FIUMARA via Antica Fiumara
Dai primi mesi del 2002, è la nuova denominazione della secolare strada via Fiumara – vedi - (il cui nome è stato ‘rubato’ per essere attribuito al rettilineo comprendente viale d’accesso, che da via Pacinotti -in rettifilo con via Avio- va nella nuova area verso ponente, comprendendo l’interno del Centro Commerciale omonimo, fino al suo retro).
Dalla famosa frase del Gattopardo: cambiare, affinché cambi nulla. Ma in peggio, cioè non rispettando le tradizioni locali.
TARGHE: via – antica Fiumara
angolo-continuazione con via San Pier d’Arena
incrocio via Gaggini; continuazione con via Operai
sbocco in Lungomare Canepa
QUARTIERE ANTICO: Canto - Fiumara
da MVinzoni, 1757. Dalla foce del Polcevera, prima la vasta proprietà dei Crosa; seguita da quella del mag.co Ambrogio Doria, sig.r Giuseppe Molasana, sig.ra Cattarina Borlasca ed ultimo (con villa e giardino) mag.co Rainero Grimaldi.
da Porro 1835 Sono nate le prime case a mare: a sinistra la ‘Fabbrica da Corde’, a destra (a ponente della Strada Reale a Torino) la ‘Raf. Da zucchero’.
N° IMMATRICOLAZIONE: 2776, CATEGORIA: 2
Dal Pagano/1961
CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°: 25620
UNITÀ URBANISTICA: 26 - SAMPIERDARENA
Da Google earth 2007. In rosso via G.Gaggini; fucsia, via Operai: giallo via Bombrini, verde l’attuale via Antica Fiumara
CAP: 16149
PARROCCHIA: s.M. della Cella
STRUTTURA: la strada inizia nello slargo in cui finisce via San Pier d’Arena ed iniziano anche via Bombrini e via Pacinotti.
La numerazione civica inizia da levante; in tale senso, il percorso - verso ponente - ha l’aspetto del simbolo a T inclinato: “┤”. Infatti, senso unico viario, inizia con -bilateralmente- un isolato: sul lato a monte di esso, i primi due palazzi hanno solo civici rossi avendo il portone su via Bombrini, cosicché il civ. 1 è solo nel terzo palazzo. Alla fine del primo isolato, un ramo devia a sinistra verso il mare sfociando in Lungomare Canepa. L’altro, prosegue diritto verso ovest sino alla fine dell’isolato che è a destra (a nord); incrociando via Gaggini, diventa via Operai.
visuale dello sbocco verso il mare visuale dal mare
visuale verso levante verso ponente – si continua con via Operai
STORIA: dobbiamo distinguere la storia della zona, da quella della strada, che descriviamo qui perché ambedue accomunate da matrice medioevale.
A) la zona della Fiumara . Il nome proviene dal vasto – oltre cento ettari -terreno omonimo posto a ponente, tra la zona del Canto ed il torrente, dal mare al Ponte. Riguarda l’area che da metà letto del torrente comprende ciottolato, sabbia, acquitrino, prati, orti- ed ora ex insediamento industriale, posti alla sua foce.
Alessandro Baratta 1637 Domenico Fiasella-Madonna Regina 1638 carta militatare del 1747
Il nome nacque in un periodo in cui non essendo il torrente ben incanalato, spesso la zona era, specie in autunno-inverno, soggetta a straripamenti o allagamenti (da questo: fiumana, fiumara, sciummaea (e non fiumea, come spiega in dialetto addomesticato il Casaccia; o come vuole la grammatica genovese ‘a sciummaea’ perché è obbligatorio l’articolo davanti ai nomi di cose e persone). Pastorino&Vigliero dicono inoltre che il nome proviene da un torrentello locale, ora coperto: ma questa interpretazione appare impossibile a meno che non voglia accennare ai numerosi corsi profondi, uno dei quali stava minando la piscina.
Che già fosse terra fertile ed ubertosa, lo dismostrano gli atti notarili iniziali:
==1200: Il 5 apr.1224 (vedi riportata anche a ‘san Benigno’). Oberto abate del monastero di san Benigno, cedette ad Adalasia, moglie di Rollando Barbano ‘tabulas tres centas et tres partes domus et torcular et tynam ...que terra est ad Sanctum Petrum de Arena prope fucem, cui coheret inferius arena maris..superius via, a tercia aqua fucis Pulcifere, a quarta terra et domus a qua dividitur terra illa que fuit data viro tuo Rollando...
Lo stesso, il 4 marzo 1230 l’abate Oberto di san Benigno riceve in eredità ‘terris positis apud Sanctum Petrun de Arena prope fucem que fuerunt quondam Ugonis Archerii’.
==anno 1500: le immagini sono ancora immaginarie e molto generiche; il torrente ‘Ponzevera’ (o ‘a Ponsaeivia’, al femminile in genovese; spesso descritto come ‘fiume’) delimita la ‘villa di s.Pietro d’Arena’, fino a san Benigno. Nella zona, unica costruzione, isolata ed arretrata rispetto la marina doveva essere la torre saracena (Ravecca scrive del fenomeno geologico caratterizzato dall’evidenza che, negli anni tra il 1000 ed il 1900, in alcune zone liguri il mare è arretrato di circa 600 metri, solo in parte giustificabile con l’accumulo dei detriti alluvionali).
Giorgio Vigne 1510 anonimo arabo 1543 AntonV.D.Wingaer 1553 Cristoforo.De Grassi 1597
=un olio su tela di Giorgio Vigne (dipinto nel XVII secolo ma riproducente Genova di prima del 1550), con veduta dal mare; il nostro borgo è unica fila di edifici inesatti e generici. E come tale era già conosciuta sia ai turchi, un cui geografo anonimo ne aveva disegnato il profilo negli stessi anni; e lo stesso agli olandesi per mano di Anton van Den Wingaer.
= Un altro olio su tela di Cristoforo DeGrassi del 1597 descrivente anche lui una situazione di circa cento anni prima, con la veduta di Genova e generica di San Pier d’Arena (allora ancora alla latina S. Pietro de Arena): alla Fiumara appare evidente una grossa costruzione sulla spiaggia: forse il Lazzaretto: non fu certo un ospedale fisso, quanto un temporaneo luogo di ricovero ed isolamento durante le frequenti epidemie di colera (per citarne alcune, 1835 con morte di Carlo Barabino; altre nel 1854,1884), o più spesso peste (non ultima, nel 1656: 60mila morti a Genova, e 4mila a San Pier d’Arena, su 5000 abitanti).
==1600: nella veduta del Baratta (del 1637) sulla spiaggia sono segnate case, vere ma con forme ideali, di fantasia, e sulla spiaggia la scritta ‘S.Piero d’Arena loco di delizie con bell.mi palazzi e giardini’). Sulla riva del mare si evidenziano la villa Pallavicini, la Fortezza, la Cella con il palazzo-castello del Comune ed alla Fiumara appare - come nel quadro sopra - un’altra costruzione anonima (forse sempre il lazzaretto? oppure la villa Grimaldi).
=similari le ‘vedute’ di Gio.Domenico Rossi del 1640.
=Lo stesso in una acquaforte del 1695, nella ‘villa di S.Pier d’Arena’ la Fiumara appare con ‘disinvolti’ orti e rade case.
==1700: in cartine dell’epoca, generalmente la zona appare deserta però sempre – ed ancora nell’incisione del Volckammer del 1700, compare la villa Cattaneo-Grimaldi, descritta in via Bombrini; o come nelle due successive planimetrie del Vinzoni (una antecedente, ed una per praticamente eguale per l’Atlante del ‘Dominio della serenissima repubblica de Genova in terraferma’ -1773), divisa ad orti, con 2 molini e - non ancora tracciata - via Pacinotti.
=in una planimetria schematica per indicare le fortificazioni esistenti nel 1747 (vedi foto n° 4), la zona appare tagliata fuori dalle muraglie e trinceramenti che proteggono il ‘fuori di San Pier d’Arena’ dal mare al forte di Belvedere.
=La carta del Vinzoni, 1757 (vedila all’inizio, dopo le targhe), è la prima dettagliata nei, già multipli possedimenti – una ventina circa. Partendo dall’alto, dalla strada al Ponte, e dal torrente verso est fino alla crosa dei Buoi, irregolarmente divisi in 5 fasce verticali: 1ª= unica fascia dei magnifici Crosa. 2ª= in alto il rev.do Stefano Ferrari; con sotto sia a ponente il rev.do padre GioGironimo Aronio carmelitano scalzo, che Angelo Grondona; e sotto ancora sino al mare l’ecc.mo Ambrogio Doria con a fianco Giuseppe Molasana ed ancora Catterina Borlasca. 3ª= di nuovo altro terreno del rev.do Stefano Ferrari; con sotto Ill.mo Magistrato de Poveri, Perpetua di Matteo Castello; con sotto a quest’ultimo Andrea Bosco affiancato dal rev.do Giacomo DeNegri; e sotto ancora sino al mare Rainero Grimaldi.con la villa su citata ed altro possedimento più a ovest. 4ª= unica fascia del mag.co Gironimo de Mari. 5ª= unica fascia di Filippo Centurione, con villa di piazza N.Montano, affiancato solo nella parte a mare da tre possedimenti: di Antonio Sauli e di nuovo Rainero Grimaldi (già citato sopra) e –piccolissimo nell’angolo crosa Buoi-mare- di Francesco Rovere.
=In una mappa tardo settecentesca (vedi foto sotto), si conferma che la zona –dalla strada del Ponte ed a levante del torrente è vastamente di proprietà dell’ill.mo sig. Gio Nicolò Crosa. Questo terreno, a ponente del tratto della crosa al Ponte di Cornigliano (che finisce perpendicolare alla strada principale diretta al Ponte stesso), fu mappato dal proprietario con lo scopo di quantificare gli edifici (localizzati sia sulla spiaggia –dei quali due destinati ad una inspiegabile ‘Fusteria’ sic, probabile ‘foresteria’- e sia a metà terreno), i 5 molini (disegnati con ruote e localizzati con le case a metà tra il mare e la strada principale) e 6 orti (più altri a Cornigliano; condotti da diversi contadini: si fanno i nomi -non tutti leggibili- di Cabella Giuseppe, Chiesa Gaetano, Antonio M.., Gaetano e..., Bartolomeo..., Giuseppe, ecc). Lo si vede attraversato da tre grossi canali d’acqua necessari per alimentare vari mulini, ed attraversato dalla “crosa che conduce al Ponte”, allora ancora senza nome specifico.
