strada del Vento
Che San Pier d’Arena venga comunemente chiamata anche Sampierdelvento è conosciuto, specie in alcuni tratti dove la corrente è forte e tutto l’anno (caratteristici, per il numero di ombrelli rotti, gli incroci via V.Alfieri-via A.Cantore e via C.Rolando-via A. Stennio e l’attesa del bus in via Cantore civ.50).
I VENTI Tre sono i venti che ci interessano. Sopratutti : la tramontana. Non è una semplice brezza quella che dai monti soffia lungo il Polcevera; quando è estate è anche piacevole, ma d’inverno è quel vento freddo che frusta il volto, entra negli abiti e penetra nella carne arrivando fino alle ossa; e non rispetta né cappotti né ombrelli. Ai tempi antichi, il vento lungo il torrente poteva forse essere utile a muovere i vari mulini dislocati in zona (ma erano per lo più molini ad acqua e non a vento). Nel dopoguerra ci ripuliva il cielo dall’inquinamento delle industrie e centrali; oggi dagli odori e dallo smog viaro.
Gli altri due vengono dal mare, lo scirocco da sud est, ed il libeccio da sud ovest. Sono forieri di “mare mosso, e tempo du belin”, ovvero dal luvego e maccaia, fino a pesca impossibile, difficile attracco, mareggiate “in casa”.
Anche Petrucci ne parla, in particolare della tramontana. Riconosce che essa aveva dei luoghi specifici, a lei deputati dalla natura: a Voltri, a Cornigliano, da noi ed anche a Genova. Per quest’ultima (riassumo a memoria) descrive una vecchia favola che racconta come la città nacque in funzione del vento, necessario e vitale per il tipo di mestiere che i suoi abitanti avevano prescelto per vivervi: la vita sul mare. Ma un giorno avvenne una violenta lite tra lo scirocco che portava l’acqua e la tramontana che spingeva dai monti; la lotta durò con l’uso di ciascuno del suo meglio: sollevare gonne, rovesciare ombrelli, sbattere le finestre. L’accordo finale fu di alternarsi con sorridente schermaglia: uno che lavava le strade, l’altra faceva da scopa. Ma ahi Genova! da quando fu deciso la demolizione di san Benigno, il vento di San Pier d’Arena si mischia al di là dei suoi canaloni, costringendo al Lagaccio di accendere la stufa di inverno; è così, che lui –oggi teleguidato da tante previsioni che gli fan fare una vita da cani- si vendica come può, ed ora Genova vorrebbe divorziare dal vento. Ma non può.
IL POSTO nelle carte compare e viene scritto essere in una area riferibile a monte all’attuale via Antica Fiumara, la villa ‘Palazzo del vento’ con, a ponente, il giardino ‘piazza del Vento’; ed oggi poco a ponente dell’attuale inizio di questa strada nella triforcazione con via Molteni, via Pacinotti, via Bombrini.Nulla a che fare con ‘o gïo do vénto’ che è a Bolzaneto
Nell’anno 1819 venne presentato dalla Giunta comunale un “quadro statistico territoriale della comunità di San Pier d’Arena”: vi è citata una “strada del Palazzo del Vento al torrente Polcevera”, giudicandola in stato mediocre.
Riguardo le costruzioni nella zona, pur sapendo che nell’antico gli spazi ed il tempo erano concepiti in termini più larghi e vaghi (la parrocchia a san Martino, per esempio, un pò lontana per quelli della Coscia), non tutto combacia alla perfezione per mia mancanza di documentazione: una villa è ben visibile nelle carte dalla fine del 1700 ed in posizione chiara; ma la cappella (forse sono le cappelle, ovvero più d’una in quanto che -in alcuni scritti- si fa risalire al 1300, ed in altri si fa eretta da Rolla) e la torre medievale ancor oggi presente. Appaiono decentrate l’una con l’altra come ad interpretare che c’erano altre strutture a noi sconosciute, in quanto risalenti a tempi prima del 1750.
Nel 1871, l’annuario Lossa segnala in località (quindi vicino alla villa) “piazza del Vento”, esserci il primo stabilimento fonderia di MacLaren e Wilson.
LE CARTE : in esse si evidenzia solo la villa.
Nessuna accenna, né evidenzia, la torre e le cappelle.
La cronologia della villa sarebbe:
-prima, quella del Volckammer del 1708 ove la villa è attribuita al sig. Filippo Cattaneo;
-seconda, la carta nella carta del Vinzoni del 1757, appare appartenere al magnifico Rainero Grimaldi (vedi sotto agli ‘scritti’).
1773 con ‘Piazza del vento’; e, a ponente, terreni di Ambrogio Doria;
la casa a scaletta la ‘Onteria’; poco sopra ‘casa Grondona’.
-terza, la planimetria di Matteo Vinzoni del 1773, per l’atlante “il Dominio della Serenissima Repubblica de Genova in Terraferma”, non appare alcun nome;
-quarta, una carta non datata, probabilmente del Brusco, risalente ad un progetto stradale della fine del 1700: non dice il nome del proprietario (limitandosi a chiarire che la zona ad ovest della villa è del m.co Ambrogio Doria).
