TAVANI                                     via Giuditta Tavani

 

 

 

 

TARGHE:    via – Giuditta Tavani

                      San Pier d’Arena – via – Giuditta Tavani                                                                                                            

 

 

angolo sud ed angolo nord con via W.Fillak

angolo con voltino

 

QUARTIERE ANTICO:    san Martino

 da M.Vinzoni, 1757. In verde, via G.Tavani. In giallo via san Martino (C.Rolando); rosso l’Abbazia e fucsia canonica e Oratorio di san Martino.

 

N° IMMATRICOLAZIONE:   2857   CATEGORIA: 2

 da Pagano/1961

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°:   60720

UNITÀ URABANISTICA: 24 - CAMPASSO

 da Google earth, 2007

CAP: 16151

PARROCCHIA: s.Giovanni Bosco e san Gaetano

STRUTTURA: senso unico viario, da via C.Orgiero a via  W.Fillak. Pedonalmente si collega, tramite il  sottopassaggio ferroviario, alla fine a nord, di via G.Spataro (nell’angolo proprio all’ingresso del cunicolo, ci sono un piccolo antico paracarro ed un inusato cancello ferrato senza numero).

  È servita dall’acquedotto Nicolay.

     

STORIA: la strada già esisteva in antico (vedi carta del Vinzoni, 1757) collegando a nord la fine della ‘via Superiore a nord’ (poi strada san Martino, oggi via C.Rolando) con il torrente Polcevera, allora non ancora racchiuso da argini. Delimitava le proprietà: a mare il vasto terreno del mag.co Stefano Lomellini Carlo; ed a nord del mag.ca Giovanna Lomellini.

   La ritroviamo ovviamente ancora anonima, in una carta del Porro del 1781 passante tra le proprietà del m.co Steffano Lomellino a sud e del m.co Giannetto Lomellino a nord, ambedue con una casa sulla strada principale. Portava al torrente, ove moriva. Nell’epoca della data della carta, si studiava il tracciato dell’attuale via Spataro: questo l’avrebbe tagliata quasi perpendicolare per congiungersi con la via principale, poco più a nord.

   Quindi senz’altro preesisteva alla ferrovia (1850), che col suo muraglione la sbarrò accorciandola a un quarto del suo primitivo percorso. 

   Tale era ancora all’inizio del 1900 con un primo nome non ufficializzato di “via Polceveracollegante la via Umberto I (via W.Fillak),  sia con via G.Garibaldi (via G.Spataro da poco nata a ponente della ferrovia), che con via Calatafimi (via C.Orgiero).

   Solo dopo il 1914 quando si andarono a cercare figure e gesta del Risorgimento, fu ufficialmente deciso chiamarla come oggi, delimitandola ‘da via Umberto I , verso la ferrovia’.

   Nel 1926 avvenne l’unificazione dei comuni limitrofi, nella Grande Genova; SPd’Arena conservò la titolazione di questa strada essendo l’unica delegazione a possederla. Fu classificata di 4ª categoria .

   Nel 1933 era con 4 civici neri e 4 osterie, 1 trattoria ed al 10r un banco del lotto. Questi servizi erano conseguenza del numeroso quotidiano passaggio degli operai che usufruendo del sottopasso ferroviario, alto appena appena da passarci ritti, e lievemente avvallato da riempirsi d’acqua se piovesse in eccesso; si recavano alle varie fabbriche, specie il  zuccherificio dell’Eridania ed all’Ansaldo. Durante il bombardamento navale inglese (da loro chiamata ‘operazione Grog’) del 9 febbraio 1941, una bomba da 381 mm, caduta all’ingresso dalla parte di via Tavani, uccise tre operai della ditta di trasporti Lanati che vi avevano cercato rifugio.

 

CIVICI   Neri= 1;                 e da 2 a 6

               Rossi= 1r- 19r       e da 2r a 20r 

 

Il Pagano/40 scrive “da via Corporazioni a via C.Orgero”: ha nn. neri 1,2,3,4 e rossi: 3r osteria; 4r osteria; 6r fruttiv.latteria; 9r osteria; 10r carbone; 12r parrucc.; 14r osteria; 15r commestib.; 17r osteria.

 Il Pagano 1950 segnala quattro osterie: al 3r di Mollea G.; 4 di Devasini Giuseppe; 9r di Risso G.; 14.16r di Marchisio Giuseppe;  una trattoria al 17r di Setti Enzo. Evidente zona di passaggio di operai.

 Il Pagano 1961 descrive ancora 4 osterie al 3r di MarlettaR, al 4r sempre Devasini Giuseppe, al 9r Mazzarello A, al 14r Spriano P.; una trattoria al 17r di Mandirola L., un commestibili=15r;  parrucchiere=12r; officina per moto=11r; latteria=6r; panificio=5r.

 

 

 


===civ. 1:   nell’atrio del portone, è visibile un grosso basamento di colonna, saggiamente evidenziato nella ristrutturazione, testimone di una precedente più massiccia costruzione, non conosciuta.


===civ. 5-7r negli anni 2003-4 compare il Paradise club, con spettacoli a luce rossa di trasgressione: sexy star, strip tease; ma non vita notturna: alle 0,30, tutti a letto

===civ.6:  chiudendo la porta a cui era assegnato, fu soppresso nel 1945.

 

DEDICATA 


alla eroina romana, nata nel 1832 e sposa nel 1848 a Francesco Arquati, noto patriota romano. Da poco sposati, erano tornati dopo essere fuggiti a Venezia, essendo lui ricercato per motivi politici (la gendarmeria lo conosceva e lo ricercava, specie dopo aver arrestato un confidente chiamato Girolamo Giacobbe).

 

  Tornati  a  Roma, parteciparono  ad

  


organizzare i moti popolari che accompagnarono nell’ott.1867 la spedizione garibaldina nell’Agro Romano.

  Fu dopo uno di questi tentativi che - a seguito di accordi con Garibaldi stesso col fine di liberare Roma -  una quarantina di patrioti –dei quali 22 romani guidati dall’Arquati - si riunirono in un lanificio a Trastevere (in via Lungaretta n. 97) -di proprietà di Guido Ajani- col proposito di associarsi e continuare a favorire il generale. Era prevista una insurrezione per il 27 prossimo, quando Garibaldi avrebbe dovuto arrivare a ponte Nomentano.

Gli zuavi, appoggiati dagli sbirri e squadriglieri (detti ‘zampitti’) papalini, per tutta Roma si diedero a setacciare le località sospette, ponendo la città in stato di assedio: scontri a fuoco e sommarie esecuzioni, ebbero ragione dei vari insorti isolati che si erano riuniti in trattorie o domicili vari.

Invece nell’opificio, assieme a Francesco Arquati e –forse unica donna-, sua moglie Giuditta con i figli -tra i quali Antonio il più grande quattordicenne- si ritrovarono in più numerosi; vengono citati il colonnello Francesco Cucchi, capitano dell’insurrezione; Pietro Luzzi, Paolo Gioacchini (capo fabbrica), Cesare Bertarelli, Angelo Marinelli, Giovanni Rizzo, Enrico Ferroli, Rodolfo Donnaggio, Francesco Mauro, Augusto Domenicali, Luigi Domenicali, Casimiro Cerroni, Piero Calcina (questi tre ultimi si salvarono).

Il giorno 25 ottobre 1867, mentre nell’opificio si contavano tra loro e preparavano le munizioni per eventuale conflitto a fuoco, non si sa se in seguito a delazione (pare che monsignore Randi –capo della polizia pontificia- nella mattinata aveva ricevuto un messaggio anonimo –firmato ‘un buon cristiano’ in cui si segnalava nel lanificio un banchetto a cui sarebbe seguito una rivoluzione) o perché spiati da dei frati vicini appostati sul campanile della vicina chiesuola di santa Rufina, furono intercettati da trecento gendarmi pontifici -chiamati zuavi per il loro vestito- e circondati. Anche se arresi, sicura era la pena capitale. Pertanto fu decisa la resistenza.

Gli zuavi andarono all’attacco cercando di abbattere il portone (furono feriti il sergente Riouz –spagnolo- da una bomba, e il soldato Chouteaux da una fucilata al malleolo; ma furono più volte respinti da fucilate e bombe; finché gli asseragliati non rimasero senza  munizioni.