=Più suddivisi appaiono i terreni disegnati da Giacomo Brusco, circa nel 1781, corrispondenti a tutto il rettangolo di terreno avente a sud il mare, a ovest il torrente, a nord il tratto dell’attuale via Pieragostini allora strada ancora anonima, a est via Pacinotti. A partire dal torrente verso levante, per metà fino al mare, i terreni dei mag.ci Crosa con – forse - casa, e mulini sparsi. Al loro nord-ovest i terreni del rev.do Steffano Ferrari con, sulla strada la casa del Ferrari seguita verso ovest da quella del mag.co Crosa, e da due case staccate, di Matteo Castello. A sud est dei Crosa invece, l’appezzamento dell’ ecc.mo Amb.o Doria, quello del sig.r Angelo Grondona, del signor Giuseppe Molasana e della signora Caterina Borlasca la quale ultima a levante confinava con la strada che dal mare saliva verso il ponte.
=una planimetria del 1797, (vedi sotto) anonima, disegna parimenti alle tavole dei catasti napoleonici, molto schematicamente, la zona ad orti con unica presente la ‘strada al Ponte’ disegnata schematicamente a mò di falce Brusco - le terre dei Crosa 1797
Sappiamo che già da fine secolo l’industria manifatturiera aveva iniziato ad insediarsi vicino alla marina inserendosi negli spazi tradizionalmente dedicati all’agricoltura ed alla villeggiatura dei signori, favoriti dalle migliorate condizioni stradali e quindi dai collegamenti sia con la Francia che con il Piemonte, iniziate dai francesi e poi continuate dal regno sabaudo. Così la Carena & Torre, i depositi di olio e quello del sale, i primi docks qui nati per mancanza di spazi nel porto genovese
==1800: Fu il secolo in cui si iniziò lo stravolgimento della zona con grandi operazioni dell’industria pesante, e dei grandi ‘trusts’ (molini, zuccherifici, docks che per iniziare la meccanicizzazione del lavoro dovettero modificare la fisionomia della fabbrica, da capannone monoplano a grosse strutture a devastante impatto ambientale). Operazione dai mille aspetti critici che permette a tutti di avere una fetta di ragione: i nostalgici sognano i vecchi orti, la vita agreste e più rispettosa spontaneamente delle regole del vivere comune (però limitati a pochi proprietari-cittadini-contadini, ormai obsoleti in una città); gli industriali (dell’Ansaldo quale rappresentante privilegiato della categoria, ma anche per ingegnosità e grandezza, i quali per loro esigenze non si fecero alcuno scrupolo di abbattere tutto quello che acquistavano salvo alcune ville ma solo se avevano programma di trasformarle in sedi amministrative o progettistiche. Potevano permetterselo, forti dell’esigenza nazionale e quindi con l’uso dell’esproprio coatto (per pubblica utilità), ed anche trovandosi di fronte una amministrazione civica abbastanza succube, forse politicamente interessata, comunque imbelle ed incapace di stendere un programma regolatore del territorio); sindacalisti che sognano i vecchi capannoni ricchi di attività e fonte di economia, occupazione e rivalutazione sociale dell’operaio (dimenticando l’inquinamento; la chiusura della marina, che per noi non è da poco; nonché il condizionamento-asservimento della città all’industria pesante nella sua lunga agonia (una tecnologia giudicata inamovibile, inviolabile, e posta sopra tutto); i ‘signori’ di Genova e Roma ai quali, di San Pier d’Arena e Cornigliano, importava men che meno, e per i quali il degrado locale (sociale e ambientale) sono problemi che non li riguardano o che comunque è meglio che siano in casa di altri; i politici, che di fronte alle esigenze vitali si scannano tra loro e fanno scelte a veti incrociati non facilmente comprensibili ai ‘non addetti ai lavori’ perché coinvolgenti interessi e cifre enormi e, soprattutto, il potere; non fuori del gioco gli imprenditori portuali e non, ecc, ecc. Si è riscattata solo una categoria: quella degli operai; da esseri solo sfruttati, guadagnandoselo millimetro per millinetro, con scioperi e deportazioni, hanno raggiunto in un secolo una dignità di lavoratore dipendente con tanti sodisfacenti requisiti, ai quali però non è stata ancora aggiunta la sicurezza del lavoro.
=La carta del Porro -1830- in zona Fiumara descrive solo la attuale zona di via Pacinotti ancora chiamata “strada reale a Torino” e la presenza della “Raff. da zucchero” nel palazzo Grimaldi, e la “Fabb.da corde” poche centinaia di metri a ponente di essa, sembrerebbe dove era la foresteria.
Già nei primi anni del 1800 c’era una corderia (i cui spazi non erano cintati e quindi molti erano i viancanti e carrozze che nel transitare entravano negli spazi dell’opificio: una lamentela di Agostino Carena al Comune, nel 1831, fece fare ai viandati il ‘giro fuori della proprietà’). Fu infatti la prima sede della Carrena e Torre, fabbrica di cordami e canapa; nel 1847 aveva 33 ‘operaj’, mentre nel 1862 era arrivata a 70; era stata premiata all’esposizione del 1854 a Genova (negli ampi spazi al di là dello stabilimento, un editto municipale del sindaco Mongiardino e datato dic.1819 , consentiva –unico posto in città- il gioco della lippa e solo quando non ci c’erano persone al lavoro e con la clausola che chi faceva danno doveva subire pena);
=Una carta catastale della prima metà dell’800 (che già segnala la presenza di una fonderia da ghisa e l’ipotesi di un tracciato ferroviario alla Coscia); nella zona Fiumara conferma la “strada Reale a Torino” ed a ponente di essa, l’ampio terreno (abitato quasi solo lungo la “Crosa del Ponte”) con due mulini e quattro fabbriche: una raffineria da zucchero (Lorenzo Dufour nel palazzo del Vento), una lunga costruzione (con a nord il vasto terreno proprietà della marchesa MariaOriettina LambaDoria (che sarà occupato da Taylor), confinante con i terreni della vedova Pratolongo dalla quale era separato dalla crosa del Ponte) divisa: a levante una fabbrica d’amido (Giuseppe Pescetto) e ponente una fabbrica da corde (Carena&Torre) ed all’estremità della strada, vicino al torrente, una tintoria (f.lli Rolla; con a nord il vasto terreno di loro proprietà); mentre più lontano alla Coscia iniziavano l’attività i Balleydier.
A dimostrazione che in quel territorio vi abitava da tempo e che era già abbastanza ricco, si legge che Francesco aveva fatto erigere in località ‘vicino alla foce del Polcevera’ autorizzato da un decreto della Curia datato 11 ago.1826, la Cappella Rolla, o dell’Immacolata, privata, modesta, ma utile al popolo del luogo che aveva assai scomodo andare sia alla Cella che a san Gaetano. La fece poi ampliare nel 1838 su disegno del compaesano ing. Nicolò Scaniglia, divenendo essa a forma rotonda del diametro di 9 metri; la dedicò a san Francesco ed all’Immacolata. La famiglia Rolla provvide a porvi in abitazione vicina, un sacerdote affinché la custodisse (vengono ricordati i sacerdoti don Gastaldi Luigi, don Giuseppe Bresciani e don Zeffirino Sommariva morto nel 1888, don Ferrarini, don Francesco Gallione, ed ultimo il più famoso don Nicolò Giordano. In loro assenza, provvidero per oltre un anno a celebrare la messa e predicare ogni domenica, i Salesiani; essendo la cappella nel territorio parrocchiale di san Gaetano). All’interno era un solo altare, dedicato alla Madonna, sormontato da una statua dell’ Immacolata in marmo, attribuita a Pierre Pouget (1622-1694; presente a Genova nel 1660-8 quale committente artistico di altissimo prestigio, e con sue opere presenti in Carignano, san Filippo, sant’Agostino) e qui traslocata da un altro palazzo in Genova, acquistato dalla famiglia. Nella cappella si fece seppellire il fondatore Francesco, e dopo di lui i suoi due figli Costantino e Giuseppe.
Gradatamente arricchita di sacri arredi e suppellettili votive , il 23 genn.1874 ebbe a subire un furto degli oggetti in oro ed argento .
La cappella fu distrutta poco dopo il 1900, ormai circondata ed oppressa dagli stabilimenti della Taylor-Prandi poi Ansaldo (la statua fu trasferita all’Oratorio della Morte ed Orazione sito in via N.Daste (vedi); e quando a sua volta distrutto, fu trasferita alla Cella nel museo parrocchiale. Nel 2002, aperto il ‘centro commerciale della Fiumara’, si è parlato di trovare in esso una collocazione della statua della Madonna che però non tornerebbe nel suo sito originario perché qui era giunta proveniente dal centro città). 37.192
=una pianta del 1846 evidenzia nella zona racchiusa tra la ‘strada reale di Genova’ (via Pacinotti) ed il torrente, le proprietà di Lorenzo Dufour, della vedova Pratolongo, e di Francesco Rolla (vedi via Rolla).
=Le officine di Philip Taylor, (vedi ad Ansaldo) si affiancarono a ponente del Rolla ed il mare (e nel 1885, evidentemente già scomparso il Rolla, riusciranno a comperare il terreno, tagliato in due dalla ferrovia, innalzandoci la fonderia, gli uffici e il reparto Modellisti) mentre il Rolla, evidentemente impedito di allargarsi e costandogli meno il terreno, nel 1840 andò ad aprire a Campi un filatoio a vapore (divenendo uno dei primi a meccanizzare il lavoro) e praticamente scomparve da San Pier d’Arena.
Lo scozzese (nativo di Norwich) Philip Taylor fu Giovanni, quando arrivò a San Pier d’Arena (Iddio lo fulmini!) apprezzò per i suoi programmi il terreno allora conosciuto come “prato d’Amore” (vedi): non gli portò buono, perché tutto lo stabilimento dopo pochi anni dovette essere rilevato da forze economiche nuove guidate dall’ing. Ansaldo. Inizialmente il Taylor operò in uno spazio di 33.616 m2, demolendo una residenza padronale, una casa colonica, baracche ad uso saponificio, nonché vigne, orti e canneto. L’area invasa divenne di 42.750 mq dopo pochi anni, con un’apertura sul mare lunga 87 m. (il fondale è basso, e la spiaggia lievemente inclinata e sabbiosa: necessitò allontanarsi al largo di oltre 100m per arrivare al una profondità di 7m).
Non poche furono le contestazioni, specie con una proprietaria dei terreni, avente unico ma inutile atto a difesa il giudizio unanime di essere un grave errore il distruggere gli orti più fruttiferi dell’intero borgo (vedi via al Ponte di Cornigliano*** e via Bombrini). La sua espansione, circondata da una miriade di più piccole ferventi attività satellitari, contribuì all’appellativo della zona, ed a simbolo di tutta la città di San Pier d’Arena, di “Manchester italiana”; valutato ovviamente come vanto da chi voleva far intendere solo i lati positivi dell’impresa e non come ignominia visto poi il degrado arrecato e la sconfitta finale dell’idea.
