bestie da soma (sia cariche che vuote): pena 10 soldi per i muli, 5 per i somari; esclusi quelli per regio servizio.

   1821 L’Amministrazione comunale stanzia 792,07 lire per far ripulire ‘lo scolatoio della crosa’. Evidente fognatura a cielo aperto ricuperante acqua , da Belvedere, solo nei giorni di pioggia. Nelle case non esistevano i servizi igienici; gli escrementi venivano gettati in questi scoli.

   Tagliata poi a metà nel 1840 dalla ferrovia e da via G.Buranello,  si formarono - in forma non ufficialmente riconosciuta - un tratto ‘inferiore’, a mare  (praticamente inibito al traffico veicolare e solo da esso incrociato nel tratto via B.Ghiglione-vico Centro); ed uno ‘superiore’ (che è senso unico viario da mare a monte). 

 

da una mappa ferroviaria del 1845 circa. Si vede la torre del Comune in basso senza il palazzo del Municipio (e alla sua destra, il teatro Ristori); il Palazzo del Monastero a sinistra con le vie di collegamento (v.Ghiglione e Carzino); e via della Cella inferiore, con ingresso da essa alla chiesa.

 

Così, nel regio decreto del 1857, quando da Torino fu concesso dare dei nomi ai tracciati della quanto assai prossima “città”, viene accettato e sancito il nome di “crosa della Cella”.

    L’origine di questo nome è incerto:  riportiamo le varie ipotesi.

---non esistendo delle strade né nomi precisi,  gli agglomerati più densi erano conosciuti e definiti in rapporto a delle caratteristiche facilmente individuabili nella zona; così una  piccola insenatura naturale (“cellum” in latino: lingua ufficiale ed unica, a quei tempi), che esisteva in corrispondenza della marina - limitata da uno sperone roccioso (sul quale poi fu costrita la torre ‘saracena’) - che favoriva l’attracco delle barche col loro carico e scarico di mercanzie è probabile abbia dato il nome al posto. Questa piccola cala dettò proprio la scelta di Liutprando: preferì sbarcare in questa spiaggia le spoglie del santo Agostino, in luogo già in linea con i sentieri d’internamento verso nord,  qualificando la zona in modo più preciso. In effetti per lunghi secoli e per ragioni non tanto di pescaggio, in quanto il fondo calava rapidamente allontanandosi di poco da riva - le navi preferivano im/sbarcare le merci senza attrezzature portuali.

Direi che è l’ipotesi più probabile, trattandosi del nome di una chiesa: “Santa Maria”; e laddove “della Cella” significa il posto dove sorse, come Santa Maria in Latinorio per esempio

---Ma “cella” poteva essere il nome della piccola chiesuola, originaria, quella poi restaurata da Liutprando per ospitare le ceneri; e poi elemento originario del nucleo abitato. Anche questa ipotesi  appare  logica,  con lo stesso metro della definizione di un luogo, stabilita per immagine o abitudine dagli abitanti, pescatori o contadini generalmente analfabeti (come  anche le altre zone della “coscia”, del “canto” e del  “mercato”, ecc..). Infatti le spoglie di sant’Agostino saranno poi riposte in una ‘cella d’oro’, intesa come locale intimo e personale, anche se inserito in un grosso complesso architettonico.

---Cella è pure la cameretta dei frati, del primo convento locale; ma è meno probabile sia stato l’elemento promotore del nome della località.

---Cella era nell’antica casa latina lo stanzino o ripostiglio (dal verbo ‘celare’); quindi non luogo di vita diurna (posta nell’interno, o sulle alture, o comunque non sulla costa a rischio di incursioni notturne). Quindi il magazzino ove si disponeva il pesce raccolto per qualità, si riparavano le reti e le barche, si conservavano gli attrezzi e le barche; considerato che le abitazioni erano in alto, dove passava la strada.

---Celle, è il nome di un borgo del ponente, prima di Savona. Anche là, gli insediamenti romani e preromani, sono nell’interno; essendo il centro sul mare di più recente edificazione.

   Nell’anno 1900 fu proposto alla civica amministrazione il nome più preciso relativo alla chiesa, di ‘via S.M. della Cella’, alla via allora compresa tra via C.Colombo (via Sampierdarena) e via sant’Antonio (via N.Daste); ma evidentemente non fu accettato.

   Nel 1910  aveva civv. sino al 24 ed 11. Andava da via C.Colombo a via s.Antonio tagliando v.V.Emanuele; aveva un vicolo trasversale davanti alla chiesa che era senza nome (e tale è ancora nel 2006).

   Il 19 agosto 1935 le furono regalati sia gli ultimi quindici metri di strada, in corrispondenza dello sbocco in via A.Cantore, “rubati” a  corso dei Colli-corso Dante Alighieri-corso L.Martinetti il quale appunto, prima dell’apertura di via A.Cantore, si apriva in via N.Daste in corrispondenza del rione, chiamato “mercato”; sia il tratto che aveva nome Nicolò Bruno, la cui titolazione fu spostata al Canto (vedi), e qui rimase senza dedica.

STRUTTURA: Strada comunale racchiusa tra via San Pier d’Arena e via A. Cantore.

Sotto la strada dovrebbe esserci una conduttura, originariamente l’alveo di scarico d’acqua torrenziale proveniente dal Belvedere (e per ciò detto ‘rio Belvedere’): è del 1801  un pubblico manifesto che invitava i proprietari della crosa della Cella,  nei giorni di pioggia, a tenere aperte le condotte per evitare che si formasse un vero fossato.

Nella parte inferiore, ha una sola strada laterale anonima che le appartiene, ed è la prima, che sbuca di fronte alla chiesa; le altre tre più a nord, sono personalizzate da una targa propria: via Centro, Ciurlo, Uziel. Nella parte superiore le laterali, tutte a levante, sono tre (oggi anonime, anticamente no): la prima, subito dopo il voltino e costeggiante la ferrovia, ha un corridoio nel retro del palazzo e si allaccia alla seconda formando così un anello attorno al civico. La terza è chiusa in fondo ed ha il civico 13.   

È servita dall’acquedotto DeFerrari Galliera.