La difesa divenne, così, sporadica, a focolai, all’arma bianca a corpo a corpo: gli zuavi poterono fare irruzione e malgrado qualche singolo eroismo iniziarono a fare strage dei presenti uccidendo tutti i patrioti che si opponevano. Una ventina di essi riuscirono a fuggire passando da finestre di abbaini e usando delle scale per passare da una finestrella  all’altra delle misere casupole. Nove furono presi prigionieri perché feriti o circondati, tra essi anche l’Ajani (medicati all’ospedale san Galliano, poi trasferiti alle Carceri Nuove per essere giudicati dal Supremo Tribunale della sacra Consulta. Le pene furono da condanna a morte per alcuni, a galera perpetua o vari anni di carcere per altri). In uno stanzone più ricco di armi, morirono i due Arquati ed una decina di altri. Singoli, rimasero intrappolati nelle varie stanze dell’opificio, opponendo eroica resistenza: tra essi, nella perquisizione delle case adiacenti, anche Giuditta venne scoperta, ma ella li affrontò a pistolettate (erano le armi che poco prima aveva offerto ricaricate al marito ed al figlio più grande) per cui nella reazione fu colpita assieme ai figli, uno che aveva in grembo, la piccola Ersilia che portava in braccio ed il più grandicello Catullo che teneva per mano al fianco.  Si descrive che gli zuavi, infierirono sui loro corpi, con calci, il legno dei fucili e baionettate inutili lasciando i vari cadaveri anche fratturati: essi furono ammucchiati assieme e gettati in fossa comune del cimitero.

Un testimonio oculare, corrispondente del sig. D’Ideville, descrive a quest’ultimo la scena, vista poco dopo la cessazione dello scontro: sedie e tavole rovesciate, a terra bicchieri, bottiglie ed un ‘pantano di vino e sangue’; aggiunge: «nel mezzo di queste rovine giacevano tre cadaveri e tra gli altri quello di una donna  di una cinquantina d’anni, la cui  mano rattrappita stringeva ancora un revolver. Avrò per tutta la vita davanti agli occhi quell’orrenda visione. Oh caro amico, quanto è atroce la guerra civile!»

(DeLandolina scrive che era nata nel 1839; aveva un bimbo in braccio ed era incinta di un altro; che dapprima fu ferita con una baionetta e poi –persistendo la sua azione ribelle- colpita da una palla al petto).

Tutta l’organizzazione dell’insurrezione si concluse tragicamente: due patrioti Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti furono condannati a morte per decapitazione ‘a esemplarità’ –furono gli ultimi condannati a morte da Pio IX: gli altri condannati a morte furono imprigionati a vita, ma poi liberati il 20 settembre 1870.

Anche i fratelli Cairoli a Villa Glori, avevano offerto il loro momentaneamente inutile ma glorioso sacrificio.

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale

-Archivio Storico Comunale Toponomastica - scheda 4359

-AA.VV.-Annuario.guida archidiocesi—ed./94-pag.448—ed./02-pag.485

-De Jaco A.-Antistoria di Roma capitale-Ed.Riuniti 1970-pag.287

-DeLandolina GC-Sampierdarena-Rinascenza.1922 – pag. 56

-Enciclopedia Motta

-Enciclopedia Sonzogno  

-Gazzettino Sampierdarenese  :  2/94.6 + 7/2011.

-Lamponi M.- Sampierdarena – Libro Più.2002- pag. 164

-Novella P.-Strade di Genova-Manoscritto b.Berio.1900-pag.17

-Pagano 1933-pag.248;  /40-pag.418;   ed./1961-pag.404.566

-Pastorino.Vigliero-Dizionario delle strade di Ge.-Tolozzi.1985-pag.1760

-Poleggi E. &C.-Atlante di Genova-Marsilio.1995-tav.21
TEATRO                        piazza del Teatro

                                       vico  del Teatro

 

nomi non ufficiali, ma di uso popolare; il primo per indicare l’attuale piazza G.Modena al nascere dell’edificio.

    Solo nel 1901 infatti, nell’obbligo statale e desiderio civico di regolarizzare i nomi di tutte le strade neoformate, in seguito alle costruzioni che avevano invaso tutti i giardini delle varie ville cittadine, compreso il teatro eretto nel parco della vicina villa Centurione del Monastero,  si decise di confermare il nome, precisando chiamarla “piazza Teatro Modena”, e - dopo il 1917 - “piazza Gustavo Modena”.

   In contemporanea, fu proposto anche cnfermare il nome di “vico del Teatro”, come già anche lui era chiamato in uso popolare, al breve percorso che unisce la piazza del teatro  alla vicina piazza XX Settembre (oggi del Monastero); ma gli fu preferita la dedica ad Arnaldo da Brescia.

  In questa data di periodo ancora bellico,  al civ.1 era il teatro; al civ.2 una casa di proprietà dell’ospedale Pammatone (che assieme ad eguale di vico Mentana (vico della Catena) e di via A. da Brescia (via del Monastero), e più anticamente tutta via Carzino,  facevano parte dell’eredità dell’ultimo nobile  Centurione, sacerdote e proprietario dei terreni, della villa del Monastero e della casa poi venduta ai Balbi)

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico del CAP- pag.36 cartina     

-Archivio Storico Comunale  


TOSA                                           via Mario Tosa

 

 

TARGA: San Pier d’Arena – via - Mario Tosa – carabiniere – vittima del terrorismo – medaglia d’oro al valore civile – 1953-21.11.1979

                                               

 

QUARTIERE ANTICO: Belvedere 

                                                  

N° IMMATRICOLAZIONE:   posteriore

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°:   62030

UNITÀ URBANISTICA: 25 – SAN GAETANO

 Da Google Earth, 2007. In giallo, via GBMonti

CAP:   16151

PARROCCHIA: NS del ss.Sacramento

STRUTTURA:   Strada privata, doppio senso viario,  inizia da via G.B.Monti proprio nel retro del grattacielo, di fronte allo sbocco della stessa in Quota 40; dapprima orientata verso levante (dietro il palazzo giallo), compie un tornante a U finendo al piano più alto in un piazzale (dove nella foto vediamo l’auto rossa).

 foto dal grattacielo di via GB Monti

 

STORIA:   fu aperta nel terreno già delle suore di don Daste, col primo dei vari palazzi, il civ.29, nel 1950; e con l’erezione degli altri nel 1953, mantenendo inizialmente il nome di ‘via GB Monti’.

Sopra il muraglione che fiancheggia la strada all’inizio  della salita, è stata salvata una nicchia - ora vuota - che probabilmente racchiudeva una statua, e


che faceva parte del giardino della villa Doria sottostante, ora dell’istituto don Daste; fornisce comunque l’idea di come in origine era scosceso il terreno a monte della villa stessa (anche se nella planimetria del Gauthier il  giardino nel retro della villa appare piattificato, ma in cui è descritto un muro terminale munito di soprarilievi.

La proprietà in realtà, si estendeva sul retro sino al crinale di Belvedere, essendo in estensione seconda dopo la villa Imperiale-Scassi, ed alla pari con villa Spinola e villa Pallavicino (di salita san Barborino)).


   

La targa al Carabiniere, fu ufficialmente scoperta il 21 nov.1982, a tre anni dall’eccidio.

 

CIVICI

Anno 2007= da 27 a 45 (mancano da 1 a 25, e 31, 39)  e da 6 a 24 (mancano 2, 4)

Dalla apertura ufficiale del 1982, sono state sostituite le numerazioni del 42 (da 42A a 42H di via GB Monti) con la progressiva : 14, 24, 29, 33, 35, 37, 43, 45.

 

DEDICATA  al carabiniere nato a Genova il 26 lug.1952, in servizio presso la caserma di corso L.Martinetti.


Venne assassinato a tradimento in un agguato, assieme al suo superiore maresciallo V.Battaglini, in un bar all’inizio di via G.B.Monti (ove è stata posta una lapide a ricordo).

  


Undici bossoli di calibro 9, sparati da armi diverse, “annientarono” in un attimo i due ignari militari intenti a bere un caffè prima di iniziare il servizio. Infatti un allucinante comunicato pervenuto telefonicamente ad un giornale cittadino, recitò “ qui colonna genovese Francesco Belardi   (nota: brigatista catturato e  trovato impiccato in un supercarcere di Cuneo): pattugliando la zona di Sampierdarena ha intercettato, attaccato ed annientato l’equipaggio di una gazzella dei Carabinieri. Nei prossimi giorni avrete un altro comunicato. Onore a tutti i  caduti assassinati nei lager di stato “.

   In realtà l’azione non apparve occasionale ed a seguito di un ‘pattugliamento’, ma studiata preventivamente conoscendo le mosse abituali delle due vittime assalite a sorpresa; non con le caratteristiche di un combattimento ma della vile esecuzione a freddo su ignari cittadini seppur dipendenti militari dello Stato.