Altrettante reazioni sorsero negli anni 1847 contro gli espropri obbligatori imposti dal regno per l’erezione del viadotto per la strada ferrata -opera di pubblica utilità-. Si trattò di terreni vicini alla ‘crosa del ponte’: a Grassi Francesco G. fu Andrea, negoziante ed a Gaggero Raffaele furono espropriati orto, casa e pozzo in località Crociera; solo terreni agli eredi Dufour Lorenzo, eredi Pratolongo e Traverso Gaetano.
=Nel 1840-70, si contavano nella zona numerose attività industriali:
---una società del gas, con tre gasometri. Inizialmente erano in uso solo le candele o lumi a olio; con limitata funzionaltà e frequenti incendi conseguenti. Nel 1806 si iniziò in Inghilterra a sfruttare la combustione del carbone in caldaie con storte in ghisa, atte a ricuperare il gas prodotto; e via via molti provvedimenti atti ad eliminare gli inconvenienti secondari e tali da permettere l’uso di grandi quantitativi anche messi in scorta. A Genova, aveva iniziato la produzione, nel 1844 in via Canevari, la “Soc.di illuminazione a gas”, di proprietà di ingegnieri stranieri residenti in città; erano comparsi due anni dopo i primi fanali stradali e otto anni dopo nei grandi edifici (Carlo Felice per esempio). Risultando insufficiente questo primo impianto, ai lati di via Fiumara fu installata -nel 1853- una nuova officina occupando un’area di 28mila mq, per provvedere –consumando 8500 t. di carbone e coke- all’illuminazione pubblica-privata ed all’uso domestico, producendo 1milione di m³ di gas; inoltre residuavano depositi di 3500 t di coke ed alla produzione di 3 t. di catrame. Comprendeva così tre gasometri, nonché fabbricati per forni a storta per la distillazione del carbone, per depuratori e magazzini e deposito di carbone fossile e di coke). Nel 1857 subentrò la francese “Union des gaz” la quale nel 1868 completò l’impianto di tubature per la città di San Pier d’Arena: questa espansione determinò la necessità di un nuovo centro produzione sempre restando in zona Fiumara uno stabilimento; allo scopo fu scelta la zona delle Gavette in val Bisagno.
L’impianto ottenne un binario semplice di rifornimento, ma apposito, con “fermata di via Fiumara” sulla linea ferroviaria stradale a cavalli, proveniente da san Benigno (e che aveva scambi di diramazione anche per le ditte Ansaldo, Garibaldi Nicolò e Scerno-Gismondi).
Nel 1921 si legge una delibera comunale straordinaria che emette nuove tasse per alcune aziende:
localizzata nella via, appare solo la ‘soc. Union des Gaz’ la quale l’anno dopo cedette tutto ad un consorzio intercomunale (tra cui SPdArena) che poi nel 1936 acquisirà il nome di AMGA.
Tra i gasometri e la proprietà Ansaldo, in quegli anni ancora vi correva il binario ferroviario soprannominato ‘sommergibile’ che dall’estremità ovest del porto collegava la via ferroviaria verso il nord ed il parco del Campasso (il nomignolo derivava dalla frequente ‘immersione’ dei binari ad ogni esondazione del torrente, non ancora bene incanalato con argini definitivi.
L’impianto sampierdarenese venne chiuso nel 1937, e nel 1939 (XVII), l’Ansaldo acquitò anche la parte più ad ovest dei terreni su descritti al limite col Torrente, compresi tra via Fiumara e la ferrovia e limitati ad ovest dall’Ansaldo stesso, vasti
per 23.120mq. valutato poco più di 4,5milioni, occupato dall’AMGA; il
Comune di Genova, aveva studiato poterci installare la ‘volpara’ di Genova, ma i gasometri apparvero troppo vicini ai progettati forni di smaltimento e si preferì spostarli a Cornigliano, cedendo il terreno all’industria. Quindi la vendette all’Ansaldo a prezzo molto minore ricevendo in permuta una area abbandonata al di là del torrente. L’iniziale scopo della grande industria era porvi le nuove officine Allestimento Navi (vicino, ormeggiata, c’era la r.n. Littorio in attesa di montaggio di torri corazzate idonee alla potenza delle nuove armi da fuoco).
-----grandi depositi e fabbriche di olio sia importato, sia prodotto da semi, sia lavorato (nel 1847 –e probabilmente da sempre-, nel porto di Genova si sbarcavano solo oli ad uso locale: tutti gli altri erano scaricati a San Pier d’Arena ove esistevano “trogoli in ardesia della complessiva capienza di 80 ql/m”; grande produttore in quell’anno (dal 1845 con 13 operai) fu Giacomo Calvi che estraeva olio da vari semi (e produceva concime con gli scarti) la cui perfezione –unica in Italia- reggeva la concorrenza internazionale; dopo fiorente fortuna (nel 1862 aveva 40 operai e produceva 8mila q. di materia prima, rinnovando tutti gli impianti a livello europeo); nel 1889 non esisteva più schiacciata dalla concorrenza; ed altri si interessavano a quel commercio: eredi Garibaldi, Dall’Orso, Bossaglia e Sturlese; nel 1931 già avevano attività Vernazza al Canto, e gli Oleifici LiguriLombardi in via Fiumara (di antica tradizione locale, i depositi nel 1800 venivano riforniti da tartane lucchesi e dalle due riviere)).
Numerose anche erano le attività artigianali nel nostro borgo (come l’olificio Costa G. in regione della Coscia; e quello Berio A. e di Moro Tomaso. Però non venendo descritto dove erano dislocate, il successivo elenco riguardante tutto il borgo nell’anno 1847 è ovviamente non preciso nell’indicare la località: molte di esse alla Fiumara): 25 fabbriche di sapone (con complessivo lavoro per 57 operai, arriveranno nel 1841 a 30 fabbriche con 100 operai; la produzione era abbondante (17mila q/anno) e negli anni a cavallo metà secolo di quasi esclusivo monopolio ligure, ed assai pregiata con fiorente mercato estero; dopo il 1772 causa sia aumento della concorrenza, delle tasse, e dell’olio, sia diminuzione dell’approvvigionamento della legna necessaria si dovette procedere a produzione sempre più scadente con manipolazioni a base di talco, steatite ecc. e quindi perdita progressiva del mercato: ne approfittò Marsiglia che invece continuò a basarsi sulla qualità, vincendo il mercato e la fama; alla Fiumara, la prima a soccombere all’Ansaldo fu quella di Salvatore Tubino i cui locali furono dapprima usati come deposito e poi nel 1884 distrutti.); 1 di cotone (nei primi anni del1800 era ancora in voga la filatura della filosella, ricavata lavorando i residui dei bozzoli; occupava 12 operai); 1 stamperia d’Indiana (altrove è descritto, tra i 59 operai addetti, tal Grosso Benedetto, lavorante d’indiana al Ponte. I più famosi erano gli Speich ed Isselin che contavano 93 lavoranti e 32 apprendisti; e dopo loro, un certo Hadner GB che aveva 59 lavoranti e 19 apprendisti); 1 lavatoio di lane (12 operai); 2 carte da gioco (51 operai); 2 di amido (9 operai. Vedi Pescetto Giuseppe a pag.47); 1 solfato di chinino (ovviamente la Dufour- vedi dopo); 3 di biacca (con 17 lavoranti; nel 1818 ve ne erano 4, che ne producevano 666q. lavorando i fogli di piombo macerato per tre mesi nell’aceto e poi sottoposto a battitura, macinatura, lavaggio acc; viene citato nel 1823 un produttore: Masnata Francesco; nel 1835 la produzione era salita a 14mila q. ma le riforme economiche ed i metodi di fabbricazione, misero in crisi il settore: molti dovettero chiudere una ad una per mancanza di aggiornamento nella produzione o per brogli legati alla necessità di controbilanciare il calo delle vendite; nel 1921 è ricordata la fabbrica di Oliva Attilio (A30)); 7 di vermicelli (30 operai, con flessione negativa negli anni 1820-40, positiva dal ‘40 al ‘60); una di vini fini (15 operai); una corderia (una nel borgo nel 1822, a fronte di 22 in Liguria) una di mattonelle combustibili (fatte con polvere di carbone fossile e bitume: nel 1861 la ditta Rossi & C. con 40 operai e produzione di 2500 t.); di conserve: da due nel 1874, a 11 nel 1890. Di esse, la Nasturzio (che ebbe capitale fino a 1.500mila £ nel 1908); e la Tardito, nata 1899 con 1milione di capitale, divento 1,5 nel 1909 con stabilimento anche ad Alghero e molino a Sassari).
=Nel 1886 il Comune di San Pier d’arena cedette in vendita all’Ansaldo un tratto della via, cosicché i Bombrini poterono costruirvi una nuova e più spaziosa officina per la produzione di caldaie (Calderai), posta parallela al mare, lunga 120m
==1900
Il settimanale “L’Azione socialista” favorevole alla giunta di N.Ronco, nel numero di dicembre 1904 segnala che il Comune ha deliberato erigere un nuovo macello pubblico, sottolineando che quello in atto, posto “là sul Polcevera, in fondo a via della Fiumara ... è un luogo qualunque dove si ammazzano delle besdtie per comodità propria, non un pubblico macello, costruito appositamente con questo scopo.”. Da nessun’altra pare mai ho letto dell’esistenza di questo più antico macello, forse anche gestito in forma privata, quando la popolazione era di poche migliaia e quando si conosceva l’esisteza dei germi ma l’esigenza di una igiene non era ancora strettamente cercata in tutte le strutture sociali e personali. Potrebbe giustificare il nome della ‘crosa dei Buoi’.
Una mappa del 1915 (vedi via G.Ansaldo) fa riferimento al penultimo pezzo di Fiumara non ancora, ma in fase di essere inglobato dall’Ansaldo; appare a pentagono compreso tra ferrovia a nord, via Garibaldi-Operai ad ovest, Ansaldo ad est, via Gio Ansaldo a sud. Lungo ed a ponente di via Operai, due appezzamenti sono di rispettiva proprietà Ferrando Vittorio (a sud, dall’angolo con via Gio Ansaldo; forse è lo stesso Ferrando che in altra mappa del 1924 ha un vasto immobile all’estremo est ed a mare di via Fiumara dove via Colombo curva in via Garibaldi) e di Bagnasco GB, sino alla casa-villa settecentesca affacciata su via Garibaldi di proprietà del comm. Pastorino Carlo (il cui terreno è esteso verso sud sino a via Ansaldo, separato dalle due proprietà suddette (poste ad ovest) da un muro; quest’ultimo fu costretto a vendere una fetta di terreno lungo la ferrovia per raddoppio dei binari e del ponte).