 

CIVICI  

2007= NERI   = da    1    a 15

2             20

           ROSSI  = da 1r a 123r (manca 117; compresi 41AB, 75°, 77AB, 79AB, 81A)

2r     88r (compresi 28AB, 66B)

NB nell’elenco tratto dalle vare edizioni del Pagano, la cifra scritta tra parentesi significa che tale persona era presente anche in quella data successiva

 

Dal Pagano/1902 si leggono queste attività: al civ. 2 l’orefice  Ricchini Giulio (‘12);--- ed il ramaio Piccardo Aronne (25);--- 4 negozio di calzature Carosso Geronima (12);--- al 7 il confettiere Bruzzone Dante (08);--- e l’osteria di Storace Francesco (12);--- al 7A un negozio tessuti di Noli e f.gli (25) una fattura datata febbraio 1886 è intestata a “Maria Noli e Figli – fabbrica di ricami d’ogni genere per esportazione; cravatte folards e veli – deposito manifatture e mercerie; passamanerie nastri e pizzi - deposito lane filate estere e nazionali”;---8 il tappezziere, ebanista e mobiliere Parodi Luigia (12); --- fabbrica di mobili di Parodi Luigia ved. Vaggi GB (12);---  la fabbrica di turaccioli di Beccuti Angelo (12) ---il lattaio (lavorazione latta) Tabacchi Giuseppe (12)--- 8-5 la levatrice Cuneo Maria (12);--- al 9 una osteria di Pittaluga Bartolomeo (12) telef. 820,  ed un’altra di Pozzo Domenico (12);---  al 10 il negozio di pollame di Ivaldi Antonio (12) (piemontese di origine, era il padre della moglie di Roberto Bixio pittore sampierdarenese; poi  trasferì il negozio all’inizio di via A Cantore fino alla chiusura dell’attività);--– al 12 l’osteria di  Pittaluga Giacomo (12);---e Cambiaso Pietro verniciatore;--- 14 il ramaio Remorino Pasquale (12);---civico non segnato un negozio di tessuti di Montaldo Giuseppe’ fu Paolo;---

   Nel 1908 il Pagano segnala esserci stato in più al 2 il tintore Alfieri Giuseppe (25) (che nel 1902 era in via sCristoforo).

  Nel 1910 la crosa era delimitata dalle stesse vie di oggi ma che allora si chiamavano via C.Colombo e via sant’Antonio; aveva civici sino al 24 ed 11.

   Nel Pagano 1911 e 12 (e 1925, 1933) si aggiungono ai precedenti al civ.1r commestibili di Canepa Giuseppe;---  al 6 il droghiere Bruzzone Dante (25)(è anche confettiere al civ.7);--- al civ. 9-11 il prof Attilio rag. Raffellini insegna la lingua inglese (25);--- 18 la banca Commerciale (nel ‘25 andrà in via V.Emanuele); al 22r commestibili di Vernazza Francesco;--- al 24 il forno per pane di Barabino Agostino (25);---  al 30-32 forno di Casale Federico,--- al 33r  forno di Vernazza Giuseppe 33) (nel ‘25 è anche in via CColombo civ. 77);--- 53r Proietti Martina (25) ha fabbrica di saponi;--- al 55r forno di Roncallo Luigia (33);---

e non specificato dove il negozio di articoli per calzolai di Aghina Celestino (33);--- Bottino Maria (33) un negozio di grossista di carbone e legna;--- Montaldo Giuseppe fu Paolo vende tessuti;--- Tortarolo e C. (25) negozio  di ferramenta;---  parrucchiere Didone Pietro (25) (nella via superiore);--- Opessi Antonio (25) (ditta di Torino con officina per riparazioni in Sampierdarena) di pesi e misure.

   Nel 1927, nell’elenco ufficiale del Comune genovese approvato dal podestà, appare come ‘via Cella’ senza il ‘della’, di 3a categoria; omonima di una eguale, a Bavari.

   Senza data ma decisamente in epoca fascista, al civ. 16/5 c’era l’ufficio del sig. Lo Faro Salvatore, delegato dal presidente della federaz.Provinc. (sen.ing.gr.uff. Broccardi Eugenio Salvatore) de «Ufficio propaganda igienica – organizzzazione a favore delle opere assistenziali / dell’Ente Naz. fascista della Mutualità Scolastica / delegazione per la Liguria e Lombardia» di vendere a L.12 un “diffusore di uno speciale autoemanatore con calendario” raccomandato dalla Presidenza Centrale.

   Nel Pagano/33 si segnalano in più oltre i precedenti: 13 il Pastificio di Monticelli B. & B. (25); 33r macelleria (carne congelata) di Bruzzone I.; al 64r il marmista Lagorara Luigi (nel ‘25 è intagliatore in legno in via della Cella Superiore); al 67r i Raffetto A.e C.(25) gestivano uno stabilimento con «litografie per illustrazioni casse e latte per conserve alimentari»; non specificato dove il mobilificio Ambrosini Annibale (la cui fabbrica nel ‘25 era in via A.Cairoli); il pizzicagnolo Lanza Angelo (nel ‘25 nella via c’è Lanza Giovanni mentre Angelo appare in via A.Doria); il tappezziere Comotto GB¨ (specificato, nella via superiore).

   Sul Pagano/40, la strada va da via del Mercato a via NBarabino; nei civv. neri da mare a monte comprende al 8 ist.scol Minerva; 9 agenzia Pegni; 10 e 12 Croce d’Oro ‘con sezione radiologica, policl.’ e Commissariato di P.S.; al 17 pastificio Monticelli; al 20 dop.Escursionistico “C.Battisti”.  Nei civv. rossi fabbro, 2 tripperia, 2 salumi, 2 parrucchiere, ricami, 3 osteria, biciclette, pompe funebri, otton., copisteria,  2 merceria, 2 fruttivendolo, armi, 3 latteria,  articol casalinghi, pollivendolo, 3 macelleria,  2 stiratoria, 2 drogheria,  pescivendolo, panificio, 3 commestibili, farmacia Bisio al 38r, Bagnara cappelli al 41r,/// officina, autoscuola Aquila al 41Br, fornitura per sarti, profumeria, tintoria, tappezziere, ottoniere, ardesie, carbone, litografia Raffetto s.a. al 68r, parrucc.per signora, calzat., polleria= praticamente un grande magazzino.

   Dal Pagano 1950 si trascrive l’osteria di Parodi M. al 10r, senza alcun altro bar né trattoria.

 

 

 

Nel tratto inferiore

 

       

 

è lungo 113, 5 metri e largo 2,95; senza marciapiedi; solo pedonale;  la via è stretta e lineare  (anche se – e già così appare nelle carte del 1700 - lievemente obliqua rispetto la linea del mare. Dovendo essere il sottopasso ferroviario perpendicolare alla linea ferroviaria, la linearità della strada ha subito una deformazione ad ansa che snatura l’antico percorso).

