Si intendono sia la strada vera e propria, e sia la descrizione di essa con la spiaggia. Perché fondamentalmente, rientrava nella parlata generale che, andare “a-a mænn-a” significava globalmente andare a questa strada, e da essa al mare.
Della strada, è il primo nome dato all’attuale via San Pier d’Arena; finché – presumo nella seconda metà-fine del 1800 - non le fu dato il titolo di via Cristoforo Colombo (vedi). Le case poste a mare della strada, sono praticamente poste dove iniziava l’arenile (infatti, per le prime ad essere erette, dovettero chiedere il permesso al demanio o direttamente al re) e ne occuparono un terzo circa (infatti, a mare di queste case rimaneva uno spazio di ciottoli e sabbia pari a doppia profondità delle case).
Della marina, poiché nei tempi antichi, in tanta parte, quando la zona era così chiamata popolarmente (sovrapponendosi a dove oggi scorre Lungomare Canepa - molte notizie vanno confrontate con quella via), tutta era ... sott’acqua.
Una strada lungo il litorale sicuramente può competere in anzianità con quelle formalmente riconosciute come “le prime”, ovvero la prima, l’Aurelia (attuale via alla Porta degli Angeli-salita Bersezio) e seconda quella ‘interna’ (il nome più antico fu via De Marini).
Nacque considerato appunto l’ attività marinara e poi cantieristica del borgo, e l’ovvia necessità quindi di spostarsi lungo la spiaggia essendo l’interno occupato da orti e poi dai giardini delle ville.
Quando nell’89aC Roma concesse ai genovesi essere ‘cives romani’, assieme ai diritti, in cambio chiese a Genova di armare delle navi e curare la difesa ed il traffico sul mare: nacquero cantieri su tutte le marine viciniori alla città favorendo la già spontanea dedizione locale al mare ed ai viaggi, e la nostra spiaggia in particolare per un più facile sbarco del legname necessario. Plinio il vecchio cita delle colonie genovesi nel Ponto ed in Palestina esistenti già 60 anni prima della nascita di Cristo; ed è da quei tempi – e durato fino agli inizi del 1800 - che navigare e fare anche pirateria divenne agire comune e riconosciuto ufficialmente da tutti.
Intorno al 1100 e per qualche secolo a posteriori, viene descritto il progressivo ed inspiegabile fenomeno di arretramento del mare: medialmente di 5-600 metri; in alcuni tratti della costa ligure, di 1200. Non ci appare abbia interessato in forma evidente il nostro borgo: tenuto conto della nascita della chiesa della Cella, e della marina con i bagni dell’inizio del 1900, ma sicuramente ne risentì di più in zona Fiumara.
Dal XII secolo nacquero sulla spiaggia i principali cantieri navali della Repubblica. Altri ne aveva sia nel proprio territorio (a Sarzano e Fontanella ma purtroppo sacrificati nello spazio seppur col vantaggio dei migliori artigiani ed imprendtiori) e sia a Portovenere (levante) ed a Arenzano-Varazze (ponente) . Ma San Pier d’arena offriva su tutti innegabili vantaggi economici e funzionali: spiaggia, vicinanza, entroterra boscoso (specie di rovere), non limiti di stazza.
È datato 1221 un atto notarile per cui la fam. Oliverio di Sestri alla presenza di testimoni, “promettono di consegnare in Sampierdarena a Bonagiunta Caldino,60 tavole lunghe 10 cubiti, larghe 1½ palmo e dello spessore di due dita”. Potrebbero essere state utilizzare per qualsiasi attività, anche cantieristica.
Non c’è data nella promessa di fornitura di una carena di goe 29 (=m.21,75) da parte di Rubaldo Moro di Ceranesi, da dare ad Ansaldo Rabaldo ed Opizzone Arabite sampierdarenesi. Sappiamo che nel XI e XII secolo folti erano i rovereti dell’entroterra genovese, e che le forniture erano rapide: in 15 gg. si aveva il materiale alla marina; non stagionato ovviamente perché essa dipendeva da chi acquistava; praticamente in quegli anni possiamo affermare che pochissimi erano i cantieri mediterranei con il vantaggio di foreste così vicini (a seguire, divennero famosi i legni del m.Beigua e delle vallate anche d’oltregiogo (Polcevera e Orba).