Come già scritto, ultimo nel 1939 la parte più ad ovest dei terreni compresi tra via Fiumara e la ferrovia, venduti all’Ansaldo. Nell’operazione furono acquisiti e distrutti anche i civv. abitati 3,5,7,9 di via Fiumara, e la ‘palazzina Rolla’.
Nel Pagano/40 è ovviamente ancora solo via Fiumara, (vedi)
Nel 1958, con le Partecipazioni Statali, iniziarono i lavori di apertura a Cornigliano dell’industria siderurgica nazionale; non tranquilla, non indolore; da 8mila a 12mila operai, reclutati con la mediazione delle parrocchie e divenuti negli anni ‘70 punto di riferimento della politica contrattuale nazionale. Migliaia di persone che nel mostro hanno vissuto la loro vita, lottando, costruendo, adattandosi per sopravvivere, pensando.
Per addolcire la pillola, furono coinvolti ed ammaliati scrittori (per una collana di libri economici, e singoli assai importanti, quali Calvino e Ghirotti; nonché Caproni che riuscì ad illuderci di una possibile convivenza tra la città del ferro e del fuoco con quella degli amori in salita); e pittori (come Costantini, Vespignani, Gentilini, Carmi); e scultori (come Pomodoro Corpora, Schmidt, Calder, Franchina); ed infine musicisti (come Luigi Nono: una partitura-canto, seppure con toni contro la fabbrica quale luogo di alienazione e sfruttamento, ma con i suoi rumori, voci, sirene).
Cambiò San Pier d’Arena, perché le sottrasse la risorsa naturale più preziosa, il mare; e Genova stessa, declassata esteticamente e quindi anche turisticamente (prezzo che si paga ancora negli anni 2010).
Dell’intera zona vasta 16 ettari circa e pressoché tutta proprietà dell’Ansaldo (che la dismise nel 1985 salvo una minuscola attività persistita sino al 1996), si fa un gran parlare in questi anni (dal 1995 il primo progetto, al 2002 proseguono i lavori). Nel genn.1968 furono richiesti allo stato 15 miliardi per la riqualificazione della zona con schemi progettuali di massima (per il palazzetto dello sport). Escluso poi l’inserimento dell’ università - facoltà di ingegneria -, rimasero interessi e progetti diversi sullo sfruttamento dell’area. Andavano da zona usufruibile per attività retroportuali tipo deposito container, a insediamenti produttivi commerciali (sport e spettacolo), a centro urbano popolare con tre torri da 26 piani e direttivo dell’Ansaldo con un grattacielo proprio. Si fecero garanti ed interessati dell’operazione il CTU= comitato tecnico urbanistico; il VIA= comitato per la valutazione d’impatto ambientale, il Porto= quale area di deposito; i privati e cooperative = per speculazioni edilizie; i Verdi= per la difesa del suolo e sua bonifica; i politici, per la loro competenza, qualificazione ed immagine; gli industriali che giudicavano l’area omai asservita all’industria; il Comune di Genova; il Consiglio di Circoscrizione, custode di una vera riqualificazione urbana locale; la Provincia di Genova.
Per l’utilizzo del vasto appezzamento (168mila mq) balzarono alla cronaca le più svariate proposte: trasferimento di scuole (il Nautico), magazzini, uffici della dogana, palazzetto dello sport, torre direzionale dell’Ansaldo (suoi erano 124 ettari), multisala cinematografica, gallerie commerciali con ristoranti, bar, supermercato, un polmone verde di 3 ettari, vialoni alberati, edifici di 13 piani per abitazioni, centrale dell’Amga per produrre energia e calore. Nelle varie correnti politiche nascevano progetti di utilizzo più vari: la opposizione più forte vedeva lo sfruttamento ad area retroportuale giudicato indispensabile per risolvere la crisi portuale
Sempre nel giu.1968, i capannoni abbandonati dell’Ansaldo, ospitarono uno spettacolo teatrale, ‘immerso nel fascino indiscreto dell’archeologia industriale …, …in un ambiente che in passato si è deturpato sull’altare dello sviluppo cittadino’: intitolato ‘i Persiani’, un popolo ambizioso che perdette due guerre ed oggi simbolo di una ‘ferita sanguinante delle fabbriche in crisi’, di una ‘sconfitta industriale di Genova’.
Finalmente ci si accorse dell’opportunità di tenere conto del paesaggio e della vivibilità locale. Ci vollero altri quarant’anni prima che la lenta macina della stupidità umana venisse sostituita da una filosofia mirata al ricupero del modo di vivere.
Sino al 1980 la zona viveva con antiche strutture: un palazzo abitato da 30 famiglie, piccole ditte come il Corriere Domenichelli, una fabbrica di reti metalliche per letti, una di teloni per camion, un deposito di materiale navale di secondo uso, un laboratorio di ceramica, lo spaccio per i dipendenti Ansaldo. In questi anni si decise spostare tutti a Campi e lasciare libero terreno per il progetto della Coopsette.
Valutando ‘strategica’ la posizione relativa alla foce del torrente, comprendente il risanamento ambientale con restauro del waterfront (come già realizzato a Bilbao e nel Galles), alla fine del 1991 la Regione approvò il Piano di coordinamento paesistico. Risale al 1995 il primo serio progetto per l’area di 16 h. che l’Ansaldo ha dismesso nell’82 (anche se con piccola attività, fino ancora nel 1996; prevedeva 3 grattacieli da 26 piani per 500 alloggi, 2 torri Ansaldo, una torre per ingegneria, un palazzo dello sport e spettacolo, un parco di 3h. e parcheggi. Poi fu inserito un ‘polo scolastico’ prospiciente via Pacinotti ove ora è la torre pentagonale ed un ‘centro artigianale’ nell’ex proiettificio, il palazzo dello sport diventa ‘palasport’ affiancato dalla ‘multisala e centro divertimenti’).
Nell’agosto 1998 vengono presentati ulteriori progetti; è di ottobre il loro definitivo benestare da parte della Regione, del Comune e del Ministero.
Rifiutata la proposta di insediarvi l’Università di Ingegneria, subentra la proposta del liceo Nautico. Intanto, la centrale Ansaldo di produzione energia elettrica e teleriscaldamento, passa dall’Ansaldo all’Amga (progettata circa negli anni 1985 dall’architetto Gregotti Vittorio -lo stesso che aveva ristrutturato lo stadio di Marassi-, eroga una potenza di 35 megawatt in cogenerazione; con l’uso di una turbina a gas produce energia elettrica ; con altra a vapore produce una condensazione utilizzabile per riscaldamento; ambedue da adesso sfruttabili dal Comune stesso, e per se stesso). Intanto in giugno i capannoni dell’ex nucleare vengono occupati per una manifestazione teatrale assai significativa, una tragedia di Eschilo: la sconfitta dei greci (=l’Ansaldo) ad opera dei Persiani di Serse (referendum sul nucleare e logiche industriali avverse).
Le solite diatribe politiche, legate ai progetti di riqualificazione dell’area, minacciano far scadere i tempi delle concessioni governative (15miliardi per il Palasport).
L’operazione fu affidata alla ’Fiumara nuova’ , appaltato dalla Coopsette che nel progetto investì circa cento miliardi; la grande piazza del ‘waterfront’ fu ridisegnata da Renzo Piano.
anno 1999
Nel giu. 1999 iniziarono i lavori; dapprima le demolizioni, compreso alcuni pini marittimi cresciuti nella zona. Furono affidate alla Edilpamoter nel lug. 2000. Un immobile del settore, prospiciente via Pacinotti, si accartocciò da solo per cedimento della struttura, senza causare danni se non al traffico.
dove via Fiumara (perpendicolare) sbucava
in via Operai, sbarrata per inizio lavori
Ma ancora nel marzo e nell’ottobre del 1999 la polizia fu coinvolta in controlli di immigrati che misti a qualche clochard ancora trovano rifugio nei capannoni, specie quelli più a sud (l’ex proiettificio; inizia la necessità di distinguere gli immigrati dai clandestini, molti di questi ultimi candidati alla malavita per necessità di sopravvivenza).
29 ottobre 1999
La componente più spettacolare avvenne il 4 ottobre quando una ‘implosione intelligente’ fece accasciare al suolo tre costruzioni che coprivano le antichissime strutture dei primi insediamenti metalmeccanici di Taylor e Prandi le quali, situate lungo via Operai, presentandosi instabili vennero sgomberate in un secondo tempo a fine novembre (magazzini, uffici, spogliatoi degli operai; con vicinissimi la ferravia e gli altri manufatti).
Secondo botto fu il 29 ottobre che abbattè due robusti palazzoni anni ’60 (rispettivamente lunghi di 130 e 80 m. per un volume complessivo di 20mila m3 e uno posto a pochi metri dalla ferrovia) che ospitavano Ansaldo Acque, magazzini e laboratori.
Nel “Disegno della città futura”, grande progetto quinquennale per un nuovo volto della città, presentato in plastico alla Loggia della Mercanzia di Banchi: furono compresi in due lotti la torre Ansaldo (16 piani ; concentrerà tutti gli uffici della direzione), tre torri per abitazioni (270 appartamenti), un parco urbano (di 40mila mq , progettato dall’arc. Marco Pozzoli), un palasport (da 8000 posti), un cinema multisala chiamato UCI (14 sale per oltre 3000 spettatori) e centro divertimenti (bar, pub, ristoranti, punti di aggregazione giovanile); un vasto centro commerciale (con vasti parcheggi a sei livelli), un polo scolastico (per i licei cittadini in un ‘campus’ all’americana. L’area era stata offerta alla facoltà di Ingegneria dell’Università che per vari motivi –in particolare la possibilità di insediarsi in zone più prestigiose della città- rinunciò; subentrò in appoggio la Provincia, prospettando il possibile trasferimento di alcune scuole medie superiori), un centro direzionale e di attività produttiva dell’artigianato al Fiumarone (il vecchio proiettificio). Negli opuscoli e giornali nessuno ha parlato né scritto di rivalutazione della torre saracena, salvo promessa formale dell’assessore ad uno specifico quesito politico .
