MAZZINI                                     Via  Mazzini

 

 

      Il 26 apr.1946 la Giunta Comunale decise l’ultimo cambiamento di titolazione della strada, dedicandola a Bruno Ghiglione.

   Non esiste più a Sampierdarena, una strada dedicata  al grande Maestro determinante della  unità e libertà nazionale; e proprio qui dove ebbe i proseliti più umili ma nel contempo più tenaci e caparbi: Genova fu la città natale, San Pier d’Arena con l’Universale,  fu la culla delle sue idee.

   La strada, gli fu dedicata, senza aggiungere il nome, agli inizi del secolo 1900 ,nel centro storico cittadino, tra via della Cella e piazza Modena.

   Nel 1901, l’impresa Barabino,Calvi,Rebora, vi pose la targa in marmo. In quegli anni il civ. 1, 2, era di eredi Raffetto e C ; 3a, di Merello Giuseppe ; 4, di ved. Parodi e sorelle; 4a di Nasturzio Silvestro ; 5, di Casanova Luigi e C .

   Dal Pagano 1902 si rilevano queste attività commerciali: civ. 1 negozio calzature di Aghina Francesco, presente sui Pagano fino al 1908;---e angolo v.della Cella farmacia Raffetto Angelo;--- 4 negozio calzature di Michelini Luigi;---4-1 ottonaio Casanova Giorgio, ancor attivo nel 1912;---5 s.lle Tubino con negozio di moda,  presente fino al 1925¨;---

   Nel Pagano 1908 (ancora nel 1911* e 1912°) si descrive esistervi queste imprese:  al 2-9 l’armaiolo Roncallo Attilio con telef 998;—al 12 negozio di frutta secca, agrumi  e verdure di Casale Davide e C, segnalato fino al 1925.

   Nel 1910  era “tra via Cella e piazza Teatro Modena” con civici neri fino al 10 ed al 5.

   Nel 1911-12 oltre quello già segnalato nel 1908: civ. 2 la levatrice Caorsi Carmela;- civ.4 la levatrice Boccardo Cater.;-  al 13r il fornaio  Galliano Antonio; l’ombrellaio Prini Francesco (egli nel 1925¨ è nell’angolo tra via VEman. e via della Cella).

Al civ. 3 una cartolina reclamizza un “Albergo Ristorante della Posta Vecchia” in via Mazzini, n.3 d’angolo rimpetto al Teatro Modena, di Montaldo Pietro Pasquale

   DeLandolina/1922 scrive che il mercato era intestato a lui.

  Nel Pagano 1925: al civ. 1 compare Morais Aldo con forniture industriali;-- all’1-3 la levatrice Castello Iole;--

  All’unificazione del 1926, ben nove centri si contesero il diritto del titolo che, ovviamente, rimase al primo   (Centro (la galleria ed il piazzale; ed ora in più il ‘vico alla casa di-‘),  Borzoli, Cornigliano, Nervi,Pegli, Rivarolo, SPd’Arena (di 3.a categoria), Sestri, Voltri).

   Ma nel 1933 ancora esisteva come tale, con civici neri fino al 12 ed al 5. Nel Pagano di quell’anno appare aprirsi sulla strada solo il negozio di tessuti dei f.lli Conte fu Lazzaro al civ. 10-2.

   Nell’agosto 1935 una delibera firmata dal podestà decideva chiamarla ‘via dei Triari’, in ottemperanza alla eliminazione dei doppioni nella Grande Genova.


DEDICATA al Giuseppe  Mazzini, ideologo e  fautore fondamentale della nostra unità nazionale, nato, a Genova il 22 giugno 1805 da Jacopo q.Giuseppe e da Drago Maria di Giacomo.

 Infatti, dai tempi della dominazione romana all’Unità,  l’Italia -seppur unita da un linguaggio comune- era suddivisa politicamente in tanti staterelli   che avevano favorito idee


 

usanze e necessità diverse, sempre però soggette a  servitù e sottomissione, a tanta confusione ed assai poca dignità.  