Il 27 luglio 1242, avendo i Pisani (AnsaldoDeMari e l’ammiraglio pisano Busacarino, in nome dell’imperatore FedericoII e dei genovesi Mascherati fuoriusciti) conquistato PortoVenere e posto in assedio Levanto, Genova accorse in aiuto: prima di partire fecero davanti alla nostra spiaggia un raduno di galee e taride ornate di guerra ed il podestà di Genova ne fece rassegna davanti una moltitudine di folla ‘ad jocunda visio et moltitudo quod in tota plaza nullo modo stare poterant’. Poi si trasferirono al Bisagno da dove andarono in s.Lorenzo a ricevere le insegne di sanGiorgio e la comunione. Al 4° giorno andarono a liberare gli alleati, disperdendo per mare (conquistando una galeotta, della quale molti soldati preferirono morire annegati anziché prigionieri; i Pisani si vergognarono di rientrare a Pisa e –più veloci- navigarono al largo) e per terra gli assedianti. Mentre la flotta genovese era a levante, il figlio di DeMari, Andriolo, tentò entrare a Genova; ma poi con 57 galee si rifugiarono a Savona. Cosicché il 21 ago la stessa armata di sopra composta di 83 galee ed altri legni armati si ritrovò di nuovo davanti la nostra spiaggia, con mèta Savona. Ma i pisani, ancora fuggiti verso ponente costrinsero i genovesi inseguirli ed a distruggere Albenga ed Andora, alleate dei savonesi finché con alterne vicende il DeMari fece vela verso la Sicilia.
Nel 1248 gli eventi pressarono nuovamente Genova: Federico era ad assediare Parma (ove erano 90 balestrieri genovesi), mirava poi scendere a Genova, e temeva le navi che sulla nostra spiaggia si stavano varando numerose perché avrebbero potuto ospitare il re di Francia Ludovico ed andare a soggiogare la Sicilia. Il podestà era attento a queste costruzioni navali che in pochi mesi portarono ad essere 32 le galee disponibili, ma nel frattempo Federico venne sconfitto a Parma e tutti i suoi alleati diminuirono le velleità
Un atto notarile datato 25 marzo 1254 descrive la vendita per L.11, a dei siculi, da parte di un cittadino sestrese, della barca con 7 remi, chiamata ‘s. Stefano’ e che è arenata sulla nostra spiaggia.
Tutti questi avvenimenti, avvertono il Senato della Repubblica dell’importanza di essere forti sul mare: abbastanza riparati dagli Appennini, i problemi potevano provenire solo dal mare. Da qui la decisione di avere sotto controllo tutti gli approdi vicini. Se questa politica accentratrice poteva portare povertà ai piccoli centri sparsi per la Riviera (Portofino, Rapallo, Camogli a levante; Voltri, Varazze, e ... Savona e Noli a ponente) per mamma Genova era il prezzo da far pagare per avere sicurezza. Ne seguì attenta eliminazione di tutte le attrezzature nei centri – fuori riviera, ma anche e più facile da controllare nel Dominio - che potessero portare concorrenza commerciale al porto (situazione definita “egoismo genovese”).
Il 3 dicembre 1342 la sestrese Bertola Rossi viene costituito patrono di una delle 15 galee, armate sulla nostra spiaggia e messe al comando di Pietro Boccanegra.
A fine secolo 1300 è stata documentato l’uso della ‘sabbia di Samperdarena’ per comporre la malta cementante i mattoni del Battistero della cattedrale di s. Lorenzo a Genova (-non è specificato se sabbia della marina o del torrente Polcevera; dopo prelievo di campioni di malta, nel 2010 furono sottoposti ad esami chimici ed analisi mesiocronologiche e mineralogico-petrografiche, capaci di dare con buona attendibilità la derivazione e la datazione. L’uso di questa sabbia si protrasse sino al XIX secolo, anche se progressivamente da dopo il 1500, venne usata invece la ‘sabbia padana’).
Durante il XV secolo, la spiaggia è ospite di intensa attività cantieristica (il cantiere è più spesso un modesto tratto di spiaggia con 10-15 lavoranti (operai e maestri d’ascia) e solo alcuni elementi: lo scaro (ovvero in latino lo scharius -la struttura di base per sostenere il bastimento- da cui scalo, bighe per sollevare pesi ed una baracca-magazzino; il vero problema era il rifornimento del legname da reperire prima nei boschi vicini della val Polcevera –per ridurre la spesa- poi infine dal Sassello fino alla Corsica e Norvegia; considerato i mezzi di trasporto): il maggiore centro operativo della città, specie per navi di più grandi dimensioni, sia private che della Repubblica. Jeers cita che nel ventennio 1447-1465 furono varate ben 25 navi di grande tonnellaggio, col record di 5 scafi in un anno. Il borgo offriva anche ospitalità alla manovalanza, incrementando così la residenzialità e la continuità produttiva ( da qui il toponimo ‘scalandrino’ alla zona della Coscia.