Da ottobre 1999 a maggio 2000, con un gran botto dovuto a microcariche, si accartocciarono su se stessi i palazzoni dismessi; le successive
genn.2000
lugl.2000
lugl.2000
implosioni affidate all’esperto Danilo Coppe direttore tecnico della Siag (società che ha già rasato la caserma dei vigili del fuoco a Genova, l’Ilva a Campi, la Erg), la Coopsette (presidente Donato Fontanesi) fece spianare l’area da ristrutturare: un ciclopico progetto su 168mila mq da realizzare in sei anni, prevedendo un costo di 100 miliardi di vecchie lire (500milioni di €.), un utile di 500, mille posti di lavoro. Stante le molte polemiche politiche –con accuse esplicite di speculazioni- per una diversa utilizzazione di parte dell’area (al porto), in ottobre -dagli assessori Bruno Gabrielli e GCarlo Bonifai nonché da Paul Mollé, progettista dello studio londinese Design International- vennero esposti a Banchi i progetti e plastici dei vari lotti: del parco (progettato da uno dei maggiori esperti del ramo, l’arch. Marco Pozzoli), palasport, centro commerciale, multisala cinematografica, grattacieli (allora si concepivano ancora spazi ad uso scolastico ed universitario, centri artigianali)
Il 13 maggio fu abbattuta con 12 kg di esplosivo –nitroglicerina e nitrato d’ammonio- la piccola centrale termica, cuore pulsante dell’Ansaldo, ma posta a pochi metri dalla ferrovia –ovviamente chiusa per soli 33’- ed altri edifici da conservare. Le microcariche indirizzarono la caduta nella giusta direzione. La sua scomparsa permetterà l’apertura di una parte del parco.
Nel febb.2001, per far posto al parco urbano ed al centro ricreativo per anziani (600 mq), cadde implosa la ‘palazzina dei turchi’: il nome risale ai primi del 1900 quando nel fabbricato venne dato l’avvio alla commessa di una corazzata turca. Altri edifici sono stati abbattuti, altri saranno salvati e ripristinati: tra essi il “Fiumarone”, un vasto ex proiettificio dalla facciata arricchita da fregi decorativi semplici ma interessanti nel rispecchiare l’architettura del tempo ed i cui piani col pavimento di legno pregiato sono sostenuti da colonnine di ghisa con capitello. Come a Campi, è previsto il salvataggio di un grosso rudere di ciminiera o macchinario, a ricordo dell’esistenza delle officine.
2001
Essendo in corso i lavori, sappiamo che dovranno emergere ampi spazi pedonali e di aree verdi; vasta gamma di servizi pubblici commerciali sportivi e di spettacolo e residenze abitative; ricordi graffitici prodotti dall’artista fiorentino Carlo Capanni e descriventi l’antica industria sulle pareti degli archi ciechi della ferrovia che taglia l’area; nonché nuovi nomi toponomastici, tra i quali abbiamo letto una ‘piazza della Locomotiva’, una ‘via degli Aranci’, e la conservazione di ‘via Operai’, una ‘via –o piazza- Paolo Mantovani (da via Pieragostini fino al Mazda).
Così, in una area di circa 40mila mq. nasceranno negozi, cinema, ristoranti, piscina, palestra, parcheggi gratuiti, due parchi chiusi (uno pubblico, uno privato), abitazioni ed uffici (con prezzo a partire da 2.400.000 lire/mq).
Per primo, nato nel capannone che sfornava locomotive, praticamente al centro dell’intera area, nel marzo 2002 nacque il Centro Commerciale (acquistato e gestito da un fondo di investimenti immobiliari olandese ‘Areal Europe Fund’) è divenuto frequentatissimo e superaffollato. Gli amministratori curano programmare eventi che possano attirare sempre più folla, da sfilate di moda a concerti. Vengono consegnati i primi 90 appartamenti nella ‘torre sole’.
Il primo di aprile del 2003 il complesso in costruzione fu oggetto di una goliardata: volantini reclamizzavano la prenotazione presso la Coop47 (morto che parla) la quale in un grattacielo affittava servizio cremazione, ibernazione e conservazione ceneri (loculi con vista, essendo stato trasformato in ‘torre paradiso’ reclamizzata con tanto di grossa croce e scritta ‘pax’. La spiegazione sosteneva che il Comune avrebbe chiuso i cimiteri per saturazione degli spazi e, chi non comperava il nuovo rischiava la fossa comune)
Nel 2004 in occasione del secondo compleanno, ha ospitato dieci copie delle terrecotte dei famosi guerrieri Xian dell’imperatore cinese Qin Shihuang.
Ovvie ogni tanto le solite bande di balordi; le solite ‘beghe’ politiche relative al limitato parco urbano (37mila mq di parco, spazio verde e pedonale progettato dall’arch. fiorentino Marco Pozzoli, con fontane, palme e vegetazione ispirata alle dimore genovesi ed una locomotiva prodotta dall’Ansaldo negli anni 1920. Avendo acquisito nome a sé, di ‘Giardini Ansaldo Meccanico’, verrà descritto specificatamente alla A); e di parcheggi (affidati alla soc. di privati ‘Fiumaranuova’; per un totale 20mila mq., pari a 3300 posti macchina gratuiti; prevedono posti sotterranei, sotto il Centro Commerciale; ed in verticale in alto, col silo in via Operai)).
Situato a ponente-mare del Centro Commerciale, il 19 ott.2003 venne inaugurato nel primo palazzetto il PalaFiumara (per lo sport agonistico di pallacanestro e pallavolo di alta serie (A1 o A2), con 8mila posti a sedere), firmato dall’arch. Emilio Morasso. Nell’aprile vennero applicate sulle arcate della ferrovia sei lapidi, volute dai dipendenti dell’Ansaldo a memoria della Liberazione e dei caduti sul lavoro in quegli anni di lotta, sino alla resa dei tedeschi (firmata dal gen. Meihnold a villa Migone, unica in Italia resa ai Partigiani e non agli Alleati).
lapidi centro commerciale
Alla fine del 03 nacque nel vicino palazzetto, situato a ponente-monte del Centro Commerciale, anche lui ex capannone Ansaldo dove si producevano le turbine e nucleare, il Mazda Palace (Mazda è casa automobilistica giapponese e sponsor), flessibilmente dedicabile sia alla musica che allo sport. Questa ‘versatilità’, basata sulla mobilità delle gradinate laterali e quindi con voluta modulazione degli spazi, è punto di forza dello stabile progettato da Emilio Morasso.
multisala vaillant
Costato 20milioni di euro, ha comproprietario il Comune (padrone di casa e cofinanziatore con 9milioni di euro; si è riservato l’uso per 50 giorni l’anno), costruttore la Coop7 (e, cofinanziatore con gli altri 11milioni), gestore per i primi trent’anni la General Production, (società che fa capo al gruppo GGM di Divier Togni). Ovvi l’apporto delle banche e del Credito Sportivo che saranno rimborsati in trent’anni di attività.
Tetto e pareti blu, gradinate in parte retrattili, seggiolini rossi, il tutto per 7500 posti di cui 5000 a sedere; a 45m di altezza un enorme cestello metallico conterrà proiettori ed altoparlanti in grado di fornire acustica perfetta (progettata dall’ing. Farina Angelo, docente di fisica tecnica ambientale a Parma) sovrastante il rumoreggiare di fondo del pubblico
Nel dic.2003 ha avuto l’agibilità definitiva per quanto riguarda lo sport. Per la musica l’agibilità viene concessa di volta in volta secondo regole variabili (es. la collocazione del palco, di 16x32m, e chiamato ‘di Notre Dame de Paris’ dal nome del musical di Riccardo Cocciante-Luc Plamond che inaugurò la struttura il 22 ottobre 2003 e poggiato su un carroponte ereditato dall’Ansaldo e capace di posizionare a piacimento scene ed impianti). Unica difficoltà momentanea è il costo elevato per l’affitto della struttura (2500 euro a partita di Volley o basket, eccessivi per le medio-piccole società che necessiterebbero anche allenarsi in questa struttura tra poco disponibile a singhiozzo considerato l’alto numero di concerti in programma; la difesa sono i costi di gestione e la disponibilità solo per squadre che abbiamo alcune migliaia di tifosi al seguito). Dal 2004 ospiterà a maggio anche il 20° torneo Ravano-Erg (sino ad ora effettuato al Palasport con 2500 giovani atleti rappresentanti 195 istituti cittadini, voluto da Paolo Mantovani per i giovani in età scolare per i quali si cerca valorizzare il partecipare più che il successo finale). Chiamato anche PalaMazda, nel 2005 ha ospitato anche il torneo di pallavolo riservato alle scuole elementari al quale, dei nostri, hanno partecipato la squadra del DonBosco e due di Sampierdarena chiamate 1 e 2 (vinto da s.Teodoro su SPd’A1)
Affiancato a nord, ai primi del 2004 fu inaugurato su due piani (4500mq) il Virgine Active group’ (primo investimento in Italia del colosso londinese fondato da Richard Branson (diretto da Mattew Bucknall), che si propone investire in altre città d’Italia (qui: 7,5milioni euro) per creare una catena di sedi basate sulla nuova concezione del “business creativo” ovvero svago e rilassamento; 4,5-5mila mq dedicati al ‘fitnes’, ovvero 300 apparecchiature per ginnastica pluriattiva; sauna, bagno turco, idromassaggio, piscina di 25m e voga; sala lettura con internet, bar con musica, danze yoga, tavola fredda; nursery per intrattenere i figli piccoli; e tante altre attività, previo abbonamento). Aperto tutto l’anno dalle ore 8 alle 23, nel 2003 ha contato 3mila soci; e 6500 nel 2004. Possiede 30 dipendenti, 50 collaboratori per corsi settimanali, trattamenti estetici e discipline sportive. Nel 2004 si è scritto di un progetto, per l’ultimo piano (2mila mq. pPer un investimento di 7,5milioni di euro), comprendente piscina (non tanto per il nuoto quanto per il relax ed animazione) scoperta e tre campetti (per calcetto, tennis e beach volley).
Nei progetti, è stata realizzata la sede delle strutture sanitarie della USL e del Distretto2, chiamato “Palazzo della Salute”, inaugurato a fine febbraio 2005 (La diatriba politica, legata al desiderio da parte della Regione politicamente di centrodestra di dedicare l’area ad operazioni portuali, e vinta poi invece dal programma del centrosinistra, è stata superata con la constatazione della funzionalità dell’insieme della Fiumara; non solo per l’offerta migliore, ma anche per la più facile gestione di tutti i centri sanitari sparsi nell’ambito: quelli già di via Molteni (esclusi i SSMentale, Igiene, Assistenza domiciliare), via Agnese (che apparterrà al Distretto3), viale Narisano, via donMinetti (esclusi i prelievi e Cupa), via Coronata. Sono 6762 mq, quattro piani, posteggi anche per disabili, spesa di 15milioni132mila euro, per tutto il ponente della USL3 genovese. Servita dal bus con capolinea, vicina la stazione ferroviaria. Vuole essere una decisa riqualificazione delle strutture sanitarie, andate nel tempo obsolete e non più funzionali (edilizia, tecnologica e di servizi (una reception tipo alberghiero smisterà il pubblico per le operazioni di accoglienza,, prenotazione, ticket, e verso gli ambienti amministrativi o farmaceutici o medici (di diagnostica e terapia: salute mentale, radiologia, ambulatori di medicina generale e specialisti, centro riabilitazione)).