   Si abbisognava di una voce che risvegliasse la popolazione dal sopore (volutamente  ubriacata dagli equilibri necessari a tante potenze europee per conservare il proprio potere). Si ridestasse così il valore morale e spirituale della Patria unita, fornisse l’ideale per cui combattere,  ed a cui sacrificare volontariamente, non ultimo né  estremo, la vita stessa

   Col motto ‘Dio e Popolo’, la traccia sembrava precisa, ma in realtà era, specie dentro lui, grandemente contorta e di difficile spiegazione. Lui non era ateo, ma neppure cattolico (non apparteneva alla massoneria, ma neanche favoriva ‘i preti’ perché li sentiva contrari a lui ed a sua madre convinta giansenista). Quindi Dio non era un punto fermo, ma un messaggio indirizzato alla massa del popolo che sapeva religioso al punto che senza quello spirito non avrebbe potuto neanche iniziare; dovette assecondarsi accettando che potevano e dovevano convivere una religiosità individuale inserita nella religiosità dei regnanti (i quali ultimi intimamente sperava decadessero, per arrivare all’apice del desiderato:  la laicità dello stato repubblicano, ma che pur di raggiungere lo scopo unitario disprezzava essere intransigente).    Popolo. Non era come i politici di oggi che si riempiono la bocca con questa parola, ed appena al governo se ne dimenticano preferendo assecondare le necessità del partito. L’evoluzione dei primi infruttuosi e sanguinosi tentativi di insurrezione armata l’avevano avvertito che senza il consenso della popolazione l’unificazione non era concepibile; e non ci volle molto a capire altresì che purtroppo le prospettive migliori l’avevano i  Savoia, e non i ’trecento giovani e forti’, entusiasti ed ardenti, ma pochi senza il popolo.

  Altre parole fondamentali furono: Dovere, e Patria. Non occorre spiegare.

  I tempi divennero maturi con lui. La persona giusta nel momento giusto.

  Come in una orchestra, lui compositore delle note e direttore d’orchestra, eccolo a dirigere quattro suonatori autonomi ma finalmente convergenti: le nazioni europee indifferenti o “distratte”, comunque poco partecipi (il Papato che coinvolse i francesi; l’Austria contro; i Borboni contro ma prossimi ad essere travolti dall’evoluzione dei tempi e costumi; L’Inghilterra favorevole ma solo per equilibrare la Francia; la Francia favorevole sia per l’idea repubblicana, sia per contrastare i vicini oltremanica); l’esistenza di un primoattore spregiudicato, pratico e spericolato come Garibaldi; il Cavour che ambiziosamente era favorevole (dopo la Crimea, continuava a  lavorare sotto-sotto, con quella  sua caratteristica piemontese di “tenere i fili ma non farsi vedere; non  apparire direttamente  o comunque mai smodatamente tutto assieme ma solo  un po' alla volta”; infine il popolo che non tutto era pronto, ma la cui parte vivace, giovane ed attiva era anelante di agire.

   Sua assoluta fu la capacità di far convivere nell’ideale italiano, un dio con ideale laico, ed una repubblica con un regno: se l’ideologo era repubblicano, a  realizzare l’idea dell’unione sarebbe stato un re, che ovviamente avrebbe creato un regno e non una repubblica; problema non da poco perché se mal giocato poteva frustrare la semenza dei numerosi volontari, in genere repubblicani ma i cui tentativi isolati erano andati tutti a concludersi negativamente, incapaci di risvegliare il popolo dal torpore dell’abitudine; quindi, sempre sotto-sotto, doveva collaborare materialmente alla lotta fornendo aiuti a quei giovani che agli occhi del popolino erano piuttosto  dei “diavoli” , guidati da un “rivoluzionario e senza Dio”, però in pratica indispensabili perché  affiancati alle truppe regolari seppero essere  decisivi in  tutte le battaglie e nella annessione di tutti gli stati fino al sud (escluso la Repubblica Ligure che era stata annessa senza plebiscito).

   La nostra regione è sempre stata e più di ogni altra regione italiana, ininterrottamente per quasi mille anni, governata unicamente con una cultura  basata sul concetto repubblicano indipendente. E negli anni di vita del Mazzini, nella nostra città di San Pier d’Arena, fu la società Universale a  sottolineare con  incisiva presenza,  anche nel lungo periodo del regno sabaudo, l’essere qui il perno repubblicano. I cittadini sampierdarenesi furono sempre una spina nel fianco della polizia, regia e fascista; in tutte le manifestazioni popolari, è stata tra le prime a accorrere e partecipare laddove  si ventilava l’idea mazziniana della Patria una e della libera democrazia.