    Erano gli “anni di piombo”, quando la morte dei carabinieri voleva simbolizzare un attacco allo Stato e dimostrare la sua debolezza. Con questo gesto però, le Brigate Rosse ottennero nella popolazione l’effetto contrario al desiderato, generandosi in forma spontanea un violento senso di repulsione e sdegno verso chi tentava con questi metodi di imporre le proprie idee; riccamente partecipate dalla gente locale, furono le varie celebrazioni posteriori (con conferimento di medaglia e dedica delle strade), che acquisirono il chiaro significato di messaggio rivolto agli ignoti attentatori, della posizione che la cittadinanza assumeva di fronte a simili minacce.

    Il 28 mar.1980, scoperto in via Fracchia a Genova il covo in cui gli assassini si erano rifugiati, nell’irruzione delle forze dell’ordine uno dei capi esecutori rimase ucciso assieme ad altri tre affiliati alla colonna delle Brigate Rosse genovese. Il capitolo si chiuse solo a fine febb.1983, quando un processo comminò agli altri mandanti ed esecutori, dieci condanne all’ ergastolo  e quattro a 7-28 anni di reclusione.

   Non un eroe quindi il povero militare, ma un ben preciso simbolo dei valori che il cittadino italiano vuole mantenere, senza ombre o dubbi; come punto di riferimento di base, seppur nell’evoluzione dei tempi e dei costumi.

A suo nome è stata titolata la sezione sampierdarenese dell’associazione naz. Carabinieri, che ha sede dal 2010 nei locali della Croce d’Oro (e che è stata fondata nel 1906 da Tirelli Torello che ne fu primo presidente, nonno della farmacista di via C.Rolando).

 

           

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale  Toponomastica - scheda 4449A

-AA.VV.-Annuario.guida archidiocesi—ed./94-èpag.450---ed./02-pag.486

-AA.VV.-1886.1996 oltre un secolo di Lig.-IlSecoloXIX-pag.584.592.610

-Gazzettino Sampierdarenese :   9.1982.16   +   9.1988.22

-Lamponi M. -Sampierdarena – Libro Più. 2002. pag. 208

-Pastorino.Vigliero-Dizionario delle strade di Ge.-Tolozzi.1985-pag.1780
TRAVERSO                          vico detto Traverso

                                              via Traversa

 

    Corrisponde al tratto laterale, a tre quarti a levante dell’attuale via U.Rela, che finisce chiuso con il civ. 6.

    Nel regio decreto del 1857, relativo all’ufficializzazione dei nomi di alcune strade della città, si fa cenno ad una “ via Traverso” che sarebbe poi divenuta via del Prato.

    All’anagrafe comunale del 1910 è citato il ‘vico detto Traverso’ che viene posto “da via Urbano Rela, verso levante”; ed anche allora con civici sino al 3 e 6.

Il Pagano 1912 in ‘vico detto Traverso’ pone un forno per la produzione del pane, di Tutolino Isidoro. Nel 1925 al civ. 1  c’era un garage di Visentini Remo¤

   Quando nel 1926 il Comune di SPd’Arena fu assorbito da quello della grande Genova, questa si trovò una via omonima in più centri: a Voltri (dedicata a Pietro Traverso, non esiste più); Bolzaneto (strada di Traverso di Lastrico, non esiste più); due in Centro (via Traverso, ancor oggi esistente in Castelletto (un proprietario o lo scultore Nicola) assieme ad una E.Traverso (partigiano) in Albaro); e da noi a SanPier d’Arena (descritto “vico detto Traverso”che non esiste più); così fu deciso il cambiamento.

    Anche il Novella nel suo manoscritto completato negli anni fino al 1930, scrive chiaro “Traverso (vico) da via Urbano Rela”.

    Ma nel 1933 era ancora tale con il cambiamento non ancora effettuato;  di 5.a categoria, con eguali civici.

    Si presume che il nostro vicolo faccia riferimento alla famiglia Traverso, proprietaria di case nel luogo; confermato da una proposta fatta dal regio Commissario A. De Benedetti alla Giunta comunale il 31 dic.1900 di dare alla zona titolazioni diverse:  il nome di via Urbano Rela al tratto in direzione nord; “via Prato” al tratto est-ovest; e “vico detto Traverso” al “vicolo case già Traverso” (che corrisponde appunto alla trasversale esistente ancor oggi,  diramazione di via U.Rela).

    All’archivio della Toponomastica, è chiamato ‘via Traversa’, quale diramazione chiusa da via U.Rela: il che ovviamente cambia tutte le interpretazioni precedenti.

    Più famosa e storica è la presenza del fabbro Macciò , uno dei pochi artigiani del metallo, rimasti in città.

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale

-Archivio Storico Comunale Toponomastica - scheda 4461

-DeLandolina GC- Sampierdarena -Rinascenza.1922 –pag. 56

-Novella P.-strade di Genova-Manoscritto b.Berio.1930-pag.19

-Pagano 1933-pag.248
TRENTASEIESIMO              via 36° Battaglione CC.NN.

 

 

    Questa titolazione di strada, andò a sostituire con delibera del Commissario prefettizio (conte Antonio Canevaro) del 20 aprile 1944 la precedente “via del Gran Consiglio”, subito dopo che questa istituzione fascista cadde nella storica seduta del 24-25 lug.1943.

KIl Commissario Prefettizio, con delibera n. 106c dell’aprile1944 apportò una ‘variazione alla Toponomastica Cittadina’ vito il seguente rapporto del Capo della Direzione civica di Antichità Belle Arti e Storia: «al Commisario Prefettizio, la Direzione scrivente sottopone alla Vostra approvazione il provvedimento che fa seguito teso a modificare, in conformità delle disposizioni vigenti, la denominazione di due strade e precisamente via del Gran Consiglio in San Pier d’Arena e della Passeggiata Principessa di Piemonte in Nervi, intitolando tali vie rispettivamente al 36° Battaglione Camicie Nere e alla Xa Flottiglia Mas»   ‘’...le deliberazioni sovraestese....furono pubblicate il 21 aprile 1944 e lasciate affisse nel tempo e modo consueto all’albo pretorio, senza che siano state presentate opposizioni’’.

   La Giunta comunale poi, cancellò la titolazione il 19 luglio 1945, dedicando la strada al partigiano Federico Avio.

 

DEDICATO A :

   Fa riferimento ad un battaglione delle Camicie Nere,  distintosi in modo particolare sul fronte greco albanese nel 1940. Dopo un anno di guerra, contavano 1528 morti e 3296 feriti (dati ufficiali pubblicati). In quella occasione, il battaglione, comandato da un console (prima l’ufficiale A.Galardo; poi -dal

febb.41- da Silato), viene descritto “36° battaglione d’assalto”; ed in altro episodio enfatizzato con “mai morti”, essendosi riempiti di gloria sui monti dell’Epiro.

    Fu pure inviato sul fronte dalmato-giuliano: una colonna, passata da Fiume, arrivò a Lubiana ed all’isola di Veglia, fino a Ragusa. 

   Nel 1939, la 32a Legione sampierdarenese generale Cantore (formata da 4 coorti, dislocate a SestriP, Bolzaneto e Savona) +  la 31a legione genovese s.Giorgio (di 4 coorti a Busalla e Chiavari) + vari reduci da Cefalonia furono uniti ed accorpati nel 36° battaglione CC.NN. chiamato C.Colombo.

   Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943  il battaglione scelse stare con l’alleato tedesco ed inviato in Germania, dove fece parte della futura ‘divisione Italia’ della RSI.

   Brizi&Cirnigliano, scrivono che “le brigate nere sono suddivise in 39 battaglioni, uno per ciascuna delle province dell’effimera ‘Repubblica di Salò’ o RSI = Repubblica Sociale Italiana”.

    Le CC.NN. erano un vero e proprio corpo militare, praticamente succeduto agli Arditi: nel tempo del  ventennio fascista, ebbero vero nome come ‘Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale’ (MVSN) ma, in breve e per il colore della camicia, CC.NN (questa era stata scelta daglòin Arditi della prima guerra mondiale; poi adottata dai legionari fiumani ed infine dagli aerenti ai Fasci di combattimento fondati nel 1919. In quell’anno, in Italia esistevano anche le Camicie Azzurre, paramilitari e nazionaliste: furono assorbite nel PNF nel marzo 1923).