-quinta (non sappiamo e non abbiamo documentazione di quando divenne proprietà dei fratelli Savignone Infatti, sappiamo solo che nel 1830 Lorenzo II Dufour, appena arrivato a Genova da Torino, acquistò dai fratelli Savignone il “Palazzo del Vento” con annessi orti e cortili, per farne sede di una raffineria di zucchero, iniziando le attività industriali della famiglia) –sesta infine, nella carta del Porro del 1835-8, già è segnata come “raffineria da zucchero” del Dufour -Poco si sa dell’acquisto dei Dufour del 1830. La raffineria produsse sino al 1840, quando una modifica del dazio di importazione obbligò a chiuderla, e sostituire la lavorazione con i sali di chinino -con i cui proventi, il Dufour riuscì a diversificare con anche investimenti nell’immobiliare-. La fabbrica, nel frattempo divenuta “ditta fratelli Dufour” fu proseguita da tre dei suoi figli (Lorenzo III, Carlo, Luigi) ed ampliata producendo anche altre sostanze come saponi, acido citrico e prevalentemente mannite. Nel 1853, la proprietà subì la mutilazione forzata per la costruzione del tronco di strada ferrata -dalla stazione delle merci al mare-; la famiglia acconsentì alla cessione e fu indennizzata dal governo. Nel 1883, con l’arrivo in dirigenza dell’azienda dei nipoti Lorenzo IV (laureato in chimica) e Gustavo (laureato in ingegneria navale), si allargarono progressivamente gli interessi della famiglia investendo nel settore armatoriale, conceria e legname. Ma già dagli anni 1860, ferrovia ed Ansaldo in espansione, promossero che le attività della famiglia fossero praticamente tutte spostate a Cornigliano. Qui a San pier d’Arena, ancora nel 1926 si continuò la produzione di mannite, estrazione del tannino e della liquirizia (con la quale iniziarono a produrre le prime caramelle); ma nel 1928 le attività subirono un tracollo, mantenendosi la fabbrica chimica solo per poche iniziative ed il possesso dell’immobile.
-settima, proprietà dell’Ansaldo. Il palazzo fu distrutto non si conosce bene la data, nelle prime decadi del 1900; e il suo sedìme fu occupato dall’Ansaldo (nelle mappe del 1897 lo spazio della villa è ancora conservato nell’angolo di nord-ovest tra via Operai e via Fiumara, ma completamente circondato dagli edifici dello stabilimento).
GLI SCRITTI quasi mai si scrive di una villa, ma più spesso della Cappella che – presumiamo noi - era eretta vicino alla casa dei patroni (ma non è detto, considerato che alla Coscia esisteva la villa Pallavicini, vicina alla cappella –senza villa- dei Cibo).
Che la villa fosse più antica ancora delle carte che la evidenziano, lo si può solo presupporre.
Cronologicamente:
-Nell’atto di una tassazione straordinaria firmato nel 1387 dall’Arcivescovo su ordinanza del papa Urbano VI e mirato a rimpinguare le casse vaticane dopo guerre varie e lotta allo scisma, si cita una «ecclesia de Ranucio lire 1»; giudichiamo possa essere la cappella dell’Annunziata, qui fondata da Ranuccio o Ranieri Grimaldi, segnalata dall’Accinelli.
-Il mons. Bossio nel 1582 scrisse che in questa data la cappella era di proprietà di Pasquale Grimaldi.
-L’arciprete Borelli nel 1771 la descrisse appartenere ai Grimaldi, “uffiziata dai Dottrinanti pel catechismo dei fanciulii” e dedicata alla SS.Annunziata.
I DUBBI questa iniziale appartenenza di una cappella ai Grimaldi fa apparire strana o impropria la sequenza delle carte topografiche che mostrano la proprietà della villa –prima e dopo ai Cattaneo con nel mezzo i Grimaldi.
Diventa comunque difficile collocare nel contesto della Fiumara la coesistenza della villa, della torre duecentesca, non proprio attaccata ad essa ma vicina (Nella facciata a nord dei vari capannoni dell’Ansaldo –gestione Perrone-, emergente e ben conservata seppur inglobata nella palizzata lungo la via Bombrini è visibile la torre duecentesca usata per avvistamento e difesa della villa nel tardo medioevo e come montacarichi nella nuova struttura industriale. A mio avviso facente parte di altra costruzione di un’epoca medievale e -nel tempo- scomparsa senza lasciare tracce, e sul cui sedime fu eretta questa che citiamo); e sia la presenza nella località della marina - allora pressoché deserta - della altrettanto famosa “cappella” o forse delle cappelle, che non esistono più (sia quella descritta sopra, di epoca medievale, e quella Rolla che pare la eresse lui, e quindi ottocentesca e posizionata sulla strada principale che dal Mercato va al Ponte –vedi cappella Rolla-).
BIBLIOGRAFIA
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-Belgrano LT-atti SocLigStoriaPatria-1871-vol.I-parteI-fasc.II-pag.397
-Cevini-Torre-Architettura e industria-Sagep.1994-pag.116
-Doria G.-Investim. e sviluppo economico a Ge-Giuffrè.1973-pag.771
-Costa B. - i Dufour - Erga 1999-pag.20.57.
-Gazzettino Sampierdarenese: 1/95.3
-Remondini A e M- parrocchie dell’archidiocesi-1897- vol.11-.78
-Stringa P.-La Valpolcevera-Agis.1980-pag.91.93
-Petrucci VE.-Vocabolario genovese-Secolo XIX.