 

All’inizio è affiancata da piccole casupole di pochi piani in altezza (due, o tre) dando l’impressione del “molto antico o primitivo ed architettonicamente

Semplice dei pescatori”   (nello slargo all’inizio strada, sino ancora al 1920, erano


 

foto1975 del Gazzettino Sampierdarenese

 

ospitate le barche perché al di là di via C.Colombo  iniziava la spiaggia con il Giunsella ed i  bagni Italia); si sa  che nei fondi di queste case esistono a sostegno di esse,  vecchi pilastri e colonne, fondamenta di precedenti costruzioni più antiche delle attuali;

 

T.Tuvo cita una lettera datata 1586 in cui un certoGian Giacomo Salifero: scrisse “ ai serenissimi et eccellentissimi Signori di  Genova, a proposito di una mia


casa in San Pier d’Arena, in fine della crosa della Loggia, a canto della quale resta un loco circondato da muraglie, il quale desidero ora incorporare con detta mia casa, non tanto per l’accesso ragionevole e gustoso per me, ma al pubblico perché si ritira il canto all’altro per pochi palmi ...assicurando che oltre la bellezza e che ciaschedun abitante ne riceverà, si torrà quel canto del quale ne puol procedere disgusto ...” - la risposta del 30 gen.1587 ingiunge di “non alzare, né coprire le muraglie della piazzetta che resta in fondo alla crosa della Cella ”.


   Nello slargo iniziale, affissa al muro c’è una prima targa marmorea (un’altra si ritrova uguale vicino al civ. 29r) che avverte che “è vietato il transito dei carri   decreto sindacale 25. 3.19 “.  

Come già detto il 9 ott.1818, quando il borgo contava 5300 abitanti, era apparso alle estremità della via un manifesto che proibiva il passaggio delle bestie da soma sia cariche che senza basto, e fissava 5 soldi per ogni somaro scarico e 10 per ogni carico (venivano esclusi i ‘ Regi Serviggi’).

   All’inizio strada sono stati posti delle ringhiere trasversali tubulari  al fine di impedire da quella parte l’accesso ai veicoli, anche motocicli.

   Rispetto al tratto superiore, conserva una personalità e l’aspetto della tradizionalità rionale.

 

CIVICI del tratto inferiore, a mare

  La numerazione civica si sviluppa da mare a monte e, per i  numeri neri, raggiunge oggi i civv.neri  20 e 17.

 

Nei primi anni del 1900 erano proprietari : del civ.1 (la numerazione  non corrisponde a quella odierna)  Canepa Giuseppe ; del 2 Piccardo Aronne ; del 3 Canevaro Gb ; 4 e 7 Romairone Natale (quello della galleria); 5 Samengo Vittorio (quello del vico omonimo); 6 Fossati Luigi e Tubino Arturo ;   7a la vedova Parodi

===civ. 3r c’era sino al 2002 una antica e l’ultima tripperia  “da Mario” (la trippa è un piatto tipico povero, diffuso in tutte le regioni (alla napoletana, marchigiana, piacentina, romana, pisana, savoiarda, bresciana; in frittelle, in insalata, all’aceto, con la verza o le rape, semplice o ‘accomodä’. Ma qui da noi, c’era una attenzione e un uso con un culto superiore che altrove; e dato che nulla nasce per caso, forse il significato non è solo nella povertà della gente – assai spesso immigrati, analfabeti, destinati a lavori pesanti con poco ed insicuro salario - quanto anche nella scarsa cultura dell’allevamento di carne alimentare: veniva chiamata la ‘vitella dei poveri’; dal forte odore e sapore caratteristico, era il cibo quotidiano di chi della bestia non poteva mangiare la carne ma solo ‘le bele’ bollite; il brodo era usato per la minestra, detta ‘la sbira’ (dal suo uso nelle carceri, viene la parola sbirro per il  poliziotto che la somministrava giornalmente). Del digerente, dagli stomaci all’intestino (tipica erano la chiappa, la riccia, la centopelli, la castagnetta) una coppetta di trippa da fare poi accomodata in umido con pane, patate e pinoli, e un cucchiaio di salsa, era il piatto quotidiano.

==civ.7r  a testimonianza di quanto scritto sopra, nel piccolo vano si notano varie colonnine a supporto del soffitto ad archi a vela; indicativi di ben antiche precedenti distribuzioni dello spazio costruito.

 

===civ. 9r = ospitava nei primi anni del 2000 (ed ancora in ago 02) il  «Centro sociale di volontariato “i Minolli”», centro di giovani volontari (da 15 a 25 anni), con responsabile la sig.ra Rita Carlo, che vogliono portare un pò di conforto a chi ne abbisogna (ammalati in ospedale, viaggi, minori. Il Secolo XIX/2001 li cita quale unico centro sociale (senza guadagno)  – oltre le ambulanze - attivo in agosto in piazza Settembrini opportunamente illuminata da un riflettore (imprestato dalla Darsena) e munita di una  cucina e di 70 sedie per poter mangiare, pesca di beneficenza, musica e tombola; il tutto per far festeggiare l’estate da parte di chi era rimasto in città. Nel 2002 tale cerimonia fu iniziata in ritardo per maltempo e disguidi, ma con eguale buon esito tanto da proporre di prolungare alcuni giorni, ma da Tursi venne inspiegabilmente imposto l’alt con malcelata rabbia del gruppo.

Nel 2004, il locale di 16mq occupato dal centro, è vuoto ed in affitto.

===civ.15r nel 1950 c’erano Ferraris & Traverso, per il Pagano/50 unica impresa di pompe funebri cittadina in quell’anno. Nel 2004 “affittasi, con cortiletto interno”.

===civ. 30r, l’ex antico negozio di ferramenta ‘Mondo’. A lui è succeduto Lucà Antonino (figlio del Lucà che fabbricava reti da letto in via Pacinotti) il quale nel 2002 si spostato in via Giovanetti essendo più frequentata; ovvio che il suo trasferimento ha aumentato il senso di vuoto ed abbandono di questa antica via.