   Furono politicizzate dal regime facendone un surrogato delle Camicie Brune (membri d’assalto del P. Nazionalsocialista tedesco; poi SS) ; diqueste ‘squadre d’azione’ (da cui il termine ‘squadrista’; il cui grido era ‘eia eia alalà’, e la qualifica tra loro era ‘camerata’ visto che in servizio dormivano in gruppi nella stessa stanza) ne dovettero far  parte  tutti i membri iscritti al partito (PNF) nonché i dipendenti delle associazioni giovanili  (che vi entravano col grado di semplice milite, corrisponde al soldato semplice o all’allievo carabiniere).

   Dopo l’8 sett.1943  nell’Italia del nord si costituirono vari  corpi delle CC.NN  facenti parte del partito fascista repubblicano, assoggettato all’invasore nazista; a Genova la sezione del PFR venne costituita il 19 settembre, e la targa della strada presumibilmente ebbe origine da questa data.

 Gli arruolamenti degli squadristi  (vecchi personaggi estremisti della prima ora, che per necessità di moderazione erano stati emarginati dal partito stesso), vennero ‘riesumati per la ricostruzione del Partito Fascista nella RSI’ e per ripulire il paese dalle bande, dai felloni e traditori. La loro condotta biasimata dagli appartenenti dell’ordine, veniva da loro definita inqualificabile perché privi di funzione giuridica ma nondimeno impuniti, spesso determinate da rancori personali o razzismo, con atteggiamento minaccioso e violento, con sistemi brutali fino alla tortura, sconfinamento nel sadismo e prevaricazione specie del clero, dei ricchi, degli industriali. Furono loro ad iniziare e creare la legalizzazione della precipitazione pressoché totale della morale nella vita pubblica nonché  discredito generale verso il fascismo.

La cellula base era la ‘squadra’; tre di esse formavano una compagnia. Tre compagnie un battaglione. tre battaglioni una brigata nera. Dal luglio 1944 iniziò ad operare a Genova la Brigata Nera Silvio Parodi, affidata a Livio Faloppa; erano 544 uomini a sett.; 1016 nell’apr.45.

Nella lotta ai ribelli, da fine marzo 44 vennero selezionati 3mila volontari scelti, per formare le ‘compagnie della morte’

   A Sampierdarena avevano più caserme dislocate, ma le più note sono quelle di via Carzino nella palazzina dell’Universale ed in via C.Dattilo (dove ha sede la Telecom) ed in corso dei Colli (L.Martinetti). Pare una fosse in via Vicenza, al civ.2 o 4, ivi succeduti ad una caserma di Carabinieri prima che essi si concentrassero in corso Martinetti.

   Fu un tetro periodo bellico, costituito da spedizioni punitive e ritorsioni con arresti, torture, vendette e fucilazioni; applicò il richiamo obbligato dei giovani anche ex militari sbandati; non si oppose, anzi collaborò alle deportazioni degli operai in Germania;in un periodo storico senza notizie precise se non quelle deformate dalla propaganda (radio e giornali) la sua fama favorì indirettamente la fuga sui monti di molti giovani e la formazione delle “bande partigiane” a cui poi dette la caccia, con eccidi anche di massa.

   Finirono la loro legalizzata  violenta esistenza,  praticamente con l’uccisione di Mussolini il 28 apr.1945.

   D’Oria dice che il nome era ‘milizia volontaria di sicurezza nazionale’.

 

BIBLIOGRAFIA

-Antonini S.-La Liguria di Salò-DeFerrari.2001-pag.72.

-Archivio Storico Comunale  Toponomastica -  scheda 4476

-AA.VV.-Contributo di SPd’A alla Resistenza-PCGG.1997-pag.36.54

-Brizi&Cirnigliaro-Percorsi ‘resistenti’in v.plocevera-Brigati.06-p.194

-Enciclopedia Sonzogno  

-Genova, rivista municipale :  2/41.51.78 + 3/41.71.78 + 4/41.1.44

-Internet-google-36° battaglione CC.NN.

-Stradario del comune di Genova – edizione 1953-pag.15


TREPONTI                            piazza Treponti

 

 

                                                                    

TARGA: San Pier d’Arena - piazza – Treponti

               Piazza Treponti

 

 lato ovest

 

lato nord,  angolo via D.Pirlone

 

QUARTIERE ANTICO: limite tra Coscia e Mercato

 da MVinzoni, 1757. i terreni, fino a mare, della mag.ca fam. Grimaldi col palazzo della Fortezza ed –a destra- la crosa Larga.

 

N° IMMATRICOLAZIONE:   2858   CATEGORIA:  2

CODICE INFORMATICO DELLA STRADA - n°:   62360

UNITÀ URBANISTICA: 26 - SAMPIERDARENA

 

          

da Pagano/1961                                              da Google Earth, 2007

CAP   :   16149

PARROCCHIA:   s.Maria della Cella

STRUTTURA:   piazza compresa tra via R.Pensa a sud  (senso unico in uscita verso via G.Buranello); via Palazzo della Fortezza a levante (senso unico in uscita verso via N.Daste); via N.Daste (in senso unico verso ponente) e via D.Pirlone a nord (in accesso e senso unico con uscita nella piazza Treponti).

   Piazza di 1968 mq , carrabile  ad anello , con marciapiedi larghi m.1,1, di competenza comunale, adibita a mercato ed anche ad uso parcheggio, con una fontanella in ghisa (ma non funzionante).

   È servita dall’acquedotto DeFerrari Galliera

CIVICI:  

2007= NERI   = da 2 a 4

           ROSSI =  da 9r a 73r     (compreso 65ABr; mancano 1r→7r, 33r)

                           e da 10r a 76r (   “            36ABr;     “          2r→8r, 36r)

STORIA:   la piazza faceva parte dei giardini della villa Grimaldi “la Fortezza”. La ferrovia, tagliando a metà la proprietà nel 1850 circa, ed in un periodo di scarsa disponibilità economica da parte dei proprietari  e di forte espansione edilizia da parte del nuovo ceto borghese arricchito, determinò la morte dell’appezzamento come orto e giardino, e favorì la  lottizzazione del terreno.

   foto 1921

si vede l’area dietro la villa, occupata da capannoni – forse la ditta di legnami Forni

Nel 1926, ancora era in programma nel piano regolatore di “liberare l’edificio de ‘la Fortezza’ dalle casupole che, in lungo volgere di tempo gli si erano abbarbicate ai fianchi ...sistemare la viabilità nella zona circostante alla sede del nuovo mercato, onde creare comodi accessi ad esso...e meglio sfruttare le aree che venivano a trovarsi lungo le strade, per rendere meno gravoso al Comune il costo del nuovo mercato”, e si pensò di adibire queste aree alla “costruzione di abitazioni, riservando al mercato il pianterreno...” oppure “formazione di un grande piazzale interno compreso tra il palazzo ex Sauli ed il viadotto ferroviario avente quattro accessi...da destinarsi alla costruzione di grandi tettoie per il mercato all’ingrosso della frutta e verdura”.  Non tutto fu realizzato come programma, venendo esso variato e poi sospeso al momento dell’inglobamento della città nella grande Genova .

   Il 23 febbraio 1934 fu deliberato: «vista l’allegata relazione dell’Ufficio Imposte Dirette – Catasto, (vedi allegato); \\ Su conforme parere della Civica Commissione di Toponomastica; \\  Ritenuto che nel caso ricorrono gli estremi di cui alla deliberazione podestarile 21 settembre 1933 n. 2190, approvata dalla R.Prefettura il 30 settembre 1933, col n.39247 – div.2/1; \\ DELIBERA : \\ di nominare come segue i sottoindicati nuovi tronchi di strade aperti al pubblico nel territorio della Grande Genova: \\ (omissis)\\ SAN PIER D’ARENA  \\ Nuova piazza tra la via Cantore e via Vittorio Emanuele:  \\  «Piazza TREPONTI»  \\ (segue omissis)». (ricordando che via Cantore era l’attuale inizio di via N.Daste, verso ponente a partire dall’attuale via Palazzo della Fortezza).

Note su questa delibera: A) per tutte le strade del centro o altre delegazioni la titolazione è accompagnata da un aggettivo significativo (“letterato”, “giurista”, “diplomatico”, “patriota”, “navigatore”); solo a strade di località, non fa seguito alcuna spiegazione (Genova-Centro: via Monte Nero; via Digione; Pegli: via Velletri). B) quando SAN PIER D’ARENA è scritta separata, il nome TREPONTI è scritto tutto unito. Ambedue le osservazioni portano ad indicare che fu dedicata ad una località: quindi come verrà spiegato sotto, in ultima ipotesi della dedica. L’unica cosa che contrasta è che sulla targa, le parole non è chiaro se siano staccate: TRE PONTI.