   Poco raccontata e giudicata marginale è stata la sua vita affettiva: più d’una sono emerse dalle lettere scritte, fra esse più legato sentimentalmente fu con Giuditta Sidoli (amore rivelato dal carteggio; lei nata nel 1814 da un barone napoletano, fu da giovanissima una figura anticonformista e rivoluzionaria: sposa 16enne con un carbonaro, ebbe 4 figli e rimase vedova nel 1828. Esiliata, esule si ritrovò sola, tra gli esuli a Marsiglia ove conobbe il 25enne Mazzini: non bella ma vivace, colta, solida di carattere e di fisico, anticattolica e calda di furore patrio, con forte concetto della virtù e del dovere ma anche espressiva e femminile;  tra loro nacque dapprima una intesa di comune idealità, fino a divenire amore ardente ed intimo ma –per i seguaci- purtroppo anche distraente dall’impegno politico), si separarono nel luglio 1833, quando Mazzini scrisse  “ho dato congedo a tutte le gioie, a tutti i conforti della vita, e per sempre...non mi è rimasto che il nudo dovere”.

   Nel 1838 fu tra i primi ad usare la parola ‘socialismo’, per indicare umanità, missione o progresso continuo.

   Morì a Pisa il 10 marzo 1872, per broncopolmonite, ospitato in casa di Pellegrino Rosselli in via della Maddalena col falso nome di Giorgio Brown.

   Le spoglie, vestite con tradizionali abiti neri, fu esposta a folto pubblico sino al giorno 13. Il 17, in treno e con immensa partecipazione popolare ad ogni stazione, furono trasferite a Genova e poste in una camera ardente. I leader nazionali repubblicani dopo scontri di pareri diversi anche all’interno del movimento, decisero (Bertani su tutti, non esistendo ancora l’inceneritore che verrà costruito nella prima decade del 1900 ) di imbalsamare la salma  (anche contro l’eventuale volontà del defunto o dei parenti; l’incarico fu affidato a Paolo Gorini, inventore di una tecnica diversa da quella classica egizia, chiamtata ‘di pietrificazione’ (l’autore preferiva la parola ‘legnificazione’, consistente nella sostituzione dei liquidi organici con sali minerali che si induriscono. L’operazione durò parecchi mesi, da primaver  sino all’autunno, vigilata da alcuni garibaldini tra i quali G.C.Abba e Bertani. Ma il suo operato, intervenuto forse un po’ troppo in ritardo, dopo lunga e laboriosa elaborazione, si concluse in modo imperfetto, incapace di garantire la conservazione perenne; cosicché fu impossibile lasciare esposta la salma in forma continua come era nelle intenzioni originarie. Una ricognizione della salma, effettuata il 19 giugno 1946, descrive il fallimento dell’esperimento di Gorini).  Fu esposta alla cittadinanza anche poche settimane dopo il referendum del 23 giugno 1946,  quando l’Italia –a tardivo ma solenne riconoscimento del valore delle sue idee-, scelse di essere una repubblica.

   La tomba, ubicata nel boschetto irregolare di Staglieno, fu inaugurata il 10 marzo 1874, nel secondo anniversario della morte. L’architetto Gaetano Vittorio Grassi, era allora uno conosciuto artista locale di ferma fede repubblicana e che per vivere faceva il correttore di bozze. Ideò allo scopo il severo mausoleo neoclassico con due colonne doriche che sorreggono un architrave recante in grosse lettere il nome Giuseppe Mazzini;  che però non poté completamente finire per motivi geologici (fortunatamente, a mio parere, perché secondo il progetto doveva essere coperta da enormi massi a sottolineare una ‘pesante monumentalità’ che sarebbe stata eccessiva).

   Il sarcofago è coperto dalle stesse bandiere che lo accompagnarono nell’ultimo viaggio da Pisa

   A San Pier d’Arena a lui è stato dedicato uno dei due edifici che fiancheggiano villa Scassi,  e che ospitano le scuole elementari. DeLandolina/1922 scrive che anche il Mercato, in quell’anno  era a lui intitolato.

   Essendo ancor oggi vitali le sue idee, la persona resta  immortale. Per l’esattezza, recenti pensatori giudicano tutte le risoluzioni da lui proposte irrimediabilmente superate in pratica (non più la concezione religiosa dell’impegno civile e politico; non più una critica ai diritti del singolo individuo; non la sacralità della patria né condanna del federalismo; non più il concetto che l’arte debba essere al servizio del bene). Ma dopo le svariate esperienze di oltre un secolo e mezzo, sia il concetto di famiglia (attraverso diversi e svariati sistemi di istituti di acculturamento); di patria (l’Europa), di economia (fallimento collettivismo ed incapacità del capitalismo ad equa distribuzione delle ricchezze); di individualità (oggi esasperata con la privacy, ma problema irrisolto quando sconfina con l’anarchia degli interessi e delle idee) mantengono – seppur cambiati nell’impostazione - validi i ‘titoli’ della sua filosofia. 

 

BIBLIOGRAFIA

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