===civ. 40r,  La casa, detta ‘palazzo Raffetto’ nel cui corpo si aprì la farmacia, risulta  al margine di levante dei giardini di villa Centurione (o del Monastero), e fu eretta dove erano delle stalle. Poco prima dello sbocco in via Buranello, c’è l’entrata dell’antica - la prima nata in San Pier d’Arena -  farmacia  Raffetto, in via della Cella angolo via Mazzini=via Ghiglione:  il dott. Angelo Raffetto fu il primo farmacista che nel dic.1873 (quindi già attivo in quell’anno; ma risulta che un servizio notturno e concessione di farmaci gratuiti per i poveri riconosciuti dal Comune, sia dell’anno prima. A ruota nacquero poi la Levrero in v.C.Colombo 47 (via Sampierdarena),  la Milanesio in via sant’Antonio 18 (via Daste angolo  Giovannetti)  e la Sommariva in via Buoi (via S.Canzio) stipulò un contratto –con entrata in vigore nel 1874 all’apertura del nosocomio cittadino- con l’amministrazione dell’ospedale Masnata, al fine di fornire tutti i medicinali -comprese le poche specialità allora esistenti - per il valore di una cifra forfettizzata di 40 cent. al giorno per ogni ricoverato. Quando nel 1881 la gara d’appalto fu vinta dal dott. Milanesio (in via Giovannetti),  il Raffetto per nulla offeso offrì gratis i farmaci necessari di notte. Rimase Consigliere della farmacia  dell’ Ospedale fin oltre il 1938.

             

                                                                   uno dei tre  ingressio della

                                                                   farmacia sulla strada

A lui, ma più probabile all’omonimo industriale della latta, fu dedicata una strada cittadina, tutt’ora esistente.

Gli successe il dott. Raffetto Carlo. Non sappiamo bene quando, venne acquistata da Aristide Bisio, acceso repubblicano; caratteristico personaggio anche fuori della professione. L’attuale proprietario, dott. Fioretti nel 1995 preferì trasferire l’esercizio nella più frequentata  via G.Buranello, abbandonando così all’incuria anche i marmi che la arredavano, e con essi una caratteristica fetta di storia professionale.

===civ. 6: nel 1967 fu spostato a nuova apertura conseguente a modificazione edilizia

===di fianco al 29r, c’è il secondo marmo con inciso “ É vietato il transito - dei veicoli e quadrupedi in direzione di Genova”.

         

angolo con vico el Centro                                       anni 1980 – prima del restauro

 

===33r era l’ingresso di un negozio, i cui lati e la sommità hanno una semplice ma vistosa decorazione marmorea il stile tardo liberty

===il 41r ed il 48r sono gli ultimi negozi del tratto inferiore

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Nel tratto superiore, lungo 150 metri e largo 5, con due marciapiedi larghi 1,4 metri; al limite interno del voltino, a destra c’era uno dei pochi vespasiani sopravvissuti in città: chiuso perché anche se abbastanza frequentato, era poco curato ed in condizioni non è certo di idoneità per una città che cerca  spazi nel turismo: meglio farsela addosso o dover pagare dei caffé.

 

 Negli anni di poco precedenti il 1900 (i civici di allora possono non corrispondere agli attuali) erano proprietari:  dell’ 8 gli eredi Nazzi ; 8a Canepa, Noli e C ; 8b  Barabino Andrea (aveva acquistato nell’apr.1872 per 2000 lire un gruppo di appartamenti, magazzini e negozi posti nell’angolo sinistro del caseggiato vicino al vicolo; un negozio di questi ospitò per ben 117 anni una latteria, della Lisin, gestita dalla sorella per 84 anni e poi dalla nipote Angiolina e dalla pronipote Bianca, quando il latte portato dalle alture o dall’entroterra, si vendeva non pastorizzato in tetrapack ma ancora grasso-saporoso, misurandolo con quartini e mezzolitri di alluminio dal lungo manico) ; 9 Pittaluga Bartolomeo ; 9a Pittaluga Gandolfi e C ; 10a eredi Monticelli (vedi in via N.Daste) ; 10,10b,11,12,13,14  eredi Samengo (vedi).

 

===civ. 8:  Una carta del 1853, mostra questo sito su cui il sig. Morasso Angelo chiese poter costruire una casa, alta solo 7,15m e distante 5 m dal muraglione delle ferrovia che è alto 6,10 m (quando essa era a doppio binario; oggi è raddoppiato e la distanza dalla casa quasi azzerata).

  Nel 1904, vi  fu costituita la soc. di Mutuo Soccorso Muzio Scevola, che svolgeva assistenza generale, ed aveva come presidente onorario il sen. Nino Ronco.

   Nei suoi giardini, venne successivamente eretto il palazzotto della Croce d’Oro ( la cui vicinanza ha portato all’errore alcuni storici che danno la SMS residente al civico 10 dove invece è la Croce). La sezione sportiva, organizzò delle gare ciclistiche nel 1919 per “corridori indipendenti e che non  avessero mai vinto primi premi”.


   Ospitò, dal 27 giugno 1920, anno della sua costituzione, l’Associazione Pro Cultura Popolare avente “per iscopo l’elevamento morale ed intellettuale di tutto il popolo, senza distinzioni politiche o sociali”. Il motto, come era costume allora, di tipo classicheggiante, era “Alere flammam”. Ammesse le donne.


Presidente era il prof. Angelo Vernazza; viceP. il prof Mario Biagi; segret. Oliverio Olivari; contab. rag. Genesio Perazzo; econ. Carlo Moreno; tesor. Luigi Bonino; consiglieri il maestro Antonio Rossi, GB Ferrando, Natale Barabino, Trieste Belleno, Lorenzo Bianchetti


Un primo impegno fu stampare il discorso inaugurale del Vernazza, seguito –firmato dallo stesso- un libretto con la celebrazione del 1° Centenerio della nascita di N.Daste; ed un opuscolo (1921) in occasione della “Prima mostra d’arte e di  tecnica”


   Favorì (dal 1921)  mostra d’arte di autori operai; numerose serate danzanti; una grande fiera di beneficenza, con balli e teatro a favore dell’ospedale civile; ed esibizioni filodrammatiche nel teatrino sociale (in esso l’Accademia filodrammatica Muzio Scevola programmava commedie anche in dialetto, come ‘o testamento dö sciö Lumetti’ , ’O löu perde o vizio’, ‘Vi amo e sarete mia’ , ‘A paggia vixin a-ö feugu’ , ’O miracolo’; dalle quali prese l’avvio professionale l’attrice concittadina Bianca Zanardi, divenuta ‘ la Duse di San Pier d’Arena’) .

    Sopravvisse sino al nov.1933 quando si fuse con la A.M.S. Fratellanza ed Amicizia di salita Millelire. Infatti nel Pagano/33 è ancora citata.