   Sino alla dedica del piccolo tratto al partigiano R.Pensa effettuato nel dopoguerra (delibera della Giunta del 29 settembre 1946), anche quello era di competenza della piazza con i civv. 1 e 2.

Nel 1940 sul Pagano va “da via II Fascio d’Italia a v. Mercato”; ha civv. neri di privati; senza civico Nuovo Mercato Pubblico; e rossi: 1r macelleria; 2r commest.; 3r calzol.; 5r pesciv.; 7r commestib.; 8r tessuti; 13r polliv., 14r sala di toeletta; 15r macelleria; 16r bottigli. 18 macell.; 19r bar; 20r latteria; 23r macelleria; 41r off.mecc.; 46 legnami di Forni Figli di Enrico

   Nel 1961 compare nella guida con il nome tutto unito di Treponti; vi è già segnalato il “nuovo mercato pubblico” senza precisarne il civico, facente parte dei mercati rionali coperti di vendita al minuto.

Non ho schemi spiegativi: deduco che fosse composto di due padiglioni separati affiancati.

   Nel 1971 si denominò nuovo il tratto dedicato a D. Pirlone e sottratto alla piazza, compreso il suo nuovo civ. 1.     Nello stesso anno si assegnò il civ. 4 a nuova costruzione; ed uguale il civ. 2 nel 1982 .

La piazza è interamente occupata dal  mercato

Una prima struttura risale al 1938, con tetto tipico di altri mercati, aperta ai lati e con banchi coperti e altri fuori, allo scoperto.

 Nel 1970 la struttura fu rimaneggiata, coprendo tutta l’area con tettoia unica in cemento, lasciandola sempre aperta ai lati.

 

 

       __              

 

  foto 1981

 

Solo nel dic.1980 fu inaugurato alla presenza del Sindaco F.Cerofolini l’attuale complesso  (la ristrutturazione previde la chiusura perimetrale totale in cemento armato; aggiunta di lucernai sopra il tetto (ma essendo essi in plastica, in realtà crearono un indesiderato effetto serra, bollente d’estate); tettoia di unione tra i due padiglioni, riordino del posto dei banchi, rifacimento della linea fognaria bianca e nera ed impianto elettrico), occupante mille mq nel centro della piazza, aperto tutti i giorni feriali  con spesa congiunta del Comune e degli esercenti (gli abitanti attorno alla piazza temevano problemi di viabilità); qui ogni giorno al coperto si vendono nei 49 posti assegnati  prodotti ortofrutticoli freschi (27 banchi), e vi hanno sede altre attività commerciali fisse (macellai, polli, pesci, commestibili-salumeria, trippe, surgelati). Possiede solo civv. rossi.

 Nel febbraio/2005 si scrive che “la struttura cade a pezzi e c’è il rischio amianto” Il CdC ha promesso una pulizia ed il riordino dei servizi igienici e delle strisce pedonali.Il Comune invita gli operatori a consorziarsi. Mancano gli accessi ai portatori di handicap e ci piove dentro.

Nell’ottobre 2011 esistono 50 posti, dei quali 17 vuoti; i progetti, presentati dai vari assessori, non  sono ancora realizzati. Nella snervante, esasperante ed insicura attesa non solo delle ristrutturazioni (che vanno dal completo rifacimento con inserimento del mercato nei locali sotto (o sopra) il giardino della villa a fianco, a rifacimento dei soli marciapiedi) ma anche di un miglioramento ambientale (lamentando il degrado conseguente l’eccessiva frequenza di malviventi, bande di latinos, ubriachi e drogati). 

   Due volte la settimana la piazza tutta si riempie di bancarelle per la vendita dei più svariati articoli di merce varia .

===civ. 2 è nel retro del palazzo Grimaldi, poi Rebora, corrispondente al 4-6 di via Daste;  è stato adottato come entrata usuale nel palazzo, la targa dice da impiegati del ‘ESSETI Group’, lasciando chiusa ed inagibile l’entrata principale anteriore.

===27-29r Ancora nel 1950 Traverso B. noleggiava carrette a mano.

 

DEDICA.  Il Pagano, la chiama sempre Treponti tutto attaccato; ed anche nella antica targa apposta sul palazzo della Fortezza, appare tutto unito.

   Quindi:

---Se, (e scrivere se è pleonastico avendo accertato chiaramente che il nome è unito, come appare anche dalla targa stradale)  il nome è tutto unito, si riferisce ad una delle numerose località, specie del trentino, che sono omonime. Tra esse,  una acquista importanza perché vicino ad essa si distinsero in battaglia i Garibaldini durante la seconda guerra d’Indipendenza.

 Tremila Cacciatori delle Alpi, guidati da Garibaldi (col grado di Maggiore Generale dell’Armata Sarda), da Arona attraversarono il Ticino entrando in terra nemica per primi, ed arrivarono a Varese dove avvenne una prima battaglia (ove morì Enrico Cairoli, il primo dei 4 fratelli) contro le truppe austriache comandate da Urban, venute loro incontro da Como e dove ritornarono sconfitte.

Fu allora che l’esercito Piemontese (coadiuvato dai francesi arrivati il 10 maggio) varcò il Ticino e sconfisse il resto degli Austriaci a Magenta. Ma Garibaldi, da solo alla sinistra dello schieramento e sbilanciato in avanti, non contento, inseguì il nemico a Como e il 14 a Brescia, sconfiggendolo, lo costrinse a ritirarsi verso la Valtellina. Nell’inseguimento, il 15 giugno 1859 a Treponti (già sede di altri scontri nel 1848) avvenne un sanguinosissimo aggancio con la retroguardia in fuga. La battaglia ebbe a lungo esito incerto: gli austriaci erano in numero enorme rispetto gli inseguitori, e dovevano proteggere la ritirata del grosso, seppur aggrediti dai Cacciatori; l’esito vittorioso fu duplice, aggiungendosi che gli Austriaci dovettero ritirare più truppe del previsto oltre la Valtellina dove i Cacciatori fecero da ‘tappo’ sotto lo Stelvio.

Quasi alla fine, un largo fossato sormontato da un ponte divenne l’ostacolo insuperabile per i Cacciatori per conquistare la piazza; essi però ingegnosamente armarono dei barconi e discesero silenziosamente il fossato fino al ponte, dove sbarcarono e sbaragliarono le postazioni nemiche. Si distinsero i soldati dei cap. Cosenz e Turr; morirono con onore il cap. Bronzetti Narcisio (che alcuni giorni prima aveva attaccato mille nemici con cento uomini, vincendo e ricevendo elogi enfatici dallo stesso Garibaldi) ed il cap. Gradenigo.

---da staccato, come adottato da una azienda dimostrante con conoscere la storia del Risorgimento italiano (o quantomeno di fregarsene).

Però così appare invece chiaramente nella scheda della Toponomastica, a significato che anche in Comune...: non è sicuro ma molto probabilmente l’impiegato ha fatto riferimento  ad avvenimenti della prima guerra mondiale. Per esempio allora, la dedica potrebbe riferirsi ai famosi tre ponti, relativi ai tre fiumi sui quali si svolsero fatti determinanti della guerra, e divenuti simboli del passaggio glorioso dei fanti  nel ripiegamento verso il Piave:  il ponte di Bassano (caratteristicamente ligneo e coperto, detto ‘degli Alpini’, sul fiume Brenta; ricostruito varie volte su disegno originale del Palladio; passaggio verso le innumerevoli e travagliate battaglie, essendo posto nelle immediate retrovie del fronte); quello sull’Isonzo (dall’inizio guerra, lungo il fiume furono combattute ben 12 grandi e sanguinose battaglie, dette appunto “dell’Isonzo”; l’ultima, più conosciuta come ‘Caporetto’ tra il 24 ottobre ed il 9 novembre del 1917, vide gli austro-tedeschi arrivare sino a Cividale, costringendo i nostri alla ritirata dapprima sul Tagliamento e poi sul Piave), e di Vidor  sul Piave (fu teatro nel nov. 1917 di strenua difesa col fine di far passare le nostre truppe in ritirata: distrutto il vicino ponte di Fener, rimaneva l’unico aperto; gli alpini comandati a difenderlo, guidati dal 22enne cap. Nino Curti (per molti anni visse a  Genova essendo il padre  professore del liceo Doria; il suo nome è scolpito sulla cripta dell’Arco in piazza della Vittoria), furono ostinatamente vessati dalle sovrastanti artiglierie nemiche e pressati dall’armata tedesca spinta all’attacco; in disperati assalti all’arma bianca la postazione fu difesa fino allo stremo (la salma del capitano caduto nella battaglia, fu composta dai tedeschi in una tomba provvisoria su cui piantarono una croce di legno con la scritta “hier ruth ein tapferer italiener” (qui giace un valoroso italiano).  Alla fine di ottobre 1918, fu il punto iniziale della contro offensiva italiana dell’8a armata , che condusse alla conquista di Vittorio Veneto).