Un atto notarile del 11 giugno 1416 cita: “In San Pier d’Arena – nell’orto di Aregordo di Grondona - Bertono di Venuta qm. Antonio di Lavagna, dichiara di aver comprato da Antonio de Pasqualino qm Pasqualino, al prezzo di lire 100, un battello con nove remi, un timone, trenta pezzi di corda, quattro barili e dodici fornelli. In tutte queste cose ed opere egli è partecipe e rimane partecipe per la quarta parte, sottratta la quale, restano lire settantacinque, che promette di dargli prima di Pasqua per le tre quarti parti del prezzo delle sopradette cose e merci vendutegli”.
Il 30 agosto 1442 il doge arrivò ad ingiungere ai fornai locali di vendere, previo pagamento, 60 cantari di biscotti al nobile Domenico Doria, patrono di una galea, indipendentemente dagli impegni presi con qualsiasi altro padrone di nave.
Tra le ordinanze, importanti sono quelle mirate a ‘preservarsi dal contagio rinnovato alla Pietra’, del 29 marzo e 10 aprile 1476 dell’Ufficiò Sanità secondo la quale “nessuna persona di qualsiasi stato e dignità, abitante in ‘villis Sancti Petri Arene’ osi ricevere sulla spiaggia barche, leudi o altri navigli, della riviera occidentale, senza licenza del prefato Ufficio”.
Solo nel XVI secolo, affermata la supremazia dominante del porto di Genova, si iniziò a concedere convenzioni ed una certa libertà di commercio ai centri rivieraschi, pur sempre con un non discreto controllo perché gli interessi della Dominante non venissero intaccati. Possiamo dedurre che è da allora, anni 1520-50 che la Marina divenne anche approdo per commerci più interessanti ed autonomi (olio sopra tutti).
Un documento datato 1627 parla di una sfida (“regattare vicino alla spiaggia”) tra due imbarcazioni che era stata fatta nell’agosto dell’anno prima al largo della marina di San Pier d’Arena: già esistevano regate e regole per una gara in barca a vela. Fu tra il liuto condotto da Ghiglino Francesco (con ciurma, ma di proprietà di patron Batta del Pino), e la feluca di Ghezzo Pietro (con marinai il figlio GB e Piccaluga Batino). La regata degenerò poi in rissa, per presunte scorrettezze del perdente. É all’archivio di Stato, relativo al provvedimento preso dal Capitano di Polcevera: Pietro fu condannato a 15 lire poi – essendo tutti poveri - ridotte a quattro, suo figlio GB da trenta a otto, Batino da 10 a tre lire.
Datata 1637 l’immagine del borgo ripreso da Alessandro Baratta nel quale si legge “S.Piero d’Arena loco di delizie con bell.mi palazzi e giardini”.
Il 3 giu.1757, un perito del Comune segnala aver “visitato oggi alla spiaggia del mare la strada , molto rosa e rovinata dal mare: il danno comincia dal giro delle carrozze e termina dal ‘pontetto’ sovrapposto al fossato di san Bartolomeo, talmente che a tratti è impraticabile per le carrozze e appena a piedi asciutti vi si passa , quando calmato il mare, non arriva con l’onde a percuotervi ed allagarvi. Solo libecci e maestrali l’accrescono ma ora che all’imboccatura del torrente Polcevera sono stati fatti i moli che così allontanano dal corso antico le zavorre ed arene, la spiaggia non usufruisce e deve essere con l’arte accresciuta e riparata”. Così la Comunità di San Pier d’Arena, ordinerà ai minolli di non prelevare più lungo la marina e prendere la sabbia solo vicino alla foce del torrente, ‘dove l’illustrissimo Deputato al porto, porrà per limite, due pilastri’ .
Un proclama dei Padri del Comune, della Serenissima Repubblica di Genova, datato 5 ott.1758, si fa carico provvisorio - da rifarsi sui cittadini abitanti sul tracciato che dovranno concorrere alla spesa - di ristorare ed accomodare le strade del borgo resesi impraticabili, avvalendosi di una apposita legge, addirittura del 29 ott.1481.