 


   Nel 1933 divenne la sede dell’ Istituto scolastico parificato Minerva, autorizzato dal ministero della P.I., nato con lo scopo di preparare  gli studenti con corsi di riparazione o agli esami  per qualifiche professionali quali disegnatori, meccanici, elettrotecnici, corrispondenti commerciali ed interpreti, stenografi, dattilografi comptometria e contabilità. Infatti offriva – con corsi diurni e serali - seguendo un programma governativo ed esami interni - la possibilità di ottenere, in un anno, licenza di avviamento commerciale, avviamento industriale, scuola media e scuola tecnica commerciale   +    idoneità alla


II,III,IV,V classe superiore ragion.-geom.-macch.-capit. + corsi celeri per abilitazioni per ragioniere, macchinsta navale e capitano di lungo corso. + qualifiche professionali di specializzazione per disegnatori meccanici-esperti elettrotecnici e corrispondenti commerciali ed interpreti nelle lingie estere. L’istituto chiuse l’attività negli anni ’90.

Come direttore aveva il prof. V.Gabbarini,  grande  collezionista   di opere d’arte  (soprattutto quale esperto internazionale di ceramiche e quadri)  da  avere in  casa (in corso L.Martinetti, 4/15)  un museo personale. E – si racconta – come insegnante il figlio della famosa saponificatrice, che abitava in via Carzino

I locali furono affittati ad altri, solo a piano terra: il vetraio per lunghi anni ospite si è poi trasferito in via Gioberti. Ora, 2004,  vi è un riparatore di elettrodomestici gestito da un sudamericano.

L’edificio sarebbe appetibile dalla vicina Croce d’Oro, che però trova insormontabili ostacoli nei meccanismi di una eredità confusa.


 


 

 Nelle vicinanze, il sig. Marchisotti (grande e polivalente atleta cittadino; Maestro dello sport; genitore del dirigente del DonBosco calcio a cui è intitolato il più prestigioso ed antico torneo di calcio locale con la DonBosco calcio; scomparso da oltre dieci anni) ricordò che in una “stalla” locale, si riunivano i primi atleti della Società di Ginnastica Sampierdarenese.

===civ. 54r: dove era il vetraio; viene descritto dalle Belle Arti che ci fosse una decorazione ad arco attorno allo stipite, di stile liberty; che ora non c’è più (era ricerca individuale negli anni a cavallo tra il 1800 e 1900, tentare di diversificarsi decorando portoni e negozi con fregi; qui, un  allargamento dell’accesso,  successivo all’epoca, troncò la cornice originale che ancora si intravedeva nella porzione terminale prima che altri restauri ne cancellassero ogni traccia). Probabilmente è un errore nellarchivio delle Belle Arti.

 

===civ. 43r La scuola guida  Aquila, di anziana memoria. Nel 1933 a Sampierdarena, è descritta solo l’auto scuola ‘Moderna’, in via G.Carducci (via A.Cantore) 167r

===civ. 47r nel 2004-6 ospita la «Chiesa Evangelica Apostolica nel nome di Gesù»

===civ. 49r-51r negli anni 70 erano occupati dalla ditta ALBA di Pirozzi  Luigi, poi Pirozzi B. che lavorava in lavoazioni di saldatura e riceveva elettrodi, punte int., bacchette, ecc.

===civ. 10:  si aprono i cancelli della soc. Croce d’Oro, servizio di ambulanze di soccorso, attiva dal 1898.

Cinquanta anni prima della nasciata, con l’avvento dell’industria  e delle numerose attività artigianali,  concomitarono  sia una enorme immigrazione di gente povera e senza assistenza, sia un aumento vertiginoso di incidenti e malattie, sia la constatazione dell’eccessiva lontananza dell’ospedale Pammatone (considerati i mezzi a disposizione e che il nosocomio era ubicato al di là del colle di san Benigno che era quindi da scavalcare).

   

lapide in via San Pier d’Arena                              

 

Fu fondata per iniziativa di sette operai (sottoscrivendo un manoscritto, le firme sono di Vittorio Landini (primo presidente), Nicola Crespi proprietario del bar, Giovanni Corsani, Giovanni Savani, Renato Ramaciotti, Vittorio Gallo e Carlo Parodi; l’ottavo, un toscano di nome Marconcini, sull’esperienza delle misericordie toscane, diede l’idea, ma non partecipò; Fravega aggiunge un Giovanni Santi) che per primi -favoriti dalla sempre più forte necessità sociale di mutuo soccorso e dalla contemporanea apertura dell’ospedale Masnata- provarono ad organizzare questo servizio volontario, destinando il resto della loro consumazione a formare il primo capitale dell’Associazione: infatti nell’osteria che solitamente frequentavano, la caffetteria Crespi in via Colombo (via San Pier d’Arena, ove ora c’è una lapide appesa al muro «nel luglio del 1898 / in questo locale / a rudi lavoratri d’animo generoso / sorse l’idea di costituire / la P.A. CROCE D’ORO / nel XXI anniversario sociale / in segno di riconoscenza»), la sera del 30 luglio (si precisa anche alle ore 21,30) decisero di organizzare e realizzare un primo servizio di  volontariato continuo; e versarono quale quota sociale 15 centesimi.

   Il compenso era, ed è, nella coscienza di aver compiuto un serio, faticoso e simil professionale dovere sociale.  La Società, è divenuta nel tempo organizzatissima, efficientemente indispensabile nel contesto cittadino; sempre presente nelle più svariate necessità, sia nei quotidiani interventi di routine locali, sia quelli straordinari – abnormi o pericolos - che sono stati attestati dalle innumerevoli citazioni e documenti di ringraziamento e riconoscenza quando le vie di comunicazione erano difficili e lente, e le località raggiungibili solo a piedi.

Nel disastro ferroviario a Mignanego dell’apr. 1905 (durante un trasporto di truppe del 54° Reggimento fanteria: si ebbero quattro morti ed i 25 soldati feriti furono da loro portati per cure a San Pier d’Arena, e per l’abnegazione dimostrata, il Ministro della Guerra premiò la bandiera di una medaglia d’oro); al terremoto in Sicilia nel 1908;  per il colera in Puglia nel 1910; il crollo della diga di Molare nel 1935; una tromba d’aria al Fossato portò inondazione e devastazione; esplosioni (della polveriera sia a  Borgoratti  che nel forte Guano sopra Cornigliano e nei Docks Liguri); gli eventi bellici mondiali (specie nell’ultima con i bombardamenti, i crolli ed il rischio e pericolo diretto della propria vita); la grande alluvione del 1970; il naufragio della London Valour, via Digione).

Una vera e propria ‘mania’ di altruismo e protagonismo

   La prima sede fu in affitto verso la fine di via don Bosco (allora non ancora santo)  in località Fornaci, ed il primo firmatario dell’atto di nascita ne fu anche il primo presidente. In quella località, una foto testimonia le esercitazioni ed il materiale in dotazione: carri barella trainati da animali su strade spesso sterrate e barelle a mano.