---Altra ipotesi suggerita sull’origine del nome:

==la presenza di tre arcate ferroviarie quali accesso alla zona, da via G.Buranello (da via Palazzo della Fortezza, da via R.Pensa e da via Albini: quest’ultima da prima della costruzione del palazzo che la separa dalla piazza).

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale Toponomastica - scheda n. 4480

-AAVV.-Annuario.guida archidiocesi—ed./94-pag.450—ed./02-pag.486

-AA.VV. SanPierd’Arena  nella sua ammin.fasc.-Reale.1926-p.43.54cart+prog     

-D’Oria S. - Sampierdarena   San Teodoro-DeFerrari.2001-pag.47

-Gazzettino Sampierdarenese,  2/80.9  +  10/80.16  +  1/81.9  +  5/86.5 

-Genova, rivista municipale,  n. 11/33 (XII) pag.946

-Pagano ed/1950–pag.509; ed/61-pag.415.446.929

-Pastorino.Vigliero-Dizionario delle strade di Ge.-Tolozzi.1985-pag.1786

-Poleggi E. &C-Atlante di Genova-Marsilio 1995-tav.51

-Stradario del Comune di genova edizione 1953 –pag.177

 

non citato  ES + EM + EZanichelli+ Pagano/33 +


TRIARI                              via  dei Triari

 

 

   Corrisponde all’attuale via Bruno Ghiglione.

   Fu così denominata, con delibera del podestà di Genova del 19 agosto1935, nella revisione generale dei nomi delle strade delle delegazioni, onde evitare doppi nomi con le omologhe del centro, dopo l’annessione a Genova (decreto del 14 gennaio 1926).Nel Pagano/40 la strada è citata: da p.za Modena a via della Cella. Numeri neri  1-2 ed al  2 Raffetto A.  farmac; e privati professionisti. Rossi: 1r parrucch.; 2r  farmacia Bisio già Raffetto; 8r copmmestib.; 9r salum.; 10r mercer.; 12r pesciv Argeri arlo; 14r divise fasciste di Ogliari Ubaldo; 13r cereali olii oliva; 17r macelleria; 19r sartoria f.lli Conte; 20r  latteria; 22r bar; 23r salumeria; 27r drogheria; 29r mercerie; 31r pollivend.; 33r pesciv.

    Fu reintitolata a vantaggio del partigiano Ghiglione, dopo la guerra del 1940-45, con delibera della Giunta comunale, il 26 aprile 1946 .

   Ma il Pagano 1950 ancora la cita, quale sede del mercato di vendita all’ingrosso locale (assieme a quello chiamato ‘Fortezza’ in piazza Treponti)-.

DEDICATA  Anticamente erano soldati legionari romani, scelti tra i più anziani perché costituivano l’estrema risorsa sia d’attacco che di difesa: la roccia su cui la legione intera basava la propria stabilità.  Posti in terza schiera e muniti di grande armatura (scudo, corazza, elmo; armati di due lance, una da urto ed una da lancio), erano usati a colonne serrate per la carica, o per  la resistenza.

Nel ventennio fascista, costituiti i Fasci di Combattimento, nacquero  le Squadre d’azione (da cui ‘squadristi’). Furono dapprima inquadrate militarmente con divisione –- tra ‘principi’ (ovvero come nelle legioni quelli di prima linea, gli squadristi per eccellenza) ed i ‘triari’ (ovvero quelli di terza linea). Quando l’organizzazione separò la componente militare da quella civile, tutti passarono ad essere o balilla (fino a 12 anni), avanguardista (fino a 18), fascista (oltre i 19); la MVSC (MiliziaVolontaria per la SicurezzaNazionale) fu divisa -in forma ternaria- in legioni(=3coorti); coorti(=3centurie); centurie(=3 manipoli); manipoli(=3squadre); squadre(=15 fascisti).

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale -  Toponomastica, scheda 4483

-Enciclopedia Motta

-Encilopedia Sonzogno 

-Pagano ed/40-pag.425; /1950: pag.382 ; ed/1961-pag.446

-Stradario del Comune di Genova ed.1953-pag.177


TUBINO                                  piazza Tubino

 

 

   Oggi la piazza, completamente rimaneggiata, ha perso nome e dimensioni, ed è  stata inglobata in piazza Vittorio Veneto.

   Dei quattro lati che la delimitavano, rimangono solo quello a sud, dietro agli  alberi ancor oggi esistenti (con il palazzo che ospita l’albergo ‘Primavera’) e la breve parte della facciata a ponente del palazzo che ospita il negozio ‘l’ombrello per tutti’ .

   Era posta nell’immediato  ponente di piazza Vittorio Veneto, e da essa separata solo dal ‘mastodontico’ palazzo detto “dell’orologio” (così chiamato perché in alto -sulla facciata rivolta a levante- aveva un orologio ad uso arrivi e partenze del treno, degli Omnibus che facevano transito e capolinea nella piazza sottostante, di tutti i cittadini in epoca in cui pochi potevano concedersi una ‘cipolla’ da portare al panciotto, legata con la catenella;  a sua volta posto allineato a nord, con il palazzo tutt’ora esistente popolarmente conosciuto col nome del negozio suddetto  dell’ “ombrello per tutti”); dove ora sono i giardinetti.

 

 

da piazza V.Veneto, dietro il palazzo dell’orologio

 

  

 

 

Di interesse storico la presenza del Politeama Sampierdarenese, che era posto nell’angolo e nella stessa posizione ove ora sono gli uffici della Carige: in una palazzina ora abbattuta, e sostituita dal palazzo attuale con portici, primo a mare di via Avio.

Terzo importante teatro cittadino, inaugurato il 18 giu.1887 su disegni dell’arch.Ratto e con la rappresentazione della “Lucia di Lamermoor” di Donizetti.

Con 750 posti per spettatori e con una attività predisposta alla lirica, settore in cui superò in rappresentazioni lo stesso teatro Modena, esteticamente non era bello come quello per cui fu anche definito in tono spregiativo -ed ovviamente contestato- “una squallida baracca”. Il pubblico che frequentava i due teatri, era espressione dei due strati sociali di allora: il popolino appoggiato alla forza politica di sinistra, era principale frequentatore del Politeama (e per loro fu organizzata una rappresentazione dell’opera in prosa di Pietro Chiesa, intitolata “la vispa Teresa“ nell’ ago.1902); ed i neo ricchi ed alta borghesia, del Modena; anche se ambedue i teatri, per sopravvivere dovevano far ricorso a sovvenzioni da parte del Comune di San Pier d’Arena.

    Il 1 maggio 1891, per la prima volta venne celebrata la festa dei lavoratori (l’anno prima,Crispi l’aveva proibita emanando un severo divieto): si riunirono nel teatro gli operai e le operaie, dando vita ad un animato incontro e confronto di idee, presente anche Chiesa; alla fine prevalse l’invito dei più ‘ribelli’, di recarsi in corteo in via Mercato, a liberare i compagni incarcerati nel palazzo Boccardo (oggi non più presente ma localizzabile quale ultimo di via A.Cantore,angolo via GB Monti) per fatti politici avvenuti a Teglia: in un attimo il teatro si vuotò. In realtà i prigionieri erano già stati trasferiti a Genova: il corteo allora marciò verso Genova ma fu bloccato a san Benigno e disperso da una compagnia di fanti, accorsi in largo Lanterna.

    Agli inizi del 1900 le opere più importanti ed applaudite si tenevano al ‘Sampierdarenese’ (il Modena rimaneva privilegiato nella scelta, dai grandi nomi specie della prosa).