Ed è del 7 lug.1759 una supplica affinché venga accomodato un piccolo ponte, “rovinato in modo da potersi temere qualche grave disordine e pregiudicio de viandanti” posto sul torrente tra la casa del magnifico De Franchi Giuseppe e quella del magnifico Pallavicino Alessandro; e nel frattempo, “si raccomanda il raccomodo della strada della Marina”.
E’ del 16 ago 1760 una lettera al Serenissimo Senato, denunciante che nella zona fiumara, per alimentare i mulini dei magnifici fratelli Crosa, l’acqua non bene incanalata, alla marina rende impraticabile la strada che porta al Ponte, impedendo il transito delle carrozze. Ai Crosa fu ordinato costruire appositi muretti di contenzione.
In altra lettera dello stesso periodo, da Rivarolo, il 13 ott.1760, “si implorò anche l’allargamento in più punti, della strada della Marina, ora assai stretta ed angusta, sulla quale si verificano spesso scontri di carrozze”.
Abile costruttore navale con cantiere sulla spiaggia, fu Francesco Casanova (1778-1848).
da PD Cambiaso – la spiaggia nell’ ‘800
scaricatori sampierdarenesi con abito adeguato
la Marina nel primo anno del 1900
In alcune carte del periodo napoleonico, la ‘grande strada della Marina’, diviene genericamente parte della “ Route Impériale de Paris à Rome” .
Il 14 luglio 1809 nella mattinata, da una feluca proveniente da Quarto sbarcò sulla spiaggia papa PioVII. Prigioniero dei francesi e proveniente da Roma, detronizzato da Napoleone che lo aveva posto in esilio, fu portato subito, senza subire sosta, a Campomorone e poi a Savona con meta Fontainebleu. Abdicato Napoleone il 6 apr.1814 ripassò -stavolta trionfalmente per il borgo fino a Campomorone- (53 colpi di cannone dal molo Vecchio, carrozze a sei cavalli, Carabinieri reali, per la strada e dalle case fiori e drappi, arazzi e tappeti) per tornare a Roma.
Con l’annessione al regno Sardo, la strada ancora non aveva nome: e valeva quindi chiamarla ‘la marina’. Lo stato piemontese, quando iniziò a porre delle riparazioni, iniziò a chiamarla ‘strada reale’ ma senza ufficialità, e tale durò fino a che tale titolo fu spostato ad altre nuove strade (vedi ‘strada reale’)
Su una lunga lettera, datata 25 febb.1815 ed indirizzata da Ippolito Cremonese (impresario a cui erano stati affidati dal Magistrato i lavori di riassetto della strada) ai “Signori componenti la Regia Delegazione degli Interni“ si legge, “…desideroso l’ultimo governo genovese di conservare la nuova comunicazione che alla sortita della porta della Lanterna si estendeva lungo la spiaggia di San Pier d’Arena, aperta dal governo francese nell’estate 1813, ma che dalle burrasche di mare era stata sensibilmente danneggiata, in specie nel muro di sostegno formante la curva che parte dal muro dell’antica strada, diede le opportune attribuzioni al Magistrato dell’Interno, il quale mi incaricò delle necessarie riparazioni. Mi accinsi all’opera al principio del mese di novembre scorso e seguitai con vario successo sino alla fine dell’anno scorso, basando il mio lavoro sul piede di lire 58 alla cannella (cm.297,7) come piacque degnarsi di stipulare meco il prefato Ecc.mo Magistrato. Nuove tempeste produssero nuovi danni; s’ingrandirono le breccie (sic) già esistenti nel muro, se ne formarono delle altre e quel che è peggio disparve il lavoro da me fatto nonché i materiali che avevo fatto trasportare ai piedi dell’opera. In tal stato di cose feci ricorso a Sua Eccellenza il Governatore Militare inglese Dalrymple, decorato in allora d’ogni più ampio potere, il quale, intesa la mia domanda, m’ordinò di soprassedere ad ogni lavoro e ordinò una perizia delle spese già. da me fatte. Questa commissione fu affidata al signor Barabino, luogotenente del genio militare; colla massima puntualità e delicatezza furono verificate, in mia compagnia, danneggiamenti misurando le imprese fatte dal mare nel muro e tenendo conto dei materiali esistenti sul luogo, senza però aver nulla di motivato intorno al prezzo che, suppongo, figurerà nel rapporto che il signor Barabino ha fatto nel rapporto …(sic ed omissis )….