A suo fianco, il fabbricato occupata dall’Arpal.
Il vecchio Palazzaccio, restaurato, ospiterà 600 dipendenti del Ministero del Tesoro: di Ansaldo Segnalamento (350 dipendenti) e Ansaldo Trasporti ferroviari (80 dipendenti) che libereranno quello detto Nira a ridosso della Fiera Internazionale alla Foce destinato a divenire albergo.
Cinque alti grattacieli tutti a nord del C.Commerciale: tre abitativi (o residenziali, e ad uso uffici, spiccano ad indicare da lontano la zona Fiumara. Sono stati chiamati ‘Torre Sole’ quello più a ponente, finito e consegnati gli appartamenti nel sett.2002; ‘Torre Luna’ quello centrale, laterale all’entrata del Centro Commerciale; ‘Torre Mare’ quello più vicino a via Pacinotti); un quarto, detto ‘di vetro’ o ‘Torre a specchio’, o ‘Torre uffici’, o ‘Torre Finmeccanica’ o ‘Torre Fiumara’; posto più a ponente di tutti, a ridosso del torrente, accoglierà da fine 2004 un migliaio di dipendenti: tecnici ed impiegati della Selenia Communications già Marconi ed i lavoratori della FinMeccanica; la loro presenza permetterà valutare la zona come ‘emblema del polo di alta tecnologia a capitale pubblico’). Il quinto non è un vero grattacielo perché di sei piani di base più parcheggio interrato da 150 posti, sovrapposto da una torre di sette piani, per uffici, attività direzionali e di rappresentanza. É l’ultimo in costruzione, progettato inizialmente quale Polo Scolastico, è stato detto ‘Diamante’ (perché a superficie pentagonale: iniziò ad essere innalzato nel 2005 e venne finito l’anno dopo; 14mila mq, architetto-progettisti Renzo Truffelli e Vincenzo Rossi. Al costo di 2mila € a mq., i negozi sotto il porticato sembreranno continuazione di via Avio).
Nel sett.03 la Coop7 pubblicizzava la possibilità di acquisto di uffici nel complesso ‘di fine 800 completamente ristrutturato, con interni originali ed elegantemente rifiniti, e dotato delle più avanzate tecnologie’, usufruendo di leggi finanziarie favorevoli. Solo nel 2004 verrà aperta una mostra “Genova del saper fare” in cui nasce la figura dell’”architetto del paesaggio”; si prende a misura la storia industriale non ancora conclusa vicino a noi; si parla di risanamento ambientale e di estuario del torrente quale terreno strategico ove si sono giocate le sorti della città, e che ora richiedono quale obbiettivo primario un ‘risanamento ambientale’.
Rimasto penultimo ‘il Fiumarone’, ex proiettificio, nel 2004 ancora in fase di rifinitura completata nel 2005 (doveva ospitare la facoltà di ingegneria; invece restaurato dallo studio Gatti di Torino, entrando da via Operai sarà un centro direzionale per aziende ed enti pubblici come Costa container lines (Ccl, controllata dal gruppo Gf che fa capo all’imprenditore savonese Raffaello Orsero leader nel Mediterraneo controlla 32 navi impegnate nel trasporto di containers, oltre all’importazione e distribuzione di ortofrutta, già ospitata nella TorreShipping di via DeMarini, ha dovuto abbandonare la sede per aumento del personale dopo l’acquisto di Grandi Traghetti/Gilnavi; occuperà 80mila mq divisi in lotti; le stanze conservano le colonnine in ghisa del 1900); la multinazionale Egl Italia (da piazza Dante, occuperà parte di 10mila mq acquisiti, offrendo il resto al mercato; è specializzata nel commercio di energia elettrica e gas naturale); la Aism = Associazione della Sclerosi Multipla (che pare realizzerà una piscina per la riabilitazione); una multinazionale di apparecchi biomedicali =forse l’Alcatel –mentre si era parlato anche dell’Agenzia delle Entrate e della Confesercenti-).
Ultimo, terminato a fine 2006, è un palazzotto di cinque piani, sormontato da torre ottagonale, limitato tra via Bombrini e via A.Pacinotti
Era previsto anche un mercato di bancarelle (di coloro il cui numero supera la disponibilità degli altri mercati cittadini genovesi; ma questo creerebbero grave concorrenza ai già disastrati ed asfittici negozi commerciali locali tradizionali).
Reattiva a tanto sfavillanti e luminosi centri, la decadenza delle zone cittadine limitrofe: i negozianti si lamentano per una riduzione sensibile degli introiti; i residenti perché intossicati dallo smog e colpiti dalla micro delinquenza (specie i gruppi contrapposti dei nuovi immigrati albanesi ed ecuadoriani). Le strade sono divenute congestionate dal traffico con ingorghi, inquinamento acustico ed atmosferico, che prevedono particolari interessi da parte degli amministratori comunali, con rivoluzionamento della viabilità.
B) la Strada : nella carta vinzoniana della seconda metà del 1700, si legge il tracciato della strada, a quei tempi ovviamente anonima. In altre mappe dello stesso periodo di fine 1700, si vede il tracciato sulla spiaggia, che arriva alla ‘piazza del Vento’.
Ma già nel 1846, all’atto dell’ acquisto dei terreni da parte dell’Ansaldo, la strada si chiamava “strada comunale detta alla Fiumara”.
Nel regio decreto del 1857, era -come l’attuale- “via della Fiumara”, quale quarto tratto della lunga strada della Marina, posta da casa Ferrando al Canto, alla foce del torrente .
Nel dic.1900 è confermato il nome di “via Fiumara”, e così rimane immutata prosecuzione di via C.Colombo, sino a Polcevera , affacciata sul mare e parallela alla spiaggia, con a ridosso le prime fonderie, solo attraversata dalla loro attività cantieristica navale, con qualche fabbrica resistente ad essere sopraffatta dall’acciaio (una di colla, fu delle ultime a morire, assieme ai grossi depositi del gas).
In quegli anni vi abitavano : civv. 1,2,3,5,6,7 Morasso Stalislao ; 4 Catterina Raffo ; 8a Magazzeno Garibaldi ; 8b, 8c soc.an.Bolzé ; 9,11,13,14,15,16,18 eredi Torre ; 10,12 Manfroni ; 19 e 20 (già Rolla), 21 e 22 ( lo stabilimento), 25, 27 la Union des Gaz (già Corradi e Massa).
Nel Pagano 1902 compaiono solo: al civ.4 lo straccivendolo Badino Giuseppe;---al civ. 7 i brillatori di riso f.lli Bolgè di Carlo;---
Finché in quegli anni venne deciso costruire un lungo edificio a sud, in conseguenza del quale perdette qualsiasi rapporto col mare, e divenne una stretta, generica e brutta stradina della città apparentemente senza storia con esso; se potesse parlare, racconterebbe invece il millenario rumore di navi in costruzione , di cantieri e vari; il vocio e parolacce di marinai che pescano, scaricano, caricano, e faticano, fors’anche di schiavi e servi; le risate nelle vicine trattorie e liti da ubriachi nelle osterie; le voci di donne e le urla dei bambini che vivono senza l’incubo dei veicoli ma pur sempre con tutti i pericoli di una attività intensa; i pianti; la miseria; la fame; le malattie; la vita frenetica ma tutto ancora a misura d’uomo.
Nel 1908, 1911, 1912 il Pagano segnala al civ.4 l’unico negozio, di stracci, di Badino Gius. (nel 1919 non c’è più).
Nel 1910 andava da via C.Colombo alla Foce del Polcevera, ed aveva civici sino al 32 e 21.
Esteso lungo la strada a lato mare, il 18 dicembre 1915 l’Ansaldo acquistò dalla società Molini Liguri (stabilimento per la lavorazione dei cereali, locato in un vasto, grosso e lungo edificio di 8000 mq., nato nel 1903 col finanziamento del gruppo saccarifero-cotoniero Figari-Becchi con un capitale di 1,5milioni. Fu aperto dapprima per adibirlo alla macinazione meccanica del grano; è di sette piani; sebbene costruito nei primissimi anni del 1900 fu eretto con la decorazione e struttura dell’edificio ottocentesco in pietra e mattoni e con i piani in tavolati di legno sostenuti da pilastri in ghisa. Entrò quindi in concorrenza con i vicini Molini Alta Italia (difficoltà che però poi fu superata con reciproca integrazione di finanziatori; al punto da permettere ‘affari d’oro’ sia al forte complesso industriale molitorio -stretto attorno alla soc. ‘Esercizio Molini’-, sia -ad ambedue- intessendo una fitta rete di cointeressi in altre aziende in modo tale da controllare buona parte della lavorazione dei cereali e zuccheri italiani ed esteri (cointeressati ad attività bancarie, edilizie, minerarie, tessili, siderurgiche, chimiche, automobilistiche, ecc.)per trasformarlo in proiettificio ampliandolo con un corpo aggiunto a levante, in cemento armato.Però presumo la fine della guerra ritardò questa trasformazione, cosicché la parte a ponente del lungo edificio, nel 1924 appare ancora intestata alla ‘soc.an.Fiumara’ e nel 1940 agli ‘oleifici Liguri Lombardi’. Appare che all’atto di vendita la Molini Ligure aveva già da un anno cessato la lavorazione ed affittato l’edificio al CAP). Nell’anno 1924, questo edificio separava via Fiumara dal mare: lungo la riva scorreva una ‘strada consortile’, evidente proprietà del CAP; dalla spiaggia si apriva verso il mare un piccolo molo probabile vecchia sede dell’Ansaldo-mare, prima che fosse trasferito a Sestri. Riguardo la lunga costruzione, l’utilizzo a proiettifici fu senz’altro portato avanti nel conflitto 1941-45, alla cui fine fu nuovamente dismesso.
L’edificio è in fase di ristrutturazione completa, nel 2002-4.
lato monte
lato mare - verso ovest verso est
Da ovest, prima di sbucare in via Colombo, ai due lati c’erano due edifici privati: a monte di molti inquilini; a mare tutta proprietà di Ferrando.