   DeLandolina scrive che a questo punto il teatro era però “una. squallida baracca che di teatro s’avea solo il nome”

     Fu nel 1913, per iniziativa dei proprietari Riccardo Bo (parente del Bo del ‘cavagnino’di cui sopra?) ed i fratelli Aristide ed Alfredo Zucconi, che venne completamente ristrutturato con più attenzione al gusto estetico: tra tanti, vari medaglioni con raffigurati artisti più noti, quattro palme dorate che tutt’intorno solcavano il soffitto,  ed allegorie, tutto dipinto dal pittore Nicola Mascialino (DeLandolina lo chiama Mosciallino e lo fa morire ‘poco appresso’;il pittore, nato il 26 dic.1854 ad Alberobello, frequentò l’Accademia di B.Arti napoletana  ed approdò a Genova nel 1907 ove iniziò decorando palazzi di via XX Settembre, palazzo della Borsa, Politeama Genovese e collaborando con il Coppedé. Aprì uno studio in  SPd’Arena dove decorò dapprima il cinema Dante nel 1912, e l’anno dopo il rifatto nostro Politeama. Morì in terra natale nel 1945); spiccava  scritto con caratteri d’oro in cartiglio posto sopra il palcoscenico  il motto  “rinnovato per rinnovare”).  La prima opera rappresentata il  4 dic. (altri dice il 9)  fu “il Conte di Lussemburgo” dalla Compagnia di operette di Carmen Mariani, a cui seguirono con successo strepitoso il cabarettista Romolo Bonino creatore di una brillante ”macchietta genovese” ed il tenore Rubini, “iperbolicamente chiamato il  Caruso della varietà”.

    Il Gazzettino scrive che nel periodo bellico (più probabile pre-bellico) ‘15-18, fu usato come magazzino.

    Nel dopoguerra ‘40-45 quando i grandi teatri genovesi risultarono pressoché tutti ridotti in macerie, gli spettacoli si mantennero nei pochi rimasti nelle delegazioni; rinnovato dall’imprenditore Renato Velati - personaggio ricordato nell’ambiente perché oltre che datore di lavoro, era un amico per queste compagnie che non brillavano certamente di opulenza e viaggiavano molto spesso al limite economico della sopravvivenza quotidiana; vi ospitò le rappresentazioni dei grandi comici come Macario, Dapporto(quest’ultimo visse i suoi esordi d’artista proprio in questo teatro, ancora oscuro comico alla ricerca di una identità di barzellettiere che ebbe solo dopo: viene ricordato una specie di addio dato al Velati di fronte al pubblico, quando fu scritturato dalla Osiris,durante il quale rammentò i cappuccini offertigli al bar Dogali e con i quali completava, piatto unico, certe cene),  A.Fabrizi, Tognazzi, Elena Giusti ed Anna Fougez, e- per una indimenticabile serata nel 1948, anche il tenore Tito Schipa che cantò gratis a vantaggio del 50° della Croce d’Oro. 

 Però  ben  presto  fu trasformato  in  cinematografo, abbandonando pressoché totalmente le attività teatrali (per questo forse,lo stesso rievocatore del Gazzettino riscrive ironicamente il motto: ‘rifatto per rimanere chiuso’): praticamente perdette il titolo di ‘politeama’ e  rimase il ‘cinema Sampierdarenese’.

    Nell’annuario Pagano del 1961, risulta ancora in attività come cinematografo, sotto la gestione di Ida Giacobbe (uno dei 7 allora esistenti in delegazione, assieme a: Astoria, Excelsior, Massimo, Modena, Odeon, e Splendor; occorre comprendere i parrocchiali Cella e Don Bosco) .

   In conclusione, nel 1960 il palazzotto del teatro fu demolito, e sostituito da un moderno edificio per uffici ed abitazioni, costruito il vetro-cemento dall’impresa Enzo Fossati.

 

   Nel dic.1900, il regio Commissario straordinario propose alla Giunta comunale il nome  di ”piazza Tubino” alla “piazza e vicoli Tubino, posti a ponente della via N.Barabino (via S.Canzio)“. Nel genn.1901 un’impresa sampierdarenese (Calvi, Rebora, Barabino) appose la targa in marmo ufficiale, e ad un censimento delle case  esistenti al fine di stabilire una numerazione, vi risultavano: al civ. 1 casa di Agostino Bonnati e C; civ.4 casa Bò e Compagnia; civ.5 casa Castelli e Compagnia; civ. 6 casa Bianchi Stefano e C..

   Il Pagano 1902 descrive: civ. 1 civ. 1 il negozio di frutta secca ed agrumi di Bruzzone Davide (attivo dal1911 al 25);---al 6 identico di Pittaluga Luigi (vedi poi nel 1911);---e Pittaluga Andrea (1911-12) di Giacomo fa il mediatore in frutta secca;--- cNP l’unica impresa Pompe funebri cittadina, di Rossi Francesco (1911-12)(1919-25  passate a Rossi Bartolomeo), tel. 602---Lagorio Francesco ha una vaccheria (genovese);---

   Nel Pagano 1908 ha sede nella piazza la vaccheria di Lagorio Francesco (1911-12) (Genovese).

   Compare inserita ufficialmente nell’elenco delle strade comunali pubblicato nel 1910, “da via Mamiani a via Cavour, con civv. fino al 3 e 4”.

   Nel Pagano 1911-12 e 1919 1925 non ci sono variazioni ai precedenti

   Nel 1926 alla piazza fu cambiato nome, divenendo “piazza IV Novembre”.

   Molto frequentati erano i negozi alla base del palazzo dell’orologio e viciniori: vengono ricordati una trattoria-osteria, non con i tavolini fuori ma gli sgabelli-, la drogheria Pignattai con le sue vetrine, l’albergo Stella ed infine le stalle dei “Din”. Dietro a mare, si aprivano i depositi di GB Carpaneto; ed a ponente, l’OEG (Officine Elettriche Genovesi)

Contrastante con quello scritto altrove, su documento ufficiale si legge che è da questa data che si previde istituirvi il nuovo mercato con bancarelle, spostato in quella sede da piazza XX Settembre (del Monastero) ove col frastuono dava fastidio agli studenti ginnasiali; Fravega ricorda che la parte a nord vicino alla ferrovia fu assegnata ai fruttivendoli ed ai loro banchi posti su cavalletti (tipici ortolani erano divenuti il Caroti, la ‘veggetta’, il Beppe, il Pasquale; C.Banfo ricorda invece ‘a Grixia’ (sic) e ‘Rossiggiunn-e’e ‘Din’ il venditore di rane-oggi scomparse dalle campagne vicine-, che da vive le decapitava all’ordinazione per rendere commestibili e suscitando la morbosa attenzione vedendole muovere anche da morte ), e quella a sud vicino all’albergo Primavera, per l’abbigliamento (primeggiavano mutandoni di lana, fazzoletti, giarrettiere, camicie di flanella, canottiere con tre bottoni)  e generi casalinghi vari, in genere poggiati sui cassoni con ruotine necessari per il trasporto e conservazione della merce che a fine mercato veniva depositata in un capanno di piazza Galoppini (figure caratteristiche erano ‘a Russa, a Benedetta, u Giuseppin ed u Munsu’); il tutto coperto alle intemperie da tante tende a V, che dall’alto davano all’insieme un aspetto caratteristico.   Si trova scritto sul Gazzettino (oltre che la piazza vantava le origini del mercato all’ingrosso nel borgo: e questo non è corretto) che qui giunti,  i contadini -affluiti con i carri a trazione animale e le merci alle ore antelucane e dalle zone vicine quali Promontorio, Coronata, Voltri, finanche Arenzano e tutta la valpolcevera; il mercato all’ingrosso apriva i cancelli alle cinque del mattino- erano obbligati a pagare una tassa di occupazione suolo al proprietario del terreno Giovanni Bo (detto ‘Giuanin d’a cavagninn-a’ perché era uso passare dai singoli munito di una sporta  appesa al braccio entro cui  riponeva la tassa riscossa) Alle nove, la piazza era tutta una animazione, sia per i numerosi acquirenti, sia per le sovrastanti grida dei venditori che richiamavano l’attenzione vantando la propria merce . Anche le strade vicino, come via Imbriani, avevano banchetti (viene ricordato il solito banchetto di giocattoli (allora ci si accontentava di poco: erano cavallini di legno, tamburelli, automobiline a molla).  Alle tredici, arrivavano i netturbini e caricavano la spazzatura sui carretti a mano con due ante a basculla, lasciando la piazza pulita, per i giochi dei ragazzi. (il pan-pan, il pallone, il giro ciclistico con le agrette, la cavallina.

   Nel Pagano 1908 si aprono nella piazza due negozi di frutta secca, verdura ed agrumi, al civ.1 di Bruzzone Davide; ed al civ.6 di Pittaluga Luigi (nel 1912 appare in via Vittorio Emanuele nel viadotto ferroviario), che appare assieme a Pittaluga Andrea di Giacomo  mediatore in frutta secca;

   Alla sera, senza TV, la gente trovava ristoro all’albergo Primavera, al bar Italia (che alla distruzione della piazza si ritroverà in piazza vittorio Veneto), al caffè Dogali (altro punto di ritrovo nella piazza era questo bar; era costume uscire la sera d’estate per andare nella piazza a prendere il gelato o ad ‘incontrarsi’ sedendosi all’aperto o –poiché esisteva la voglia di divertirsi- a preparare burle a scapito di qualcuno. Nel 1950 lo ritroviamo in via del Mercato 73-75; poi in via A.Cantore al civ.__dove fu continuato in gestione dalle figlie; e dal 2001 in via N.Daste ) e sciamava -specie d’estate- in cerca di aggregazione con la scusa del gelato, della granita dello spettacolo al Politeama.