In altro documento firmato dal neo sindaco Antonio Mongiardino nel maggio 1817, si legge l’esistenza della “strada della Marina” (il Gazzettino S. riporta la spiegazione “che dal Palazzo del Vento porta a Cornigliano, ma è scorretta: la strada della marina arrivava da san Benigno al palazzo del Vento (anche abitazione dei Dufour); e non da esso al ponte.
Più futile la lettera del sindaco all’Intendente Generale del 1819, mirante a far rimuovere dalla strada i paracarri posti davanti alle abitazioni, fonte –di notte- di traumi e cadute dei pedoni o ribaltamento delle carrozze. L’anno dopo, in agosto, la popolazione viene avvertita che ’alle 8 di mattina transiterà da questo regio borgo Sua Maestà il Re colla sua Augusta Famiglia’: andranno a Genova a fare i bagni.
Nel 1825 vi avvenne parte di una sfilata militare davanti al re (vedi descritta a Piazza d’Armi).
Nei documenti che riguardano la preparazione al tracciato ferroviario, datati nel periodo 1840-50, la strada a mare viene chiamata “strada Reale a Torino” e, dopo la costruzione della strada ferrata, per distinguerla dalla neonata affiancata detta “nuova strada Reale a Torino (poi via Vittorio Emanuele; ed ora via G. Buranello”), viene definita “vecchia strada Reale a Torino”.
Ufficialmente risale al Regio Decreto del 1857 la prima denominazione di questa strada con questo nome: così viene chiamato tutto il tratto dalla Lanterna al Ponte di Cornigliano (sia passando dalla Crociera che dalla Fiumara)
Il lungo stradone, ancora in terra battuta, fu diviso in quattro parti consecutive: via Galata (la prima; dalla casa Lanzetta della Coscia, alla casa Morando di Crosa Larga); via C.Colombo (da lì. fino al Canto, alla casa Ferrando); via Nuova (dal canto al Ponte via Crociera); via della Fiumara (dal Canto al Ponte, via estuario del torrente).
Negli ultimi anni del 1800, le verrà per la prima volta affidato il nome preciso di via Cristoforo Colombo.
da PD Cambiaso – nell’ ‘800-olio su cartoncino 32x18
Henry Parker, particolare di acquerello datato 1822 Di case, c’è solo la palizzata a monte
Nel 1830 fu scelto costruirvi (ed ebbe assegnato il civ.14) il Teatro Ristori.
Re Carlo Alberto quale proprietario del Demanio, concesse gratuitamente il terreno (di fronte allo sbocco di via Gioberti) a 56 capi famiglia che, con richiesta presentata in comune il 7 nov.1831, ed accolta il 27 gen.1832 dal sindaco Gnecco, avevano fatto progettare all’arch. Angelo Maria Scaniglia l’erezione sull’arenile del teatro Nuovo (nel terreno interposto tra la casa Lavagnino ed il magazzino di DeLucchi, dopo aver avuto riguardo per gli scali delle imbarcazioni e della contemporanea inutilità del luogo).
Unico vincolo da parte reale, era che si utilizzassero maestranze di “poveri operai”.
Inaugurato il 28 ago.1833, fu dapprima chiamato “teatro nuovo” finché, poco dopo intitolato all’attrice Adelaide Ristori; mentre -essendo la decorazione interna prevalentemente di colore rosso- ben presto venne soprannominato “o rossiggiu”. Aveva 600 posti; con tre ordini di logge o barcacce, ciascuno con 19 palchetti; con addobbi signorili ed assai eleganti; con un sipario affrescato da Giovanni Fontana (1705-1837, autore anche per il Carlo Felice) raffigurante “Alcide al bivio”.
Impresario e costruttore fu Lorenzo Scaniglia mentre proprietari e gestori furono gli stessi 56 palchettisti (un palco per ciascuno + quello reale centrale; il Comune aveva trovato ‘decoroso’ far acquisto –per la cifra di £.500 di una loggia per uso della Comunità, posta in seconda fila al n.10).
Nella serata inaugurale, vennero rappresentati con scroscianti applausi finali “L’Elisir d’Amore” di Gaetano Donizetti e “L’Orfana di Ginevra” di M.Ricci; in particolare furono festeggiati la voce esordiente del soprano Aman e del tenore Antognini.