1924 -Una carta di proprietà archivio Ansaldo, mostra la via Fiumara con A) a mare, un lungo edificio (confinante ad est con un palazzo però sito in via Colombo e di proprietà Ferrando), la cui metà di ponente è di proprietà della soc.an.Fiumara; e con B) a monte, due edifici: quello a ponente, lungo, in piccola parte, di proprietà dei Dufour, però affacciata su via Bombrini dove a monte di questa ultima essi avevano anche lo stabilimento –ed a fianco di esso, quello del Glucosio-; l’altro a levante più piccolo, conformato a cuneo, confinante con le vie Colombo e Garibaldi, usato per abitazioni di diversi proprietari.
Nel 1927 compare nell’elenco delle vie del Comune di Genova, che da un anno aveva assorbito le città limitrofe per creare la Grande Genova. Allora era di 4.a categoria; ed ancora eguale nel 1933 viene descritta ‘da via C.Colombo (via Sampierdarena) a via Argine del Polcevera’ (indicazione apparentemente errata, perché ovviamente interrotta dagli edifici industriali), con civ. sino al 7 nero.
Dopo il secondo evento bellico, la zona ha subito mezzo secolo di pressoché totale abbandono, finche a maggio 1999, hanno iniziato a lavorare le ruspe.
Con la riqualificazione della zona, negli anni 2002 l’Amministrazione comunale trovò giusto dare il nome di via Fiumara al tratta che proseguirebbe via Avio verso ponente, da via Pacinotti all’ingresso del centro Commerciale, e chiamare la antichissima strada con l’aggettivo qualificativo di ‘vecchia’ (quando, a mio avviso, era meglio lasciare la antica – e non vecchia - denominazione come e dove era, e chiamare l’ultima nata – come in realtà è - ‘via nuova Fiumara’).
da satellite – 2010
anno 2009
CIVICI
2007- NERI = 1 e da 4 a 6 (manca 2)
ROSSI = da 3 a 27 (manca 1) e da 2 a 12 (manca 10)
ANTICHI Dapprima alcuni civici, non corrispondenti agli attuali.
===civ. 1 Era conosciuta come “casa Lorenzo Dufour”, in quanto abitata dal proprietario, foresto immigrato da Torino.
Però, in un “quadro statistico” del 1823 relativo all’attività manifatturiera locale, si legge esistere una «Fabbrica di raffineria di zucchero, con 7 dipendenti con mercede giornaliera di lire 1,50 e reddito netto a favore del proprietario di lire mille».
(Già la civiltà araba aveva iniziato a lavorare la canna da zucchero; ma con la sconfitta dei mori, praticamente scomparve questa produzione del sud del Mediterraneo, rimanendo attiva solo nelle colonie olandesi e francesi, ma di quasi esclusivo monopolio inglese che l’ importava via nave, con prezzi elevati. Con il blocco navale imposto da Napoleone contro l’Inghilterra, si impose trovare alternative. Per opera di studiosi tedeschi e francesi, si riuscì nella seconda metà del 1800 ad estrarre zucchero dalle barbabietole (già studiate nella seconda metà del 1500 da Olivier de Serres: “quando si bollono, fuoriesce uno sciroppo zuccherino”. Così nacque in Slesia (Polonia) il primo zuccherificio da barbabietola. Napoleone favorì e protesse il sistema obbligando il Dipartimento di Genova a destinare 400 ettari per tale coltivazione. Nel 1811 il genovese GiulioMaria Olcese sollecitava le autorità (inutilmente, anche se sulla Gazzetta di Genova continuavano le sollecitazioni a produrne) sul buon uso della coltivazione delle barbabietole per lo zucchero e per gli scarti come nutritivo degli animali e che già erano coltivazioni nei comuni di Albaro e San Pier d’Arena. In Italia, contemporanei tentativi di estrarre zucchero dalle castagne e dall’uva, urtarono contro i prezzi elevati per raggiungere risultati. Fu il regno che iniziò ad interessarsi di questo problema: nel 1833 si aprì uno zuccherificio a Sarno, Pontremoli e Verona e nel 1861 a Rieti dove, dieci anni dopo nacque la prima raffineria italiana; se ne ottenne un mercato in così rapido sviluppo che nel territorio nazionale -nel 1899- ve ne erano già 13 e -nel 1900- quasi 40, con ampi profitti fiscali per lo stato e necessità di regolamentazioni internazionali sulla produzione ed import-export..
Quindi, non proprio chiusa ma che riprese meglio organizzata nel 1828 con la lavorazione della canna grezza importata dentro cassoni di legno di carrubbo dalla Martinica, Brasile, Guadalupa. Il greggio veniva sciolto (e poi imbiancato (con nero d’osso, già preparato nello stesso stabilimento) e messo a cuocere; travasato per essere posto a cristallizzare in recipienti a forma di cono rovesciato, chiusi agli estremi e posati dentro vasi di gres. Appena cristallizzato, si faceva passare attraverso la massa dello sciroppo saturo di zucchero, raccogliendo il colato in altro vaso sottostante sino a formare pani conici che venivano fasciati e venduti).
Nel 1837 il Consiglio comunale si riunisce preoccupato per la notizia che Dufour debba sopprimere -causa ‘superiori disposizioni daziarie’- il suo opificio dove lavorano circa 70 persone; e fa domanda “a voler concedere la proprogazione ancora per qualche tempo di dette fabbriche coi primitivi privilegi...salvo sempre che non osti positiva ed inderogabile legge Sovrana...”. 1840, a seguito anche delle maggiorazioni applicate sul dazio, Lorenzo decise diversificare la produttività allargandosi ad uno dei primi prodotti chimici, il solfato di chinino.
Risale agli anni 1852 un opuscolo nel quale si legge l’intenzione di rendere la lavorazione dello zucchero in forma industriale, usando prevalentemente le barbabietole sarde. Fu l’inizio di un investimento di capitali nel settore, capaci di far proliferare detti stabilimenti, favoriti anche da sempre nuove tecniche, sia agricole che di estrazione capaci di rendere redditizio detto mercato.
Dopo il 1870, nell’era dell’industrializzazione, le aree della Fiumara furono interamente occupate da un nuovo opificio per la lavorazione e raffineria dello zucchero
I Dufour:
Il padre, Laurent I Dufour (1763-1827), era parigino, e –al seguito del conte d’Artois, futuro CarloX- fuggì in Italia a Torino, causa la rivoluzione e probabile ghigliottina. Coniuge di Elisabetta Hughues, ebbe tre figli.
Al primo di essi fu imposto il nome di Lorenzo II Dufour. Da Torino pervenne a San Pier d’Arena nel 1828 (così scriveva alla moglie, Luisa Bocca, sposata il 1824 nella chiesa di Saint Germain des Prés e con la quale ebbe tre figli a Torino e due a Genova, dopo un sopralluogo “nous nous établirons à San Pier d’Arena à un quart d’heur de Gênes. Il y a plus de grands palais dans le fauburg que dans tout Turin”) ; non sottovalutando i prezzi assai convenienti. Questi, dopo aver iniziato con tentativi di attività commerciali ed imprenditoriali; nel 1829 aprì alla marina una raffineria di zucchero, arricchita di negozio per la vendita al minuto del prodotto finito raffinato. Con lui nacque l’azienda Dufour, che nel 1832 e 1838 all’Esposizione nazionale dei prodotti e manifatture, fatta a Genova nel sett.1846, ebbe una medaglia d’argento retroattiva, con questa motivazione: “questo dotto ed industre esponente viene premiato dalla Regia Camera di Torino...”.
La raffineria sarà gestita con alterne vicende (infatti dopo appena 11 anni dovette chiudere per problemi di dazio sulle importazioni).
Infatti, seguendo la storia aziendale, si segnala che nel 1840 circa, preferì chiudere questa produzione per dedicarsi ad altre grosse speculazioni:
---Nella decade 1840-51 LorenzoII tentò la strada armatoriale, investendo in velieri e trasporti marittimi;
1903 - scarico di tronchi di quebracho réclame dei Dufour sul Pagano del 1902
ed anche dedicandosi all’edilizia (con i profitti poté acquistare nel 1851 parte del colle a monte di via Balbi e farvi costruire tre grandi palazzi in zona centrale; e poi (1870) altri nella zona di Carignano ed altre proprietà immobiliari sparse per la riviera);
---più importante, nel 1843 aprì usando la vecchia raffineria, allargata al civ.3, una impresa chimica per la fabbricazione del solfato di chinino e del citrato. Anche questa fabbrica fu premiata con medaglia d’oro all’esposizione mondiale di Londra, del 1844 .
Tale fabbrica è descritta essere posta in Sampierdarena ed impiegare 25 persone, preparando grandi quantità -in once- all’anno, rimarcando che se fosse maggiore lo smercio potrebbe produrre il doppio. La qualità del prodotto superava non solo in bellezza quello delle altre fabbriche e godeva di un favorevole prezzo di vendita ridotto del quattro- sei per cento. Altro pregio che lo distingueva da quello delle altre fabbriche, era la gran leggerezza: a volume eguale pesa la metà meno”.
Dei cinque figli di Lorenzo II, Maurizio secondogenito abbandonò il solidalizio familiare (vedi sotto) ed Amalia ultimogenita la quale secondo antica prassi sarà esclusa dall’attività. Gli alttri tre uscirono laureati, rispettivamente: il primogenito Lorenzo III in ingegneria; Carlo in chimica e Luigi in medicina; gli ultimi due con ampie nozioni di botanica. I tre, proseguirono l’attività paterna (chimica ed edilizia) cambiando solo la ragione sociale da ‘Lorenzo Dufour ’ a ditta “soc.an. fratelli Dufour” allargando la produzione al sapone ed acido citrico.
Nel 1853 morì Lorenzo II.
Della produzione dei sali di chinino, da una produzione di 220 kg/anno nel 1844, nel 1853 arrivarono a 336, nel 1863 a 577, migliorando la produzione anche qualitativa ed inserendo nel 1862 la produzione della mannite.
Nel 1869 l’azienda aveva già travalicato i limiti locali della Genova economica, ed iniziava ad essere nota in tutta Italia essendo il farmaco diffuso in tutto il regno rendendo un mercato di 330mila lire annue; in quell’anno aveva 20 operai e con macine, lambicchi e caldaie produceva 12mila600 kg/anno di chinino e mille di mannite. L’uso dei prodotti trovò crescente sviluppo negli anni dal 1840 al 1870, dopo il quale ebbe invece un calo, da crisi del mercato e da concorrenza.
Con alti e bassi, la solidità dell’azienda raggiunse ottimi livelli con l’inserimento della nuova generazione Dufour negli anni seguenti. La fabbrica sampierdarenese occupava un centinaio di operai
I fiorenti affari permisero il trasferimento dell’abitazione e l’acquisto di terreniper la fabbriche a Cornigliano
Negli anni 1870 la famiglia allargò di nuovo i propri interessi, sia creando la Dufour-Bruzzo (importante famiglia imprenditoriale genovese inserita, con la propria azienda collocata nelle vicinanze dello zuccherificio, nel mercato della produzione di olio da semi: nel 1874 aveva 30 operai) sia divenendo poi possessori di sei navi a vapore, e sia entrando soci nella Fabbrica Lombarda di prodotti chimici (che però fallirà dopo pochi anni). Il nome è a questo punto una realtà solida e radicata nella società genovese.