   Per l’apertura negli anni ‘30 di via F.Avio e la sistemazione di via Cavour (viaS.Dondero), il Comune previde la ristrutturazione della piazza presentando un progetto distruttivo, che verrà applicato nel 1934..

    Nel Pagano 1933 permane l’impresa pompe funebri di Rossi Bartolomeo (non più unica ma in concorrenza con  i Robba di via s.Antonio). 

 

in verde gli edifici abbattuti; a dx p.zza VVeneto       ingresso del Politeama – a destra l’attuale via Avio

    Nell’anno 1934 in pieno regime fascista, furono abbattuti ben quattro grossi caseggiati tra cui il palazzo dell’orologio e gli altri due posti  a ponente di esso ed uno affiancato alla ferrovia (a via Cavour). Sono  rimasti solo i palazzi che delimitavano la parte a mare della piazza stessa, rappresentati dalla costruzione ancor ora esistente, in cui aveva sede l’antica trattoria de “la Primavera”, inizialmente anche albergo. 

Un comitato presideuto dal cav. Minelli tentò inutilmentente di opporsi; con rapidità il piano fu applicato sfrattando i proprietari indennizzati con una somma di 6-7mila lire (che riceveranno solo ben nove anni dopo, ovvero nel 1943, ovviamente senza interessi).

In una carta col progetto di una metropolitana da costruire, redatto nel 1934, è ancora presente il nome di ‘piazza Tubino’.

 

DEDICATA alla famiglia Tubino; un cognome molto vago e con una poliedrica possibilità di personaggi, nessuno ben definito nella nomina alla piazza.

    Tra tutti, il più qualificato tra la borghesia industriale e mercantile cittadina (strato sociale che aveva sostituito al potere economico l’aristocrazia), figurerebbe l’avvocato Tubino GB  fu Salvatore, divenuto anche consigliere comunale di San Pier d’Arena, e poi due volte sindaco del nostro borgo (sicuramente nei bienni 1850-52 e 1852-54; (-ai quali successe un intervallo di reggenza dell’avv.Bonanni - nel periodo 1854-56) e dal febbraio 1857 non si sa per quanti anni a seguire.

 Durante la sua prima amministrazione fu approvato il “Regolamento piano d’ornato e di abbellimento” uno dei primi Piano regolatore mirati a “far sorgere un nuovo centro urbano più moderno e funzionale anche nell’aspetto igienico e sanitario”. Le norme prevedevano strade più larghe; migliore aerazione; servizi igienici adeguati (lavatoi ed urinatoi); eliminazione di casotti in legno sul suolo pubblico (evidente sintomo del ‘fai da te’, libero di sfruttare spazi necessari per la crescita della popolazione ma poco rispettosi dell’ordine. A tal proposito, l’avv.Giovanni Gallarini nel 1850 (della Divisione amministrativa di Genova-Consiglio d’Intendenza), aveva scritto: «il comune di Sampierdarena conta meglio di Novemila abitanti agglomerati su una superficie territoriale di soli chilometri quadri DuemilaSettecento novantotto, su cui la spiaggia, una strada ferrata coll’appendice della stazione ed una strada reale si arrogano non ispregevole porzione; sicché la densità di quella popolazione è veramente eccezionale e più di città che altro;...il difetto di spazio nel concentrico vi si appalesa ad evidenza, angustissime scorrendo le sue vie interne, sulle quali le case si addossano appena intersecate a lunghi intervalli da qualche viottolo, che simula piuttosto le dimensioni di una intercapedine».  Fu aperta una galleria sotto san Benigno; dalle parole scritte :”…più che strada galleria sotterranea, ferrata anch’essa a mestier di cavalli, proposta nel 1851…”, si desume trattarsi di quella aperta per gli Omnibus.

   A fine mandato (fu sostituito dal marzo 1854 dall’avv.cav.Bonanni Gerolamo) fu approntato dall’arch.ing. Angelo Scaniglia un più pratico progetto urbanistico “Piano di ornato e di abbellimento del paese” mirato al riassetto stradale e che sarà attuato trent’anni dopo con l’ampliamento della Crosa dei Buoi e della strada NS della Vista (via G.Cassini), nonché dell’apertura della strada poi dedicata ad A.Doria (via G.Giovanetti)

  Fu quindi lui, quello che nel 1859 comperò la villa in piazza Montano dai Centurione (ma forse un altro quello che fu costretto a rivenderla ai Carpaneto nel 1875); che fu sottoscrittore per la realizzazione del teatro Modena nel 1857; che  venne nominato cavaliere di s.Gregorio Magno; che oltre a solerte amministratore fu anche ‘gentile poeta della Valbrevenna’ ove villeggiava; e che infine fu munifico benefattore (per secondo, donò un centinaio di libri alla biblioteca cittadina affinché nascesse –quando la popolazione da 9mila anime del 1847 era passata a 14.008 nel 1861-;  formulò un voto religioso di aprire un ospizio per vecchi inabili al lavoro (per sciogliere il voto l’ospizio fu poi aperto dalla sua vedova Caterina Scaniglia-Tubino nel 1900. Nel 1924 esso fu trasferito nella attuale villa di Promontorio)).

 

 Forse –ascendente o semplicemente omonimo della prima decade del 1800- un Tubino fece parte del consiglio comunale del borgo, e fu tra gli  incaricati di studiare i festeggiamenti per il prossimo arrivo a Genova  -passando per San Pier d’Arena-   di  Napoleone;

    Oppure Tubino Onorato, ricordato quale artista di teatro ed organizzatore –a nome della ‘Società dei Dilettanti’-   di rappresentazioni teatrali nel periodo carnevalesco a favore dell’ospedale, in crosa Larga nel 1803 (da poco finito l’assedio , sempre sotto occupazione francese, la vita era appiattita e squallida, economicamente miserevole e non in ripresa: commercio stagnante, leggi vessatorie, chiese chiuse, ed ancora tanta fame):

   Oppure scrive DeLandolina nel 1922 che nell’800 la famiglia ebbe un poeta insigne

   Non so se discendenti, comunque omonimi meritevoli di ricordo furono Tubino GB grande ginnasta sampierdarenese, oro olimpico ad Anversa nel 1920 , vincitore di innumerevoli gare come atleta e come istruttore; e Tubino Stefano, partigiano, onorato a Pegli con una strada.

 

BIBLIOGRAFIA

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-DeLandolina CG.-Sampierdarena-Rinascenza.1922- pag. 21.56

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-Gazzettino S.  :  7/80.7  +    4/84.11  +  8/85.10  +  5/86.11  +  1/89.8  +  8/89.10  +  2/90.7  +  7/90.6  +  3/91.7  +  5/91.3  +    10/96.19                                                                                                               

-Il Secolo XIX (R.Fravega) del  22/11.00  +  30/01/01

-Metropolitanacarta        +  

-Piersantelli G-Storia delle biblioteche civiche genov-Olschki.1964-pag42

-Pagano/1908–pag.878----/1961-pag.588

-Pastorino.Vigliero-Diz. delle strade di Ge.-Tolozzi.1985-pag.1188.1791

-Ragazzi F.-Teatri storici in Lig.-Sagep.1991-23nota 11.80.92.97nota 41.209  

-Schmuckher A.-Teatro e spettacolo a Genova..-Mondani.1976-pag.64.114

-Tuvo T-Samp. come eravamo-Mondani.1983-p.25.32.37.52.60.84.87.88  

 

-non c’è in 4 + 61a +


TUNNEL                                largo del Tunnel

 

 

nome popolarmente usato negli anni d’inizio 1900, per indicare quello che poi fu ufficialmente chiamato “largo Lanterna” (-vedi- e che oggi non esiste più come slargo,  essendo stato ristretto a strada di passaggio,  integrata nel nome totale di via De Marini).

Secondo l’uso popolare di denominare una località in rapporto al fattore più conosciuto, il tunnel era la galleria del tram che bucando la collina di san Benigno, metteva Genova in diretto contatto con la nostra via Vittorio Emanuele II .

 

il tram procedeva sulle eculissi di sinistra, come i treni. Il militare del dazio si affretta al controllo

 

BIBLIOGRAFIA

-Archivio Storico Comunale