Nel 1834 fu richiesta (dai direttori del Teatro: Francesco Mazzini, Stefano Tubino, Bernardo Conte) l’autorizzazione ad espandere l’edificio verso ponente, al fine di migliorare la qualità dei camerini; concessa nel 1837 purché 1° la fabbrica fosse parallela alla ‘Strada Reale’; 2° fosse costruito un condotto sotterraneo –largo m.1 e alto 040- per lo sfogo dell’acquedotto della crosa di s. Antonino; 3° a piano terra vi fossero serramenti che si aprono verso l’interno e con innanzi alle porte una pietra che però non sia di ostacolo allo scolo delle acque; 4° nel costruire non si occupi la strada né ingombrarla con ponti, depositi di materiali, carri etc. etc.
Il successo -legato anche al fatto di essere stato il primo teatro popolare del ponente, dando prestigio a San Pier d’Arena- , durò però troppo poco: dall’apertura del teatro Modena nel 1857 iniziò una progressiva e lenta decadenza, finché nel 1884 fu chiuso e messo all’asta. Il compratore preferì farlo abbattere, per costruire al suo posto delle più redditizie abitazioni.
In questi anni di fine secolo, il nome di Cristoforo Colombo dato alla strada, era consolidato nel commercio e negli atti ufficiali. Ma per la gente, ancora per numerose decadi, rimase “La Marina” (A mænn-a), coinvolgente la strada con la spiaggia.
Dopo il 1900, la marina iniziò ad essere ‘invasa’ dagli stabilimenti industriali: nel 1906 fanno domanda al Demanio di occupazione delle spiaggia, sia la società OEG che la soc. Molini Liguri; nel 1908-10 l’apertura della galleria carreggiabile del Faro munita di cunicoli specifici per l’Union des Gaz ed Acquedotto, aperta dall’impresa soc. Anonima Lavori del Porto; nel 1909 domanda per l’impianto di binari per i tramway elettrici; nel 1914 il CAP costruirà un ‘pennello di scogliera sulla spiaggia’; e nel 1916 (c’è la guerra) sarà l’Ansaldo a chiedere spazi più ampi per il proprio stabilimento navale.
Tutta la lunga spiaggia, specie di domenica era punto di partenza ed arrivo di innumerevoli gare in mare: di vele, di remi, di nuoto. Non l’unico sport praticato, ma certamente il più seguito prima che ’esplodessero’ il calcio, ciclismo ed altri.
con docks
quadro di Scrivani Mario
cantiere di demolizione foto proprietà della biblioteca Gallino
via Pietro Chiesa anno 1910 circa
iniziano i bagni; primi, i Margherita alla Coscia
completato il riempimento.
1926 - scompare La Marina, subentra il Porto
BIBLIOGRAFIA
-Assereto G.-Le metamorfosi della Repubblica-Ferraris 1999-pag.100
-AAVV-Archivio storico del CAP-Sagep.1993-pag.314
-AA.VV.-La pittura a Genova ed in Liguria-Sagep.1987-pag.40
-Caffaro-Annali genovesi-Pagano1928-vol.V-pag.206
-Ciciliot F.-Le superbe navi-Sabatelli 2005-pag.41-2.10
-Corriere Mercantile: riedizione “ha 150 anni.
-Gatti L.-Navi e cantieri della Repubblica-Brigati.1999-pag.20
-Gazzettino Sampierdarenese 7/93.4
-GiacomonePiana P.-Il Ponentino, mensile n.9/1904-pag.3
-Montagni C.-Il battistero di sanGiovanni in sanLorenzo-2010-pag104
-Patrone&Blengino-La Liguria di Ponente nell’800-Ecig 1984-pag.45
-Quaini M.-i boschi della Li-Rivista Geogr.Ital.-LXXV 1968 –p. 508
-Ragazzi&Corallo-Chiavari-Sagep1982-pag.40
-Ravecca PR-dal golfo di Priano alla ...-GraficaLP.1983-p.18.65
-Schmuckher A-Teatro e spettacolo…-Mondani.1988-pag.39
-Tuvo T-Memorie storiche di San Pier d’Arena.Dattiloscr.inedito –pag.125
-Tuvo&Campagnol-Storia di Sampierdarena-D’Amore.1975-pag.35
non c’è all’ Archivio Storico Comunale Toponomastica.