   

zona Fornaci - a destra, la villa dei Salesiani

 

   Trasferiti poi nella seconda sede, in via generale Marabotto (via D.Storace) poterono comperare il primo carro-barella, visibile nella sede.

   Nel 1901 la CRI concesse l’uso di un sottopasso ferroviario di piazza Ferrer (p.zaV.Veneto), a cui si aggiunsero per concessione Comunale e nel breve tempo a seguire, altri due fornici  (dietro gli scaffali per libri nella libreria ‘La bottega del lettore’,  ci sono ancora le bianche mattonelle poste sui muri, allora necessarie in tutti i locali soggetti a pulizia più rigorosa come nei sanitari; uno serviva da ‘pronto soccorso’ e gli altri da ‘dormitorio’. Presidente era divenuto GB Ferrando).

     

1908 la direzione                     sala del Consiglio           barelle coperte; traino a mano

 

   Una foto del 1910, ricorda i soci attivi nella ‘campagna colerica’ di quell’anno.

   

1911 - vano dormitorio              davanti ai voltini ferroviari                     carri-lettighe

 

     

   Il 12 luglio 1911 il presidente G.Elia Currò  fece un discorso riassuntivo delle benemerenze. Ricordò la Medaglia d’oro avuta dal Ministero della Guerra, da quello dei Lavori Pubblici, dai Municipi di Sampierdarena, Rivarolo e Cornigliano, ed all’Esposizione di Milano del 1906; medaglia di bronzo ai benemeriti del terremoto. Esaltò la raggiunta capacità di poter eseguire  contemporanteamente ben cinquanta trasporti.

   Nell’apr. 1914 per concessione del terreno demaniale da parte del CAP, fu costruita una apposita terza sede, una palazzina in via C.Colombo di soli 150 mq  perché con un piano in meno rispetto l’attuale (vedi in via SanPierd’Arena, civ. 16). 

   Nel marzo 1921 la giunta diretta dal sindaco Gandolfo, approvò la spesa di £. mille per la fornitura di “una motocicletta per celere servizio di trasporto defunti per fatto violento”. Erano ancora tempi in cui ci si doveva rivolgere a Pammatone perché nell’ospedale Masnata la camera mortuaria era da restaurare e non aveva personale fisso di custodia. Nella moto era applicabile una barella per le salme o un’altra per i feriti (spese di benzina, chaffeur e manutenzione a carico della PA).

    Nel gennaio 1922, presidente L Schiappapietra, vennero inaugurati sia il ‘servizio medico notturno’, che ‘servizio medico domiciliare’ in epoca in cui la mutualità non copriva tutta la popolazione e lasciava fuori proprio le fasce più deboli: 23 medici (50 scrive, Anfas: praticamente tutti) della città, a servizio della Croce.  (nella foto sotto è visibile lo stabile, ove allora aveva sede la Pubblica assistenza).

 

staff medici servizio notturno con la seconda sede      motocicli,  per servizio medico notturno

 

                

           

Forse sono di questi tempi, le prime ambulanze a motore; ed un labaro che ricorda l’esistenza di un “corpo musicale Croce d’Oro”.

    Nel 1923 con una lapide posta nel salone principale, vennero ricordati i nove iscritti caduti nell’evento bellico precedente:

                                            ANNO 1923

                                LAPIDE INAUGURATA NEL 1923

                                           CADUTI IN GUERRA

1°   APPENDINO LUIGI – CAPORALE                     del    1891

2°   BONFATTI MICHELE – CARABINIERE                    1892

3°   ELIA CURRO’ ENRICO  - CAPITANO                        1893

4°   FACCO GIUSEPPE       - TENENTE                             1896

5°   FERRERO NATALE     -  SOLDATO                            1887

6°   STORACE GAETANO     -  SERGENTE                      1885

7°   PAOLUCCI CINZIO    -   CAPORALE                         1893

8°   LANFRANCHI RAIMONDO  - CAPORALE MAGG.  1897

9°   ROSSI EMILIO    -  SOLDATO                                     1898

                                        PER LIBERALE CONCESSIONE

                                                    DEL

                        CONSORZIO AUTONOMO DEL PORTO DI GENOVA     

                                                   AUSPICE

                                              NINO   RONCO        

 

 (tra essi DG Storace). Sul marmo furono aggiunti i nomi dei militi che persero la vita nella seconda guerra.

 esercitazione anni ‘20

    Una delle prime autolettighe acquistata negli anni venti, fu ricavata rielaborando una Fiat 512 usata dal principe Umberto di Savoia per sposarsi con Maria Josè del Belgio; l’auto storica, rimase funzionante anche nel dopoguerra.

  

  Anche questa sede-casetta però ben presto si rivelò insufficiente; così nel 1926 col beneplacito del Consorzio essa fu venduta ad un privato.

  Con la somma ricavata dalla vendita del fabbricato, la società poté acquistare il terreno ed erigere l’attuale quarta  sede in via della Cella,

 

 

 ingresso 1926                                                        32° anniversario

 

rimanendo in debito di 230mila lire di allora (325mila lire per acquisto, 132,128 per adattamento, 15mila per mobilio, 65mila per lavori d’impianto); l’avvenimento è ricordato da una lapide posta nel salone delle adunanze, che dice : “ Per liberale concessione del CAP - auspice Nino Ronco -  la P.A.Croce d’Oro - presidente Ernesto Skultecki - poteva - qui - erigere le sue sedi -- a testimonianza del beneficio - a - consacrazione dell’avvenimento - gli amministratori - questo ricordo vollero - MCMXXVI - con animo memore a maggiore gloria - in questa sede traslata - 1926 “. 

   In concomitanza, correva voce e fu oggetto di denuncia da parte della CRI e del Prefetto, che il locale Fascio (che alloggiava in via Mameli al civ. 1, e desioso di aprire una cooperativa di consumo) premeva per occupare le arcate ferroviarie di p.zza VVeneto –occupate dalla CdO e ad essa concessa dalla CRI che l’aveva primitivamente ottenuta dal Ministro dei LLPP col consenso dell’Ispettorato gener. delle Ferrovie; e, dal 27 giu.1903 destinate all’esercizio di ‘stazione di Pronto Soccorso’.

   In quegli anni, la bassa costruzione a destra subito dopo il cancello d’ingresso, fu adibita a ‘dormitorio militi’ -con grossa scritta della funzione, subito sopra le porte-finestre del piano terra-, istituendo così questo servizio (necessario sia perché così già presenti all’atto di una chiamata, sia perché potessero riposare essendo tutti volontari con un altro lavoro da dover espletare).