Nel 1883 tornarono ad investire nell’armamento navale, interessandosi anche per tre anni (dal 1889) di una ferriera senza perdere d’occhio l’impresa chimica e le imprese di costruzioni in territorio di Cornigliano nel 1899.
Nel 1902 si costituì l’accomandita ‘fratelli Dufour’, due fabbriche per produzione di estratti concianti le pelli, regolamentate e commerciate dalla milanese Dufour-Lepetit (ancora nel 1941 una fattura reca intestata “S.A. Dufour-Lepetit / sede a Milano – Stabilimento a Genova-Sampierdarena”) e di lamierino. Così che in quegli anni erano interessati tutti i membri della famiglia e sempre si lavoravano mannite, tannino, nonché -da colonie in Amazzonia (200 km² a Chaco ove costruirono una fattoria con bestiame, una segheria ed una ferrovia dalla foresta al mare. Tutto fu rivenduto dopo sette anni trovando più conveniente comperare il legname dai successori e lasciare una agenzia a Buenos Ayres)- gli estratti di quebracho (legno dell’Amazzonia, utilizzato per una loro conceria aperta a Borzoli) e radici della pianta di liquirizia (da quest’ultima produzione sperimentata dapprima nello stabilimento di San Pier d’Arena, nacque poi a Cornigliano la fabbrica delle prime caramelle che furono contrassegnate dal giglio di Francia dell’avo, e che divennero vanto nazionale). Nel 1971 la fabbrica chimica fu liquidata ed il marchio ceduto. In quegli anni ed ancora nel 1914, risultano impegnati nel noleggio di velieri per il trasporto del legname da Santa Fè (preferiti ai vapori, perché più maneggevoli e pratici, e – forse più economici essendo vicini all’abbandono costruttivo).
In sostanza sino alla prima decade degli anni 60 li vediamo partecipi nel settore prevalente armatoriale, immobiliare, chimico, alimentare, e con interessi nel metalmeccanico, tessile e servizi pubblici. Nel 1971 viene ceduta la società chimica, seguita dalla farmaceutica e conceria. Solo le caramelle ancora nel 1975 acquistano il marchio americano Elah; ma nel 1982 anche questo settore chiuse, dopo 154 anni di attività familiare.
I SINGOLI DUFOUR:
Lorenzo I e II già descritti sopra.
=3ª generazione
=Lorenzo III, colpito da tbc, morirà precocemente nel 1867 a 42 anni. Ciò malgrado, enorme è la traccia lasciata, sia in famiglia (quattro figli: Lorenzo IV, Gustavo, Alessio e Chiara), nella amministrazione pubblica (sindaco di Cornigliano per quattro anni, tracciò un piano regolatore, donò un appezzamento terriero col fine di creare uno raccordo tra strada Aurelia e mare, obbligò a regolare l’elevazione in altezza delle case con corrispondente allargamento dell’area verde intorno al palazzo; consigliere ed assessore di Genova;
=Maurizio secondogenito, laurato in legge, non seguì l’attività industriale del padre. Si iscrisse all’Accademia delle Belle Arti, dedicandosi alla pittura, ebanisteria e progettista architetto potè competentemente dedicarsi al restauro/ricostruzione di molti edifici religiosi in Liguria. Fu ancor più presente nell’opera di volontariato, fecondo sia come elargizioni, sia come presenza nell’organizzazione di molte opere assistenziali e sindacali cattoliche.
=Luigi Dufour genovese quartogenito, nato 1830, decedette il 20 gen.1901, fu un grande benefattore delle opere pie cittadine (tipo ist. don Bosco).
==4ª generazione
==Lorenzo IV chimico, non ebbe prole, e fu quindi l’ultimo a portare questo nome.
==Alessio collaborerà alla conceria con Jean. Non ebbe prole
==Gustavo 1857-1945, divenne ingegnere navale; sposando una cugina Anna, unico tra i fratelli maschi ebbe prole; dieci figli dei quali due (Alfredo e Luigina) morirono precocemente; gli altri furono Jean, Alfredo, Alfonso, Maria, Emma, Luigia, Carola, Alessio (sacerdote). Industriale, attivo nelle cooperative edilizie negli anni 1900, nel 1926, si introdusse nell’attività dolciaria aprendo una fabbrica di caramelle ed affidandola ad Alfonso. Abitava in via Balbi; nel 1938 aveva pubblicato un libro su Cornigliano. Morì nella villa estiva di Cornigliano nell’ago.1945
===5ª generazione
===Jean, il primogenito, laureato in chimica farmaceutica, nella guerra 15-18-sergente- fu catturato prigioniero e portato in Germania. Al ritorno si occupò assieme ad Alessio della conceria. Rimase senza prole.
===Alfonso, terzogenito di Gustavo, laureato in chimica, nella guerra 15-18 quale ufficiale, fu catturato a Longarone e finì in Boemia a Theresienstadt. Tornato, si sposò ed ebbe due figli. Assunse la carica di direttore del settore dolciario, la “Dufour caramelle” che adottò il simbolo di san Giacomo, patrono di Cornigliano ed il marchio del giglio francese (simbolo di purezza: trasferito ad un alimentare, fu una trovata geniale) che re Luigi XVIII nel 1814 aveva concesso al bisnonno Laurent I. L’azienda arrivò ad avere poco meno di 300 dipendenti; ebbe il premio nazionale Mercurio d’oro.
L’enciclopedia cita un Giuseppe, un Angelo ed un Carlo non collocabili nell’albero familiare per mancanza di informazioni
Nella casa abitarono (qui trasferiti dalla “strada Nuova” cioè da via Pacinotti) anche John Wilson ed Alexander Maclaren, costruttori di un’altra fonderia, dapprima piccola ma poi più grossa, quando dovettero trasferirsi al Campasso, avendo l’Ansaldo fagocitato i loro terreni, specie lo sfogo sul mare (per creare il suo vasto stabilimento Meccanico e, poi - prospiciente sulla strada- il proiettificio (dal 1915), smantellato nel 2002).
===civ.2 c’erano gli Oleifici Liguri-lombardi (con depositi tra i più grandi d’Europa).
===i civv. 3,5,7,9 posti a mare della strada ed adibiti ad abitazioni, furono acquisiti dall’Ansaldo e distrutti per allargare l’attività produttiva. Stessa fine fece il ‘palazzotto Rolla’, posto a nord della strada.
===civ. 17r nel 1950 c’era Calvi G., l’ultimo negoziante locale rivenditore di legna, carbone.
===Oltre, i caseggiati delle fonderie.
ATTUALI
==civ. 4 dal 2004 questo settore dell’ex proiettificio è occupato dalla ‘Agenzia delle Entrate’.
==civ. 6 fa anch’esso parte della strada;
dal civ. 8 è ora via Operai
BIBLIOGRAFIA
-Archivio parrocchiale della Cella- anno 1820-50 .
-Archivio Fondazione Ansaldo scatola 296
-Archivio Storico Comunale
-Archivio Storico Comunale Toponomastica -scheda 1824
-A.sconosciuto-Dattiloscritto parrocchia s.Gaetano-Bosco-pag.107
-AA.VV.-Annuario-guida archidiocesi- ed.94-pag.405—ed./02-pag.443
-AA.VV.-Il mutuo soccorso-Ist.Mazziniano.1999-pag.312
-Bulferetti&Costantini-Industria e commerc. in Li.-BCI.1966-p.63.306-423
-Castronovo V.-Storia dell’Ansaldo-Laterza.1994-vol.I-p.104foto.147
-Ciliento B.-Gli scozzesi in piazza d’Armi-DeFerrari.1995-pag.32.38
-DeLandolina GC.-Sampierdarena- Rinascenza.1922-pag.41
-Doria G.-Investimenti e sviluppo econ. a Ge.-Giuffré./69-vol.I- p.391.395 - /73-vol.II-pag.754.759
-Doria.Favretto-Sampierdarena 1864-1914 mutualismo e...-Ames.05-p.81.159
-D’Oria S.-Sampierdarena San Teodoro-DeFerrari.2001.pag.26.61
-Falcone G.-Annuario della Prov.di Ge.1869/70-Ferrando.1870-pag.279
-Gazzettino Sampierdarenese. : 2/81p.3 + 5/93.7 + 7/93.4 + 5/95.8 + 7/98.3 + 10/04.10 +
-Gazzo E.- I 100 anni dell’Ansaldo- Ansaldo.1953- pag.332
-Il Secolo XIX : 20/1/98 + 3/6/98 + 6-21/8/98 + 9/9/98 + 12/11/98 + 28/2/99 + 6-13/3/99 + 12-22/5/99 + 27/6/99 + 26-28/8/98 + 30/9/99 + 5-7-30/10/99 + 4/11/99 + 14/5/00 + 1/7/00foto + 9/9/00 + 15/5/02 + 7-21-22-27-28/9/03 + 19-21-22-27-30/10/03 + 7-22/12/03 + 10-18/1/04 + 9-10-11-13-14/3/04 + 24/2/05 + 9-30/4/05 +
-Novella P.-Strade di Genova-Manoscritto.b.Berio.1900-pag.17.32
-Pagano/1933-pag.246---/1961-pag.208
-Pastorino P.Viaggio sentimentale nella GGenova-DeFerrari2007-pag.71
-Pastorino.Vigliero-Dizionario delle strade di Ge.-Tolozzi.1985-pag.694
-Pittaluga&Signorelli-L’epopea del gas-Erga 2009-pag.30
-Poleggi E.-Iconografia di Ge. e delle...-Sagep.’77-p.2ªcopert.56.81.112.123
-Poleggi E. &C-Atlante di Genova-Marsilio.1995-tav.33
-Raffellini R-la Sala Rossa-Erga.2002-pag41
-Ravecca PR.-dal Golfo di Priano alla…-Grafica LP.1983- pag.64
-Remondini A&M -Parrocchie dell’archidiocesi...-1897.vol.11.pag 129
-Rovere A.-Le carte del monastero di s.Benigno-SocLStPat.1983-pag.8.12
-Stringa P.-La Valpolcevera-Agis.1980-pag.95.104
-Tuvo T.-Sampierdarena come eravamo-Mondani1983-pag.251.256foto
-Tuvo.Campagnol-Stor.di SPd’A.-D’Amore.’75-p.152.160.167.192carta.194.198