   Nel 1929, in assenza di assistenza mutualistica, fu aperto un Policlinico con visite specialistiche ed un laboratorio compreso radiologia, ed in cui prestarono gratuito servizio famosi medici locali come E. Olivelli pediatra, T. Tosonotti chirurgo, L. Masio medicina generale, P. Rettagliata ostetrico ginecol.

   La società fu eretta in Ente Morale il 18 luglio 1930, acquisendo così anche vita giuridica.

    

   anni 1930

 

   Sei sono i soci ricordati con un riquadro posto nella sala maggiore, caduti nella guerra, nel periodo  1944-45.

   Il labaro della società, è ricco di oltre 75 medaglie d’oro di merito e riconoscimento, ottenute nell’arco di tutti questi anni.

   Nel luglio1958 fu bandito un concorso di biliardo, a squadre, tra società.

   Economicamente drammatico il febb/61 a seguito dell’ingiunzione di spesa di 15milioni di lire causa risarcimento danni per un incidente stradale accaduto nel 1948. L’aiuto provvidenziale di altre società consorelle permise superare  questa difficile fase economica.

   Nell’88°anniversario, 1986, presidente Baldini (onorario don Berto Ferrari; sindaco di Ge. Campart),  manifestazione per 5 gg. -ideata da DiGiuseppe Mino  - suddivisa in 4 sezioni, con premi per : ---poesia dialettale ligure ed in italiano; ---gastronomia ligure (con menù fisso: “succu, trofiette, corzetti, buridda de stocca, coboletti”); ---pittura – scultura – grafica; --- culturali (poesia, musica)

Ogni giorno cabaret, canzoni, concerto bandistico, ballo, ecc..


Prima di entrare nella grande sala del consiglio, alla parete è appeso  dal 1997 un quadro donato dal pittore sampierdarenese Angelo Baghino, volutamente inquietante e drammatico per il sovraccarico di colore nero, per esprimere il dolore e la sofferenza di coloro -ed in particolare dei soci che nell’ultima guerra furono soggetti a deportazione nei campi di concentramento nazisti - alcuni presenti anche nel periodo bellico, pagarono con la deportazione: di essi vengono ricordati Andreani Amedeo, Baiardo Domenico, Dellepiane Irmo, Dondero Stefano,  Fraguglia Pietro, Giusti Bruno, Venanzini Aristide.

 

 


     

il labaro                          l’ingreso nel 2007; l’albero di canfora nell’angolo                                  

Con quattromila soci, solo pochi dipendenti, e l’opera di trecento volontari è considerata all’apice degli interessi della cittadinanza locale e della gente che la alimenta con donazioni e lasciti testamentari; la Croce si autoalimenta economicamente solo con donazioni volontarie o attraverso  le più varie  e frequenti iniziative, a cui la popolazione partecipa con interesse ed entusiasmo; attraverso una oculata e sensibile amministrazione, negli anni è divenuta una delle più qualificate dell’intera grande città: con 13 auto riescono a svolgete oltre settanta interventi giornalieri i più dei quali urgenti; negli ambulatori si svolgono visite specialistiche gratuite (in rapporto alla disponibilità dei medici) di chirurgia, senologia, podologia, pediatria, ortopedia, terapia iniettiva, prelievi ematici e controllo della pressione arteriosa.

   In un garage, dall’aprile 1997 è in dotazione - in attesa di legislazione legata al ‘servizio 118’ - una automedica attrezzata con tutti i necessari per l’intervento urgente di rianimazione.

   Nel 1998 i cento anni di solidarietà vennero ricordati con una mostra fotografica al centro Civico. Presidente era Massimo Bisca.

Negli anni 2010 è completamente rinnovato il parco auto, con donazione di una ambulanza pediatrica da parte della famiglia Romano (prof. Romano Cesarino, valente primario studioso al Gaslini di malattie metaboliche infantili,  abitante a SPdArena, la cui consorte è proprietaria della farmacia Croce d’Oro).

 La saletta del bar  è ospitata alla base della palazzina centrale; ha dei soffitti e sopraporte decorati con pregevoli stucchi

              

Nel salone, un grosso tavolo al centro per riunioni dirigenziali ma offerto anche per riunioni di associazioni; alle pareti numerosi ricordi e lapidi.

Alcune salette ai  lati del salone offrono spazio alla segreteria ed a quelle gloriose dei Donatori volontari del sangue e dell’associazione Carabinieri in pensione (in quest’ultima si conservano foto del carabiniere Tirelli, qui fondatore della S.M.S. e nonno della armacvista della s.Gaetano in via C.Rolando; e di Tosa, del quale abbiamo titolata una strada).

         

soffitto del salone                            la sede in via C.Colombo                            ricordo dei Caduti

 

 

       

altorilievo simbolico                                1° premio al Carosezzo 1949     SocM.Socc Carabinieri

===civ. 66r (il Pagano/61 segnala al 64r la ditta Dapelo&Macciò di cromolitografia), dove ora si accede tramite voltino ad un atrio interno che oggi –a sua volta- da accesso a dei box (costruiti di recente nell’area di una  ex fabbrica) e ad un meccanico riparatore di roulottes (negli


anni 1960/80 si chiamava RARA=riparazione autoveicoli, roulottes ed affini):

                                                                                                


 

===civv. 16-20  Mi si dice che quando l’edificio fu iniziato, l’impresa fallì e nacquero così dei contenziosi della proprietà finché non divenne tutto di una Marchesa NegrottoCambiaso che viveva all’estero.

Il portone è sormontato da due bassorilievi con cartigli stemmati a richiamo religioso: uno reca la cifra IHS (con la croce sopra la h; significa Iesus), l’altro la stessa sigla incrociata con MV in basso (il nome di Maria Vergine). Evidentemente han dato sede ad istituti religiosi, posti come sono sul retro dell’antica sede di don Daste.

===il 18r è un errore, perché assegnato ad un negozio di vernici e colori, che dovrebbe avere il numero rosso; però inizialmente poteva essere un ingresso, poi trasformato in negozio.

===Al civ 20 aveva sede  il gruppo Escursionisti C.Battisti.

 

A a più voci relative ad una fabbrica di latta. ci segnalano che era localizzata a ponente, ovvero  al


===civ. da 67r- a 75r sono nel retro del palazzo, con progressione da monte a mare e penso che, anche se ora sono in via della Cella, tale numerazione faccia parte dell’antico nome che aveva: vico N.Bruno -  Sino al 2010, emergevano dall’asfalto scorticato dal tempo(foto↓), gli antichi ciottoli con i quali era pavimentata. In quest’anno è stata riasfaltata ed essi sono nuovamente finiti sotto il bitume.

  Nel primo vicolo laterale, che poi continua e contorna verso mare il palazzo che nella foto sotto è a destra, sulla facciata a mare si apre un vano ‘tipo box’ col civ, 63r; di fronte ha una serie di 79r legati a dei box di recente costruzione; nella foto si nota a sinistra la antica lavanderia (vedi sotto).


Nel secondo vicolo laterale poco più a monte del primo, ove ora un falegname (vedi civ. 105r)↓, esisteva sino al 2010 un vecchio ingresso (caratteristico) con porte di legno che molto probabilmente era quello carrozzabile della villa Centurione che ora si apre in via  Daste al civ. 28; infatti finisce nel giardino del retro della villa. Negli anni 2010 detto portale è stato demolito e sostituito dall’entrata di due box.

 


     

il vicolo chiuso                                  l’antico ingresso al giardino (ora box)


Non facile individuare dove potesse essere negli anni 1920-30 la fabbrica dei succ. Raffetto Angelo, anche loro impegnati nella lavorazione della latta per conserva e metalli.  Il Pagano/25 (vedi sopra) dice che erano al ===civ.67r (dispari, quindi a levante); ed  a levante della strada, dietro alla casetta, nel dic.2004 si sta demolendo un edificio con le caratteristiche dell’industria (alto cinque piani, ampie e multiple vetrate con riquadri rettangolari). Questo edificio, più recente è stato occupato dalla lavanderia industriale Ciglia Maltis di Antola Franco che è andata dimessa negli anni 1990 circa (negli anni 1977 una fattura è intestata a “Lavanderia Maria Cilia srl – lavanderia a vapore e lavaggio a secco – steam laundry & dry cleaning” – capitale soc. £.900mila interamente versato - – via della Cella 79r – e firmata dal direttore dei servizi: Mario Calabria ). Nel 2004-5 è stata abbattuta dalla soc. EcoGe per farne dei box ad un solo piano+tetto con ovvia ampiezza di luce per chi abita nella zona; nella demolizione un tratto è crollato improvviso, creando rumore e qualche danno all’edificio di fronte) che potrebbe vantare la stessa appartenenza, anche se avrebbe i civ.rosso inferiore al 67r (perché tale numero, è il primo del palazzo dopo).

  ................ ... 

la lavanderia –nell’angolo a destra- vista da palazzo Serra

 

===civ. 13 si apre nel terzo vicoletto anonimo laterale; una volta la facciata retro di questo palazzo era collegata con la villa (che viene descritta in via Daste) con un muro (oggi abbattuto e l’apertura porta a dei box sotterranei alla villa stessa) e quindi qui si apriva - negli anni 1930 - il ‘premiato pastificio Monticelli B&B’ (per Pagano/61 era al civ. 17n; ora l’apertura è il civ. è 115r).

Su quel muro su descritto, sulla facciata della strada quindi, prima dell’ultimo restauro c’era un pregevole riquadro in rilievo (foto sotto↓) di forma poligonale, raffigurante la Madonna con Bambino (all’arch. Storico di Pal. Ducale è scritto che era stata restaurata  nel 1957 e che era un quadro “dipinto su tela”) e che ora è scomparso. Era buona speranza pensare vi sarebbe stato ricollocato alla fine dei lavori, ma essa appare vanificata: l’immagine è scomparsa, l’ingegnere restauratore ‘non sapeva che ci fosse’; alla fine, ‘nessuno’ ne sa più alcunché.

===civ. 105rosso – nell’interno del vicolo chiuso, antica falegnameria che nel 1012 viene gestita da due generazioni di artigiani; ora proprietari,  dapprima avevano in affitto il grosso locale, bivolume: nella parte più profonda, verso nord, di circa 30m² il soffitto è in cemento, e sopra ha abitazione della antica villa; nella parte più a mare il soffitto è ancora con vecchissime travi a capriata (foto↓) – probabilmente ex alberi di navi perché di spessore diverso alle due estremità. 

 

 tetto della falegnameria: interno ed esterno (dietro, la torre di villa Serra Monticelli) 

 

   ===civ.6 è chiamato  il caseggiato dei Lo Faro: a cavallo tra 1800-1900, occuparono l’ultimo tratto libero del parco della vicina villa Serra, quando era già sede del pastificio Monticelli e ad essa tolse definitivamente la vista della loggia, caratteristica che per tanti secoli- di essa o di quella a fianco dei Samengo- furono da sole a dare il nome alla zona del borgo: i nobili ed antichi proprietari, affacciati dal colonnato arrivavano a vedere il mare e godevano della quiete degli orti sottostanti; in molte carte anche comunali, dire solo ‘la  Loggia’ , era -come ‘la Cella’- indicativa del posto, anche se in altri documenti, col termine ‘Loggia’ viene intesa la villa seguente dei Samengo (probabilmente rimasta più a lungo a lasciar vedere spazi profondi).

===civ. 8  ha sede la palestra G.A.J. (Gruppi Autonomi Ju-jitsu) già gestita da Nicolino Rosa famoso ed apprezzato maestro dell’arte orientale del jiu-jitsu, seguendo il metodo del maestro Bianchi. Apprezzatissimo è il suo interessamento e coinvolgimento anche di bambini subnormali, che possono trovare nella palestra le attrezzature loro idonee e in questo sport uno sbocco  emotivo, di fiducia  e quindi di inserimento. La palestra fu  ristrutturata nel 1987.

Al termine, di fronte il loggiato, mentre invece restringe la strada il fianco di ponente del palazzo Serra-Monticelli, descritto in via Daste.

 

  

prima del restauro, logge tamponate; poi, saggiamente riaperte.

Nella prima foto, nella costruzione a un piano, sopra le tre finestre si vede chiaramente una Madonna con cornice ottagonale: nell’abbattimento di questo edificio, essa è scomparsa.

 

verso il mare, dalle finestre di villa Serra

 

Come già detto, l’ultimo tratto che poi termina in via A.Cantore,  attualmente è sempre via della Cella, anche se sino all’apertura dell’ultima  grossa arteria (1935-6), era il tratto iniziale del corso dei Colli  (corso L.Martinetti: i civv rossi 2-4-6 di quest’ultima strada, divennero 84,86,88 della Cella nel 1955; e l’88r è l’ultimo della via, con il 123r*** di fronte) .

 

DEDICATA alla chiesa  che anticamente si apriva sulla strada con ampio piazzale e che ora è descritta in via Giovanetti (ma, non essendoci il nome della Madonna o della chiesa stessa, potrebbe anche essere dedicata alla zona, sempre in base alla radice dal latino).

 

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